Cultura e Società

“Banshees of Inisherin”di M. McDonagh. Recensione di A. Meneghini

10/02/23
"Banshees of Inisherin"di M. McDonagh. Recensione di A. Meneghini

Parole chiave: speranza, isolamento, oggetto invasivo

Autore: Alessandra Meneghini.

Titolo: “Banshees of Inisherin” (Gli spiriti dell’isola).

Dati sul film: regia di Martin McDonagh; Gran Bretagna, 2022;114 minuti.

Genere: commedia/drammatico.

Siamo nel 1923, in un’immaginaria isola irlandese battuta dal vento e circondata da un mare che talvolta assume le tonalità di un azzurro splendente, ma che più spesso assorbe il grigio malinconico del cielo. La vicenda si snoda tra sentieri sterrati, laghetti deserti, scogliere a picco sul mare ed interni poveri e semplici: il pub del paese, le abitazioni dei paesani, la chiesa e l’emporio dell’isola. Di tanto in tanto si odono i colpi di cannonate della guerra civile che si sta combattendo nell’isola madre, tra sostenitori dell’accordo con la Gran Bretagna e contrari.

L’incipit del film è tanto inatteso quanto incomprensibile: Padraic, uomo semplice e gioviale, si reca come sempre a chiamare l’amico, il maturo e scontroso Colm, per il consueto appuntamento pomeridiano al pub. Colm non gli rivolge parola: inspiegabilmente, ha deciso di troncare la loro amicizia. Invano Padraic cerca di capire il motivo dell’improvviso rifiuto da parte dell’amico. La sola spiegazione che riceve è: “Non mi vai più a genio. Ti trovo noioso”.

Padraic non si dà pace e cerca di trovare ogni pretesto per parlare con l’amico e ripristinare l’antico legame. Per questo, coinvolge la sorella Siobhan, il sacerdote della comunità e gli altri paesani, tutti increduli di fronte al repentino cambiamento di Colm. Questi non ritorna sulla propria decisione, anzi: avverte l’ex amico che ogni qual volta gli arrecasse fastidio tentando di stabilire un dialogo con lui, si taglierà un dito della mano sinistra con la cesoia. Nonostante ciò, Padraic non desiste dal cercarlo e la sua ottusa ostinazione innesca una racapricciante escalation di violenza e di orrore: Colm infatti non esita a concretizzare la sua minaccia, procedendo a progressive mutilazioni delle proprie dita.

La piccola comunità isolana assiste impotente allo scontro tra i due, analogamente all’impotenza con cui guarda da lontano gli scontri tra opposte fazioni di irlandesi nella vicina isola madre.

Accanto ai due protagonisti, splendidamente interpretati da Colin Farrell (Padraic) e da Brendan Gleeson (Colm), compaiono una serie di personaggi secondari che incarnano di volta in volta la speranza (Siobhan con il suo desiderio di conoscenza), l’aberrazione (il poliziotto dell’isola che picchia ed abusa il figlio) e l’invidia (la gerente dell’emporio). Fra tutti, aleggia una moderna Pizia, inquietante presenza femminile vestita di nero che, presente ovunque, tutto vede e prevede.

Alle tormentate vicende umane, fa da scenario un’isola aspra e pietrosa, che nulla concede se non un vento sferzante e desolati paesaggi, quasi un richiamo alla Natura matrigna di leopardiana memoria, ad una madre ambiente (Winnicott, 1970), impenetrabile ed impietosa a cui fanno da contraltare gli animali, palpitanti presenze che riscaldano esistenze venate dalla solitudine e dalla disperazione.

E’ proprio questa una delle chiavi principali di lettura del film: la disperazione, quella che si fa parola sulle labbra di Colm nell’atmosfera sospesa di un confessionale. Un profondo malessere esistenziale della comunità isolana di cui il sensibile Colm si fa appunto “portaparola”, (Aulagnier, 1975), ma che rimane lettera morta alle orecchie del giovane amico. Padraic infatti, a sua volta poco integrato emotivamente se non quando è ubriaco, non coglie la sofferenza di Colm, riproponendogli con la propria ottusità il contatto traumatico con un Altro impermeabile. Un Padraic a guisa di ”oggetto ostruente” (Grotstein, 2007), che non solo non accoglie le proiezioni altrui, ma le rifiuta attivamente, restituendogliele imbevute della propria sofferenza (Bion, 1962). Di qui le progressive automutilazioni di Colm, che, scaglia con lucida determinazione i pezzi delle proprie dita sulla porta dell’abitazione di Padraic, drammatica rappresentazione del fallimento dell’“handling” winnicottiano che, unitamente all’”holding” (ibidem, 1970) materno, quando le cose vanno bene permette la crescente integrazione tra psiche-soma nel bambino, attraverso la devota identificazione che la madre fa con lui.

Il legame tra Padraic e Colm sembra invece poggiare sulla condivisione di  una profonda frattura interna relativa ad aspetti sensoriali ed emotivi mai arrivati alla soggettivizzazione, fino a quando l’avanzare dell’età di Colm lo pone tragicamente di fronte ad angosce depressive non più negoziabili, mettendo a nudo profonde faglie intrapsichiche ed interpsichiche, sulla scena di un’Irlanda dissanguata da una guerra fratricida.

Riferimenti bibliografici

Aulagnier, P (1975), La violenza dell’interpretazione, Milano, Borla Editore, 1994.

Bion, E.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma, Armando, 1972.

Grotstei, J.S. (2007). Un raggio di intensa oscurità. Milano, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010.

Winnicott D. (1970). Sviluppo affettivo ed ambiente. Roma, Armando Editore, 1970.

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