
Parole chiave: violenza, adolescenza, distruttività, cinema e psicoanalisi
Cinemente: Mia. Recensione e report della serata
di Flavia Salierno
Con il regista Ivano Di Matteo hanno dialogato Alessandra Balloni, e Alice Piacentini.
Nel caso del film Mia, distruttività fa rima con adolescenza. Come età fragile, esposta maggiormente alle intemperie non solo della vita, ma anche di quelle del rapporto con l’altro.
Infatti, Mia, questo il suo nome, è un’adolescente alle prese con il suo primo amore. Ma non uno di quelli che fa sognare per gentilezza e cura, quello per Paolo è un innamoramento “tossico”, per la definizione che oggi si darebbe sui social. Al punto da generare violenza. Quella vera, che porta morte, nel corpo e nell’anima. Che arriva a profanare la purezza di una bambina in crescita, la sua femminilità, la sua mente. Dove è proprio il corpo ad essere usato per la vendetta di un rifiuto. E la vendetta diviene “revenge porn”.
Sergio, contrariamente a Paolo, è un padre dolce e premuroso, che non si dà pace nel non vedere felice la figlia e, sopraffatto dalla disperazione, medita vendetta. Violenza genera violenza. Fabio Castriota presenta la serata, sottolineando l’importanza del tema del film nella sua attualità. Apprezzatissimo dalla critica, la pellicola di Ivano de Matteo ha avuto molti premi e candidature, tra cui il Globo d’Oro 2023 come miglior attore a Edoardo Leo e miglior sceneggiatura allo stesso regista e a Valentina Ferlan.
Il cinema di Ivano De Matteo non offre scampo, mette in scena storie crude, durissime, intrise di realismo, spesso disperate, a volte scioccanti, puntualmente capaci di mettere in questione chi guarda. Un cinema senza compromessi, da prendere o lasciare, dove tutto odora di vero, le facce, le case, le strade, le dinamiche tra i personaggi, le loro emozioni. Fino alle più estreme, esplosive e devastanti.
“Dopo un film come questo appare difficile pensare, tessere associazioni, poiché si rimane come senza fiato, schiacciati da un senso di dolore acuto, un senso di impotenza, affettivamente sopraffatti”, dice Alice Piacentini, cominciando il suo commento. E continua: “È accaduto che mentre guardavo il film Mia stessi contemporaneamente leggendo “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf. E ho pensato che forse una delle questioni, dei nodi più grandi nei legami, oggi come in altri luoghi o momenti, è quella di tollerare e rispettare il fatto che l’Altro abbia una stanza tutta per sé: stanza intesa come un’area psichica che non si potrà mai conoscere in modo completo né tanto meno controllare”. La stanza tutta per sé è quella che è necessario costruirsi in adolescenza, “luogo dei cambiamenti”, racconta Alessandra Balloni, spiegando la complessità dei meccanismi adolescenziali, “dove parallelamente al processo di separazione e individuazione sta il genitore che cerca la disponibilità all’adattamento”. E dove l’incontro con l’altro può essere brutale, portatore di un trauma, di una regressione a uno stato di dipendenza che diviene assoluta. Ed è lì che si insinua la violenza. Ivano de Matteo, ideatore del soggetto, insieme con la compagna Valentina Ferlan, commuove lo spettatore nel mettersi a nudo e raccontarsi come padre innanzitutto. “L’idea del film è venuta da nostre paure come genitori e da un racconto che abbiamo realmente ascoltato”. Parte dal vero, quindi, la storia di Mia, a cui è stata aggiunta la storia di altre, di troppe, ragazze e donne che vengono usate, violate, e anche uccise. Che divengono qui un film, ma nello stesso tempo la messa in scena di una realtà che mai vorremmo fosse vera. L’ultima ad essere uccisa è stata Martina Carbonaro, il 27 maggio. Aveva 14 anni. Il regista la ricorda, ma è stampata nella mente di tutti i presenti, raccontando l’assurdità senza fine di un atto che ha un nome e cognome come quello di innumerevoli altri che hanno fatto lo stesso. “Ho scelto appositamente di rappresentare una famiglia amorevole, normale, semplice, proprio per fare in modo che non si possa pensare che questo possa succedere solo agli altri”, dice De Matteo. Il tema della violenza, oggi, passa attraverso i social. E viene ricordato che la legge contro il “revenge porn“ è entrata in vigore solo nel 2019. È un vissuto terribile, indigeribile, per chi lo subisce. Il film ha il valore di mettere in scena anche quanto siano complessi certi meccanismi legati ai processi penali.
Certi film sono importanti, fondamentali. E la serata a Cinemente lo è stata altrettanto, perché è stata un’occasione per parlare di tutte le complessità legate all’adolescenza e alla violenza, nelle sue sfaccettature. “Tu, che non sarai mai me, né “mia”. Cita Judith Butler così Alice Piacentini a chiusura dell’incontro. E, con la potenza di questa frase, portiamo nel cuore Mia, titolo del film e nome di una ragazza, come tutte quelle che abbiamo il compito di portare nella memoria.
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