Cultura e Società

Lei (Her)

18/03/14

Dati sul film: Regia di Spike Jonze, Stati Uniti 2013, 126’

Trailer : 

Genere: fantascienza?

 

  • Trama: Potrà la tecnologia più raffinata supplire e sostituirsi alla solitudine sentimentale per gli esseri umani? E’ ciò che tenta di vivere Theodore (e altri abitanti di questo prossimo, ovattato futuro imprecisato), il protagonista di Her, originale film che del filone della classica fantascienza non ha nulla, e meritatamente vincitore dell’Oscar per la migliore sceneggiatura, se non altro per il tentativo, delicato e originale, di scardinare il genere declinandolo nell’intimità di una vicenda umana, vicina così a ogni spettatore. In una Los Angeles dalle tinte più metaforiche che reali, che sembra ormai popolata solo da volti giovani e immacolati in una sorta di eterna bellezza, il timido e solitario Theodore lavora presso una compagnia informatica dove scrive lettere, in genere d’amore, per conto di altri: già lì, in questa continua identificazione con i sentimenti altrui, vie una sorta di vita vicaria, dove non si espone direttamente ai conflitti e al dolore che la relazione comporta, concedendosi però si sentirne tutta l’emozione, di cui ha fortemente bisogno. Instaura così una relazione con un raffinato sistema operativo – un cosiddetto S.O. – racchiuso in un minuscolo computer che ha sempre con sé, incarnato da una voce di donna, Samantha, con la quale non solo dialoga, ma letteralmente vive una relazione amichevole e affettiva che assume sempre più i caratteri di una relazione reale: attesa, turbamento, desiderio, gelosia, delusione…via via la connotano. Non sorprende neanche il polemizzato premio al festival di Roma a Scarlett Johansson, protagonista della voce di Samantha, poiché qui è la voce, anzi le voci, il vero protagonista: il mondo di Theodore è popolato soprattutto di voci, che lo seguono in ogni attimo della giornata, protesi di una tecnologia sempre più umanizzata e vicina ai bisogni umani…ma sarà sufficiente? Sarà la soluzione? E’ la domanda, o una delle domande, che si pone il film; operazione forse non perfetta (relativamente banale, a mio avviso, il finale) ma che cerca con stile di far riflettere su un tema molto attuale, visivamente ben confezionato, giocando tra i ricordi e la vita quotidiana reale di Theodore, con la parallela vita degli O.S., queste migliaia di “voci” che popolano il mondo interno e forse esterno dell’uomo, di un prossimo futuro.

 

  • Andare o no a vedere il film?: ‘Lei’  contribuisce con intelligenza, e senza eccessi, ad approfondire la nostra riflessione su quanto detto prima: è un sogno, un’utopia non realizzabile e alla fine frustrante, il miraggio umano di sostituire alla relazione reale, quando manca, il vantaggio di una relazione che sarebbe riduttivo definire virtuale (ma per la quale non esiste, forse, ancora un termine appropriato) che ha tutti i caratteri del rapporto reale tranne la corporeità, affidata così alla fantasia e all’immaginazione? Le relazioni reali ‘sono difficili’, dice Theodore, divorziato come la sua unica, migliore amica, che sembrano nel film non tollerare il minimo dettaglio fuori posto (le scarpe mal messe), come se una fragilità narcisistica sempre crescente, in persone su altri aspetti evolute e riflessive, impedisse di sopportare ogni umana manchevolezza, ogni inciampo. Ma anche la relazione cosiddetta virtuale – e mi pare questo il cuore tematico del film – sembra destinata al fallimento in quanto finisce col ripetere tutte le caratteristiche del sentimento reale. Ecco allora che Theodore è sconvolto dall’abbandono quando l’O.S. non si accende, diventa geloso quando apprende che parla con altre ‘voci’, alterna desiderio a stanchezza ma, quello che è più curioso, anche l’O.S. sembra umanizzarsi sempre più, inciampando appunto in errori (propone l’ingresso di un ‘terzo’), mutando d’umore e rispondendo alle aspettative dell’altro con sfumature con le quali è facile, appunto perche umane, identificarci. Non sembra dunque esservi scappatoia, soluzione che non sia parziale e momentanea, illusoria, alla fatica dell’amore, al peso della responsabilità e della durata, al dolore dell’imperfezione dell’Altro, oggetto sempre deludente, sfuggevole, che non appagherà mai in pieno il nostro bisogno primario?

 

  • La versione dello psicoanalista:  Va da sé che è profondissimo, per noi (e non solo!) l’interesse di questo di questo film, su una tematica che la psicoanalisi mondiale ormai cerca di approcciare senza pregiudizi né tentazioni nostalgiche, come attestano i primi tentativi che, soprattutto in grandi Paesi come gli Stati Uniti o laddove non vi siano le condizioni d’incontro, le analisi cominciano ad avvenire via Skype, le nostre riunioni sono spesso telematiche, e via dicendo.

Non credo, personalmente, si realizzerà mai il futuribile scenario del film: la tecnologia evolverà offrendoci ‘prodotti’ sempre più consoni ai nostri bisogni, ma la psicoanalisi ci insegna che non è possibile prescindere dal corpo, che l’Io, come scrive Freud, è soprattutto un Io corporeo, che nasciamo dipendendo in tutto da un oggetto reale, che ci dà soddisfacimento e frustrazione insieme, e che da questa ambivalenza strutturale non si può prescindere, non vi è fuga possibile. Se la cronaca ci riporta alla furia regressiva della rimonta di bisogni che urgono per essere soddisfatti con i sempre più frequenti omicidi nella coppia, in parallelo la tecnologia insegue – e trovo, legittimamente – il sogno ugualmente umano di liberarci, di offrirci soluzioni che non siano semplicistici robot o protesi, ma mimesi sempre più vicine all’umano, di oggetti sostituitivi, presenti e assenti insieme in un’ambiguità affascinante, inquietante, ma che non sembra, dal mesto esito della storia di Theodore, davvero risolutiva. Non c’è scampo, insomma, alla pena e alla gioia, al male e al bene dell’altro da sé, se non il restare soli. Ma potremmo dedicare a questo film, e con questo chiudo, un’altra recensione, un’altra lettura: esso è sogno, esplorazione tra reale e immaginario, cosa è l’uno e cosa è l’altro?Dove viviamo in realtà, il nostro mondo interno non è forse sempre popolato di voci, di Samanthe che ci parlano, confondendo bionianamente veglia e sogno?

 “È probabile che, se a nostra volta sbarcassimo su Marte, quale l’abbiamo costruito non vi troveremmo altro che la Terra  stessa….”

                                                                           Roland Barthes, Marziani

 

Marzo 2014

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