Cultura e Società

Marigold Hotel

5/06/12

Giudizio: **** (4/5)

Regia di: John Madden, USA, 2012, 123 min.

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Genere: drammatico

Recensione: In sintesi: sette personaggi (di nuovo?) in età pensionabile o pensionata in cerca non tanto di un autore, ma di una soluzione all’impasse delle loro vite, una soluzione forse altrove, un “buen ritiro” che sia più dignitoso del vivere nella grigia e troppo cara vecchia Inghilterra; ognuno mosso da ragioni intime, a volte invece pratiche, accompagnate come spesso accade, da altre motivazioni più profondamente inconsapevoli; si ritrovano tutti in gruppo all’aeroporto e partono per il ribattezzato Best Exotic Marigold Hotel, nel magnifico e luminosissimo Jaipur; un Hotel che ha visto epoche e splendori ormai dimenticati gestito da un giovane ereditiero indiano idealista e sognatore come l’adolescenza, ma inconcludente fino a che…

All’arrivo i nostri non troveranno il paradiso ad attenderli, affatto, ma scopriranno più lentamente molto altro, alcuni felicemente, altri drammaticamente. In una cornice luminosa, chiassosa, deliziosa, a volte impossibile, intensa come quella indotta dai cambiamenti, qualsiasi essi siano; cambiamento che spinge all’adattamento ad ogni costo o a resistervi a oltranza ovviamente. 

Perche’ andare a vedere o meno il film : i protagonisti sono tra i piu’ bravi attori inglesi. Murie (Maggie Smith) amareggiata e disillusa dalla vita che dovendo sottoporsi a una ricostruzione del bacino, pensa con pessimismo misto a humor inglese di essere troppo anziana per aspettare la lunghissima lista di attesa dell’ospedale locale, dal momento che: “sta scherzando, così tanto tempo? Io non compro più neppure le banane verdi per sicurezza!”; Douglas (Bill Nighy) e Jean (Penelope Wilton), una coppia tristemente malassortita che implode in occasione di un’improvvisa crisi economica; la meravigliosa Judi Denthc (vi ricorderete la sua pluripremiata Regina Elisabetta) che interpreta Evelyn, da poco vedova, soffocata dai debiti del defunto misterioso marito; Tom Wilkinson che interpreta Graham, un giudice che inaspettatamente decide di andare in pensione, prima che sia troppo tardi, e riprendere la sua vita in mano. E poi gli altri. Il film è dolce-amaro, godibilissimo dall’inizio alla fine; insegna su di una parte della vita che tendiamo a sottovalutare o a tenercene lontani fin che possiamo, a torto e per via delle paure dell’oggi.

Non andate se vi aspettate uno scontato lieto fine, perché per arrivarci attraversiamo senza sconti ma con possibile leggerezza i dolori della vecchiaia, con dignitosamente e con energia.

La versione dello psicoanalista: il cambiamento e l’invecchiare: vero, quest’ultimo un tema inusualmente psicoanalitico; o meglio, le possibili declinazioni che potrà o ha preso la nostra esistenza a quel punto; le possibili e altre volte impossibili trasformazioni; le separazioni, il lutto dell’eta’ precedente, le complicazioni del lutto; i distacchi; e loro ricaduta sul futuro; e ancora la scoperta di un ponte dimenticato o costruibile ex-novo tra il passato e il presente; l’elaborazione nell’oggi (in apres coup?) di eventi irrisolti, quando non propriamente traumatici del nostro passato più o meno recente (si veda la toccante storia dell’amore tradito e tardivamente, troppo tardivamente ritrovato di Graham); non solo, l’incredibile lotta dell’essere umano nel ri-adattarsi ad ogni costo grazie (non sempre.., ben inteso) al prevalere dell’energia vitale su quella di morte. Sara’ sufficiente?

Giugno 2012

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