Cultura e Società

Inventing Anna – Commento di F. Barosi

6/02/23
Inventing Anna - Commento di F. Barosi

Parole chiave: Anna Sorokin; Narcisismo; Sintonia; Manipolazione

Autore: Filippo Barosi

Titolo: “Inventing Anna”

Dati sulla serie: creata da Shonda Rhimes, USA, 2022, miniserie Netflix.

Genere: drammatico

Ha avuto un certo seguito social l’uscita su Netflix della miniserie in cui si racconta l’avventura della truffatrice russa Anna Sorokin, che tra il 2013 e il 2017 si è insediata nelle alte sfere newyorkesi spacciandosi per ereditiera tedesca sotto lo pseudonimo di Anna Delvey, finendo col contrarre debiti per centinaia di migliaia di dollari.

La serie si articola in nove episodi, dove a fare da guida è l’alter ego della giornalista che ha raccontato la storia al pubblico americano: è attraverso la sua investigazione che veniamo a conoscere le vicende di Anna e i personaggi che le sono gravitati intorno.

La domanda che riecheggia per tutta la serie è la stessa che chiunque abbia seguito le vicende giudiziarie della Delvey si è posto incessantemente: come ha fatto una donna poco più che ventenne a coinvolgere nelle proprie fantasie grandiose e irrealizzabili uomini d’affari tra i più potenti della Grande Mela?

Nel 2003 Hayao Miyazaki ha vinto l’Oscar con quella che forse è la sua opera migliore e la più conosciuta, “La città incantata”. Tra i personaggi più memorabili di un anime straordinario c’è il “Senza Volto”, lo spirito Kaonashi, una creatura informe e malinconica che porta una maschera pallida dietro alla quale non c’è, appunto, nulla.

Disposto a soddisfare qualunque desiderio pur di essere amato, il Kaonashi è una sorta di bambino onnipotente e solitario, affamato di sguardi amorosi.

Anna Sorokin si muove per New York come un Kaonashi arrogante, lusingando i già potenti che non vogliono rinunciare a una singola goccia di potere così come gli ambiziosi che desiderano brillare di luce riflessa. Dei primi ne fa i suoi catalizzatori, dei secondi i suoi ammiratori: tutti cadono sotto il suo sortilegio di incantatrice.

Riesce così a sedurre e a manipolare individui scafati e avidi al punto da inglobarli nel suo delirio: meritarsi senza reali garanzie un prestito di tale entità da poter avviare una Fondazione a lei intitolata. Non una qualsiasi, ammesso ne esistano, ma una tanto importante da diventare unica al mondo, in un palazzo tra i più prestigiosi di New York e con l’appoggio di personalità d’eccellenza assoluta. Eppure Anna non è particolarmente bella né tantomeno simpatica, è certo carismatica e molto astuta, ma non conosce davvero grandi cose oltre al cianciare mellifluo di arte e moda di cui pare essersi rivestita fin da bambina.

Nella sua ricerca incrollabile la giornalista si immagina che questa “manipolatrice narcisista psicopatica” debba avere chissà quale storia traumatica. Scopre su di lei miti che nascono da un papà mafioso e crudele, che avrebbe esposto la ragazza a chissà quali orrori segreti, e dall’emarginazione patita in adolescenza, quando Anna si trova calata da Mosca nella provincia tedesca, in un ambiente xenofobo e pretenzioso.

Il padre in scena viene piuttosto mostrato come un uomo sconfitto, forse un tempo vigoroso, ma oramai imbolsito e svuotato. Di certo non ha nulla del poderoso detentore del “fondo fiduciario” illimitato che Anna evoca ogni volta a garanzia delle sue fantasticherie. La madre appare come alfiere del padre sotto accusa ma le viene anche affidata una delle battute più significative: “Capitano figli che sono quasi come sconosciuti”.

Questa frase lascia intravedere un’assenza di sintonia precocissima: scambi di sguardi tra madre e figlia dove tragicamente l’una non si riconosce nell’altra e fin dai primi giorni le strade iniziano a divergere. Si può pensare che Anna, avida dei bagliori degli sguardi materni, si sia rifugiata in un mondo interno di illimitata abbondanza, una cameretta tappezzata di foto di modelle, scorci di New York e cocktail in abiti sfarzosi.

Quando nella “Città incantata” il “Senza Volto” capisce che l’oro può comprare l’amore, o quel che ne appare, degli spiriti intorno a lui, inizia a produrne quantità illimitate. Così, da pezzente emarginato diventa presto un “Signore” rispettato che tutti fanno a gara per riverire. Tratta quindi lo sfruttamento alla stregua dell’amore e, come un buco nero che inesorabile divora la luce delle stelle, inizia a goderne sfrenatamente fino a perdere il controllo.

Questo almeno finché Chihiro, la bambina protagonista, rifiuta l’oro di cui non comprende la necessità, non cedendo all’inganno del mondo degli adulti. Dopo una dura lotta, riuscirà a portarlo con sé verso una casa semplice e affettuosa dove la vita del “Senza Volto” potrà infine trovare un significato.

Ma questa è una fiaba da Giappone antico nata dal caloroso sensei Miyazaki.

Nel mondo reale di oggi Anna Delvey-Sorokin si fa un paio d’anni di prigione, viene rilasciata in libertà vigilata e, ormai sulla bocca di tutti, inizia a tessere di nuovo la tela per far fruttare e moltiplicare la notorietà guadagnata. È notizia di inizio 2023 che a breve girerà un reality, Delvey’s Dinner Club, nel quale inviterà a cena Elon Musk e varie altre supernove, ricominciando ad attirare la luce delle stelle verso la sua singolarità oscura. Grazie anche a tutti quelli che hanno letto gli articoli, visto la serie e, non importa come, ogni giorno parlano e scrivono di lei.

Febbraio 2023

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