
Parole chiave: senilità, complesso edipico, cinema e psicoanalisi, 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Autore: Leonardo Resele
Titolo: “Calle Malaga”
Dati: regia di Maryam Touzani – Marocco, Francia, Spagna, Germania, Belgio, 2025, 116 minuti
Genere: biografico/familiare
“Calle Málaga è nato da un profondo bisogno di ritrovare un legame con i miei ricordi, esplorarli e riportarli in vita”, spiega la regista Maryam Touzani che firma il film. “Credo che ciò che creiamo sia un’eco delle tracce che la vita lascia dentro di noi. Quando sono nata, la mia nonna spagnola viveva già con i miei genitori a Tangeri. Come molti spagnoli, si era trasferita lì da bambina e vi era rimasta per il resto della sua vita. Non avrebbe mai potuto immaginare di lasciare la città che adorava, la sua città.”
Come nel ricordo di Maryam, anche nel film c’è una protagonista, la settantanovenne spagnola María Ángeles, che vive da sola a Tangeri, in Marocco, e si gode la sua routine quotidiana. Ma la sua vita viene sconvolta quando sua figlia arriva da Madrid per vendere l’appartamento in cui ha sempre vissuto la madre. Determinata a rimanere, fa tutto il possibile per riavere la sua casa e i suoi beni.
A interpretare il ruolo di Maria Ángeles c’è Carmen Maura, un’icona del cinema spagnolo, l’attrice preferita da Pedro Almodovar e Carlos Saura: oltre cento film realizzati in cinquant’anni di carriera, completamente dedicata al cinema, anche a scapito della vita privata e familiare. Carmen Maura interpreta qui una quasi ottantenne intelligente, determinata, spiritosa, capace di difesa e di iniziativa, che riscuote, durante lo svolgimento della storia, la totale simpatia e l’approvazione del pubblico. Che sorride, ride, persino applaude su fatti e battute.
Il film sembra così il trionfo di una senescenza vincente, proprio come sostengono ormai da tempo le teorie sulla longevità. Non una vecchiaia fragile e perdente, nella quale trionfa il dolore della solitudine, dell’esclusione e dell’abbandono, ma una fase di maturazione della vita. Un’ulteriore evoluzione, prima della fine.
Del resto, una visione, questa, della vecchiaia come fase evolutiva, è stata teorizzata già da Erik Erikson ne “I cicli della vita” (1987): “Lo sviluppo umano è articolato in tappe in cui è presente un conflitto, un dilemma. Se l’individuo riesce a risolvere positivamente questo conflitto, può passare alla tappa successiva con un’identità personale integra e un senso di benessere interiore”.
Il dilemma che deve affrontare Maria Ángeles è come reagire alla pretesa della figlia che arriva da Madrid, angosciata e in crisi matrimoniale, e che vuole risolvere i propri problemi economici, vendendo la casa intestatale dal padre, ma nella quale vive da sempre la madre.
Maria, disorientata, in un primo momento ha un atteggiamento passivo e accetta persino di entrare come ospite in una struttura per anziani, funzionale ed efficiente, ma nella quale assume un comportamento sempre più distaccato ed escludente, non identificandosi in questa tipologia di anziano: invece di gratificare i caregiver con la sua riconoscenza, li ostacola in continuazione.
Risolve il suo conflitto (come direbbe Erikson) reagendo alla imposizione della figlia: torna in gran segreto nella sua casa, riacquista i mobili già venduti; con spirito imprenditoriale e con la solidarietà dei suoi vicini di quartiere, improvvisa un’attività remunerativa che le fa conquistare visibilità, autonomia e popolarità sociale. Attiva, così, una serie di comportamenti inediti, che le danno una vivacità nuova e nuove situazioni, fino alla conquista, impensabile prima, per lei vedova da vent’anni, di un amore vero e maturo. Sfidata dalla figlia in termini edipici, riconquista la sua posizione dominante.
Questo è quanto il pubblico vede, percepisce, approva. Ma a ben guardare c’è una lettura meno evidente che non può sfuggire allo spettatore più attento.
Continua Maryam Touzani: “Ho sentito il bisogno di esplorare questo forte legame e il personaggio di María Ángeles ha finito per incarnare non solo quel desiderio di ritrovare radici, ma anche altri interrogativi che mi tormentavano da anni.”
Nel film ci sono accenni che potrebbero aiutarci a capire l’ostilità della figlia Clara verso Maria: è una rivalità edipica, che genera la sua posizione di protesta e ribellione. Le stesse che l’hanno indotta a 17 anni a lasciare la famiglia per andare a Madrid, senza completare il ciclo di studi, e che ora la portano, con un matrimonio fallito, a volere privare la madre della sua sicurezza, senza mediazione.
Se cerchiamo di immaginare com’era il rapporto tra Maria e Clara fin dall’inizio, sorge un sospetto: che la brillante, intelligente, vivace e coraggiosa María Ángeles, sempre pronta a raccogliere consensi e ammirazione, determinata a non chiedere cure e sostegno per non ledere la visione di sé, presenti, in realtà, un forte, ma affascinante tratto narcisista. Immaginiamo Clara nella posizione di bambina sottomessa, poco ascoltata e compiacente nell’ammirare la mamma.
Una controprova? Il “dialogo silente”, che si ripete più volte nel film, tra lei e una suora di clausura, scelta come confidente (pur se vincolata al silenzio): la migliore confidente di Maria, infatti, è lei stessa, senza bisogno di replica.
Bibliografia
Erikson, E. I cicli della vita. Continuità e mutamenti. Armando editore 2018