Cultura e Società

Nebraska

29/01/14

Dati sul film: regia di Alexander Payne, USA, 2013, 110 minuti

Trailer: 

Genere: drammatico

Trama.

Nebraska è l’ultima opera di Alexander Payne, di cui ricordo “A proposito di Schmidt”, a cui questa ultima produzione per alcuni aspetti mi ha riportato.

La storia presenta le vicende di un padre e di un figlio, che affrontano insieme un viaggio, nei grandi spazi dell’America, ma anche nella loro intimità. Il vecchio Woody (un indimenticabile Bruce Dern), cattivo padre e marito, alcolista, è determinato a raggiungere una cittadina del Montana per ricevere un’ipotetica grossa vincita, che è in realtà una proposta pubblicitaria. Dopo aver cercato inutilmente di dissuaderlo, il figlio minore (un altrettanto bravo Willy Forte) accetta di accompagnarlo in questo viaggio, per poter passare del tempo con lui in quella che lui intuisce essere l’ultima fase della vita del padre, anziano e in cattiva salute. Nel viaggio faranno tappa nel paese natale del padre, la cui storia si disvelerà nei ricordi delle persone e in quelli che gli incontri fatti permetteranno di riaffiorare in Woody stesso. Sullo sfondo di indimenticabili paesaggi, resi ancora più malinconici e senza tempo dalla splendida fotografia in bianco e nero del film, si svolgeranno ora tristi ora esilaranti vicende familiari, che ci indurranno a interrogarci sulla verità del passato. Il finale “leggero” del film ci permetterà poi di sorridere, addolcendo l’intensa sfumatura melanconica della vicenda.

 

Andare o non andare a vedere il film?

Il film ci propone la visione di un’America “ai margini”, i cui protagonisti sono colpiti da una povertà che è sia sociale sia affettiva. Su questo sfondo di ampio respiro si inserisce la vicenda di padre e figlio e della famiglia a cui appartengono. Viene così trattato il tema del disagio familiare, generato dalla povertà e fragilità delle figure genitoriali, che lasciano i loro segni di violenza nella generazione dei figli. Viene poi “pensata” la dolorosa e solitaria condizione dell’anziano, nella sua precarietà di salute e di perdita di senso della vita, soprattutto causata da errori e fragilità che hanno impedito la costruzione di relazioni autentiche e motivanti. Ma lo spettatore scopre anche la volontà di un figlio di incontrare e perdonare un padre, potendo fare il lutto per ciò che non ha avuto e sperimentando un affetto che mai ha potuto essere espresso. Tutto questo spicca in mezzo al più ampio riconoscimento dell’ambiguità dei rapporti familiari, che mescola e intreccia rancori e affetti nella creazione del legame.

 

La versione dello psicoanalista

Mi sembra che questo film ci permetta di sperimentare la possibilità di emozioni e pensieri prima non esistenti. Il cambiamento che lo spettatore riconosce nel protagonista sembra essere il proprio cambiamento di prospettiva, che può essere generato dalla scoperta della storia dello stesso Woody. Come in un’analisi, in questo viaggio nel Nebraska, paese di origine e di illusoria ricostruzione delle proprie “ricchezze” (più interiori che economiche!), abbiamo la possibilità, attraverso gli occhi del figlio David, di scoprire qualcosa dell’anziano protagonista e delle sfumature del suo carattere, che inizialmente sembra così respingerci. Cominciamo a vedere in lui qualcosa che prima era impensabile e questo sembra permettere a Woody stesso di essere diverso, acquisendo quella capacità di esprimersi di cui prima era privo. La incomunicabilità dei protagonisti, essa stessa protagonista triste e ironica per buona parte del film, viene poi trasformata e può portare ad un finale di condivisione e scambio affettivo. Uno dei protagonisti principali del film, lo sguardo di Woody, subirà una evidente evoluzione: inizialmente perso nel vuoto, potrà poi diventare carico di emozioni sino a dirigersi verso gli oggetti relazionali, prima di tutto il figlio, che sembra essere quello da cui il padre stesso ha imparato a vedere. Sono state la pazienza e la speranza di David, comunicate attraverso il suo sguardo, che hanno permesso una vincita milionaria non più illusoria, ma vitale.

 

Gennaio 2014

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