Cultura e Società

Still Life

3/09/13

Sezione: in Concorso sezione Orizzonti

Dati sul film: regia Uberto Pasolini, 2013, 87 min

Genere: drammatico

John May, interpretato egregiamente dal caratterista Eddie Marsan, è impiegato in un ufficio comunale di Londra con il compito, svolto con estrema dedizione, attenzione e cura ossessive, di trovare i parenti di persone morte in solitudine, i quali, quasi sempre, non ne vogliano sapere. Come se si trattasse di un proprio caro, è quindi lui stesso a preoccuparsi che abbia un degno funerale: scrive commoventi necrologi e sceglie le musiche per la funzione.

‘Le vite degli altri’ diventano la sua stessa vita: attraverso elementi di realtà, oggetti e fotografie, ricostruisce, nel suo immaginario, impregnandole dei propri bisogni e desideri, le storie di ognuno dei defunti.

È licenziato brutalmente da un capo-ufficio che ritiene il suo lavoro superfluo e che, con un sorrisetto crudele e provocatorio, gli consiglia di ‘occuparsi dei vivi’.

John ha un’ultima pratica da chiudere, quella di un alcolizzato, che scopre abitare nella casa dirimpetto alla propria. Nonostante ognuno di loro avesse potuto vedere l’altro dalla finestra di fronte, non si erano mai incontrati. Questa ‘vicinanza’, potremmo dire ‘speculare’, sembra l’elemento che fa scattare un’identificazione radicale di John con il defunto. Nello stesso tempo, l’umiliazione subita con il licenziamento, toccando una sua parte vitale, pare spingerlo fuori dalla gabbia difensiva della sua solitudine. Comincia a lasciarsi andare, perde quell’aria composta, compassata, funerea e mette in atto piccole azioni trasgressive. Arriva a parlare a lungo e con coinvolgimento, corrisposto, con la figlia dell’alcolista morto, facendo esperienza di un primo ‘assaggio’ di autentico contatto affettivo. 

Grazie a lui, al funerale di quel l’uomo, parteciperanno molte persone.

A John il destino non consentirà la completa trasformazione da ‘natura morta’ (still life) a ‘natura viva’, rimane un’intuizione. Quasi la rappresentazione del passaggio, in ottica psicoanalitica, dalla solitudine ‘depressiva’ (Klein) alla solitudine ‘evolutiva’ (Winnicott). Ricordiamo la bella raccolta di saggi a cura di Enzo Morpurgo e Valeria Egidi Morpurgo, ‘La solitudine. Forme di un sentimento’ (Franco Angeli, 1995).

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

11^edizione di “Cinema e Psiche. La figlia” Cesena, 2-9-16-23 ottobre. Report di M. Montemurro

Leggi tutto

Dall'80° Festival del Cinema di Venezia: le Recensioni

Leggi tutto