Cultura e Società

Paterson

17/01/17
Paterson

Recensione di Maria Antoncecchi

Titolo: Paterson

Dati sul film: regia di Jim Jarmusch, USA, 2016, 117’

Trailer:

Genere: commedia

Trama

Paterson, titolo dell’ultimo film di Jim Jarmusch, presentato in concorso a Cannes nel 2016, si riferisce al nome del suo protagonista (Adam Driver) e anche al nome della città americana del New Jersey nella quale egli vive con la sua amata compagna Laura (Golshifteh Farahani).

Il film ci racconta la vita quotidiana di Paterson e Laura, dal momento del loro risveglio fino alla sera; una vita semplice, regolare e ripetitiva. Tutto sarebbe piatto e monotono, se non fosse per la passione di Paterson per la poesia. Lui ama scrivere i suoi versi sul suo taccuino mentre scalda il motore dell’autobus o nel suo studio nel sotterraneo di casa. Laura passa la sua giornata dipingendo in bianco e nero tutto ciò che le capita a tiro: le tende, gli infissi, i vestiti, il collare del cane, i biscotti, immaginando progetti che non realizzerà mai. Con loro vive Marvin, un simpatico bulldog, che con le sue smorfie scandisce le loro giornate.

Andare o non andare a vedere il film?

Come ci racconta il regista in un’intervista: “Tutto è iniziato con le poesie di Williams Carlos Williams, premio Pulitzer postumo, che abitò in quella città per tutta la vita. Ci andai dopo aver scoperto i suoi versi, venticinque anni fa: camminai tra le fabbriche di seta, le cascate del fiume Passai, i vecchi palazzi industriali e mi lasciai sedurre da una metafora con cui paragonava le forme della città a quelle di un uomo.” È un film minimalista che narra, con attenzione e sensibilità, di un mondo fatto di gesti semplici e di piccoli oggetti quotidiani. Vuole essere una storia universale, ambientata in una città qualunque.

La versione di uno psicoanalista

Il film si basa sul concetto del tempo, la quarta dimensione, come dice Paterson, quando sembra parlare di un concetto fisico, piuttosto che emotivo. Il tempo è presente nello scadere dei giorni, nell’orologio che segna l’ora del risveglio, nelle settimane che si susseguono sempre uguali. Una ripetitività che proietta lo spettatore in una sorta di eterno presente che sembra abbia lo scopo di cancellare i contrasti e le differenze nella vita dei due protagonisti, i quali vivono in un mondo senza inizio e senza fine.

Siamo nel mondo “dell’uguale”, come si nota dagli innumerevoli gemelli che s’incontrano nel film (tra l’altro Adam Driver ha un cognome che significa “guidatore”).

L’altro elemento che sottolinea questa dimensione temporale “ferma” è la mancanza di progettualità: non c’è un percorso, non ci sono mete da raggiungere o progetti da costruire, tutto rimane così per sempre.

La vita di Paterson e Laura è strutturata su un equilibrio che esclude anche la dimensione della separatezza, del riconoscimento della differenza tra sé e l’altro, questione che li aprirebbe al cambiamento, alla consapevolezza della perdita e all’evoluzione psichica.

Questo ci porta a pensare che la separazione, nella vita di Paterson e Laura, potrebbe causare uno sconvolgimento, creare paura, angoscia e caos.

Ma è la vita segreta di Paterson il poeta a esprimere un sguardo personale, un Sé autentico che lui protegge nel suo quaderno agli occhi del mondo. È questo che dà senso alla sua vita, che lo fa sentire reale e diverso, in un ambiente nel quale si è pienamente adattato. Paterson non interviene per cambiare il mondo circostante, lo osserva, crea pensieri che affida al foglio, simbolo di un luogo mentale .

Diversa è Laura, che affronta la sua vita grigia con la sua passione per il bianco e nero (anche il film horror che vanno a vedere nell’unico giorno in cui escono insieme è in bianco e nero), vivendo in un mondo solitario, fatto di sogni e di fantasie, non in contatto con la realtà. È all’interno di questo scorrere uniforme dei giorni che Laura riconosce nella poesia di Paterson il significato di una voce, espressione unica d’identità. Vede in lui un talento, gli chiede di pubblicare le sue poesie, di farle conoscere al mondo, ma a lui non interessa. Esse sono il suo modo di vedere il mondo, un punto di vista insolito su piccole e/o grandi cose della sua vita. È così che una scatola di fiammiferi sarà quella che “accenderà la sigaretta della donna che ha amato la prima volta”.

A supporto di questa tesi c’è lo smarrimento di Paterson quando perde il suo taccuino.

In quel momento sembra incrinarsi il suo fragile equilibrio, ma l’incontro con un turista-poeta-giapponese gli fa ritrovare il suo luogo segreto, nel quale la sua anima può dare un significato alla sua esistenza.

Anche la città ci appare in un primo momento anonima come il protagonista. Nel corso del film scopriamo, inaspettatamente, che questa stessa città del New Jersey ha un passato importante e concittadini illustri, come il poeta Williams Carlos Williams, Allan Ginsberg, il regicida Gaetano Bresci e altri. Ce lo ricorda la bacheca del barista che si sforza di dare spessore ad una città, che sembra ormai priva di fermento culturale.

Rimane l’impressione che Paterson e Laura siano un po’ come “due numeri primi”, chiusi in un loro mondo fragile e delicato, che si mantiene lontano dagli urti, dai cambiamenti e dai lutti che la vita comporta.

Gennaio 2017

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