Cultura e Società

Settimana 3 – Giovanni Foresti

18/04/13

Giovanni Foresti

Provo a organizzare i pensieri per punti distinti.

1) Perché Dario sgrana gli occhi in quel modo? La domanda aveva già fatto capolino nei discorsi in famiglia, dopo la visione dei precedenti episodi. Questa volta il quesito si fa più pressante e influenza quasi subito i miei pensieri (forse perché la recitazione è più ricca e mutevole, e il gesto – l’allargarsi della rima palpebrale per un secondo o una frazione di secondo – appare meno forzato e più plausibile). La risposta arriva alla fine dell’episodio, quando Dario riceve la telefonata di Sara sotto gli occhi di Giovanni; e questi ultimi sono a quel punto sono sbarrati e come adirati/addolorati. Si tratta di occhi che esprimono bene (battimano a scena aperta per Castellitto, in cuor mio) un tumulto di emozioni che il terapeuta di In Treatment stenta a dominare. “Da come mi guarda, penso che mi sbatterà fuori entro un minuto” – dice Dario trionfante. Gli sceneggiatori e gli attori e il regista ce l’hanno fatta, dico a me stesso. Sono riusciti a far vedere allo spettatore il livello dello scambio/scontro emotivo che è in corso a un livello che sta prima e/o al di sotto delle parole. La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai (credo l’abbia scritto Bulgakov).

2) Prima della sigla d’avvio, c’è sempre un prologo. Come nella retorica classica, dopo la captatio dell’introduzione, ottenuta con la ripresentazione della serie e il riassunto/paratesto, c’è la narratio: un breve brano d’apertura in cui il tema centrale dell’episodio viene annunciato con pochissime immagini e qualche battuta. In questo episodio le battute sono sostanzialmente due. Dario compare con uno scatolone (lo stesso che aveva in braccio nella puntata di ieri sera, quando dopo la seduta di Sara si era allontanato insieme a lei). Il pacco è un dono: un pacco-dono; un dono che è anche un pacco. Contiene una macchina che serve, dice, per fare il caffè all’americana. Dopo un breve discorso, ecco le battute che chiudono il brano d’apertura. Giovanni: “Mi metta alla prova. La ascolto.” Dario: “Magari dopo. Musica e immagini della sigla: pausa/sottolineatura dell’ultima battuta. Il proposito di Dario è chiaro. Provocare l’interlocutore scegliendo con cura i modi e i tempi dell’operazione. Esercito viene dal verbo esercitare. Il mestiere delle armi addestra a fare la guerra. In questo campo, Dario è un professionista molto competente.

3) In ogni episodio di questa sottoserie (cioè: la serie delle sedute di Dario, inserita nella serie dei pazienti e della vita di Giovanni), il protagonista giunge in seduta avendo dato attuazione a propositi che erano stati annunciati nel dialogo precedente. Esce cioè dalle sedute con convinzioni che giustificano decisioni cui dà subito attuazione. Tra la prima e la seconda seduta è andato in Germania. Tra la seconda e la terza, dice, ha lasciato la moglie. Il peggio è che questi ‘agiti’ (attuazione di comportamenti invece che comprensione dei propri pensieri) sono presentati all’interlocutore come attuazione di consigli ricevuti dal terapeuta. In tal modo, il paziente si dà l’autorità che occorre per prendere una decisione, mentre la responsabilità del trattamento rimane in capo al terapeuta. Lo stile di pensiero/non-pensiero di Dario lo induce a diffidare delle parole e a pretende fatti concreti. Giovanni accetta la sfida di interagire con lui alle sue condizioni e cerca di procedere nel suo lavoro ricorrendo a numerosi interventi, tutti molto tecnici. Dario boicotta con efficacia spudorata la maggior parte delle ipotesi interpretative che gli vengono offerte. Ha in serbo per Giovanni una provocazione diabolica (il dia-volo è il contrario del sim-bolo). Lo spettatore intuisce che con tutto ciò che sta succedendo nella vita di Giovanni, la situazione che si creerà fra i due diventerà, entro breve, una tempesta perfetta.

17 aprile 2013

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