
Parole chiave: carcere, amicizia, Goliarda Sapienza, cinema e psicoanalisi
Autrice: Flavia Salierno
Titolo: Fuori
Dati sul film: regista Mario Martone, Italia, 2025
Genere: drammatico
Fuori dai confini del mondo esiste quello del carcere. Dove nella più assurda disumanizzazione esistono le persone, che lì dentro assumono nessuno e tutti i significati possibili. Dove la spersonalizzazione è strumento necessario per togliere la libertà a qualcuno. Per chiuderlo tra quattro stretti margini, insieme con l’illusione di e-marginare quella parte del sociale che non funziona, che ne è sintomo, e che per questo si trova ai confini del suo rimosso. “Fuo-ri”, urlano le compagne di carcere durante la rivolta. Ma è lì dentro che trovano la sorellanza, che diventa baci, carezze, comunanza di aspetti e bisogni profondi.
“A sirene spiegate (o io sono diventata una criminale molto importante, o loro, sono quasi le 10, hanno solo fretta di tornare alle rispettive case), percorriamo la città che mi appare più sontuosa e immensa “. Comincia così, raccontando il momento dell’arresto, il libro di Goliarda Sapienza L’Università di Rebibbia scritto nel 1980 durante e dopo la breve ma intensa esperienza carceraria dovuta a un furto di gioielli. Un mese e mezzo che hanno cambiato il modo di vedere la sua realtà, interna ed esterna.
È entrando proprio nel mondo di quel rimosso che Goliarda ha potuto esplorare e capire parti di sè, innamorandosene al punto da non lasciarle più, e di farne ragione di vita. Il regista Martone a questo fermo immagine dell’esistenza della scrittrice si è agganciato per costruire le sue immagini in movimento. Come lo sono quelle di un cinema che nella sua capacità di essere intorno alla fantasia rappresenta la realtà. Lo stesso Martone sceglie Valeria Golino per mettere in scena il personaggio di quella donna così unica e con una capacità di pensiero tale da avere il coraggio di andare oltre i dettami rigidi di una società chiusa e perbenista nei confronti della sessualità femminile.
«La morale è un’invenzione dei deboli per frenare i forti» scrive Goliarda nel romanzo che più l’ha resa famosa, L’Arte della Gioia. E come lo intende nel suo pensiero? Forse proprio nell’idea di una certa libertà. Di pensiero, dicevamo, innanzitutto. Poi, per una donna, anche nel riferirsi a una sessualità libera, fuori dagli schemi rigidi e da certi pregiudizi. Modesta, questo il nome della protagonista, la vive per quello che la vita (che sceglie) le offre, aprendosi ai cambiamenti e alla curiosità che caratterizza le fasi esistenziali coi suoi passaggi. La gioia è un’arte, che, come ogni arte, non può essere improvvisata, ma nemmeno soffocata dai confini dei compromessi. Richiede esercizio continuo, una coltivazione a ciclo costante, soprattutto per chi come lei ha tentato il suicidio tre volte. E subito elettroshock.
“Se dovessi decidere di lasciare questo mondo tu mi aiuteresti?”, chiede Goliarda, nei panni della Golino nel film. E lo chiede a quell’amica, sorella, specchio dell’anima, fotografia al negativo, che appunto non poteva che essere compagna di quel carcere che è stato l’Università di Rebibbia.
Deve averlo proprio sentito quel personaggio Valeria Golino per averlo trasformato, come regista, in una serie tv di grande successo L’arte della gioia, appunto. Per poi tornare come attrice sul set di Martone per incarnare proprio lei, la scrittrice finita in galera. E lo fa talmente bene da sfiorare la Palma d’Oro durante lo strano festival di Cannes del 2025, funestato da black out dolosi e nel pieno di un’atmosfera nera, del colore di questo genocidio in corso, non troppo lontano dai riflettori della Croisette.
Sarà che L’Arte della Gioia, il capolavoro di Goliarda Sapienza pubblicato solo dopo la sua morte, è forse il romanzo che più amo tra tanti miei preferiti, quello che più mi rappresenta come donna. Sarà che, come lei, sono cresciuta conoscendo le dinamiche carcerarie. Anche se non per esperienza diretta. Lei per una madre sindacalista che ne entrava e usciva, io per uno zio (ramificazione inossidabile delle mie radici), che ne è stato studioso al punto da pubblicare libri e ricerche sul tema. Sarà che c’erano entrambi, alla fine del film, tra immagini di repertorio e titoli di coda. Un pezzo della mia storia familiare e di quella, personale, vissuta attraverso i romanzi (e i film) che hanno contribuito a determinarla.
Sarà che la questione femminile (così come quella del carcere) è ancora del tutto aperta e la scrittrice Sapienza, insieme con la pellicola di Martone, costringono a rappresentarla. Sarà per tutto questo che ho amato questo film, commuovendomi al punto di avere l’urgenza di scriverne.
Goliarda Sapienza ha raccontato la sua esperienza psicoanalitica, lunga e appassionata, negli anni ‘60. Ne ha scritto nel libro Il filo di mezzogiorno (1969), direttamente collegato alla sua analisi personale, e, appunto, l’ha usata come lente ne L’arte della gioia (scritto tra il 1967 e il 1976).
Quella Goliarda che, per volontà del padre, non ha frequentato mai la scuola, per evitare l’indottrinamento del regime fascista. Che è cresciuta in una famiglia numerosa e fuori dagli stereotipi borghesi, dove la madre, sindacalista, col carcere aveva molto a che fare.
“A casa mia si diceva che il proprio Paese si conosce attraverso il carcere (..)” dice la scrittrice siciliana intervistata da Enzo Biagi, riferendosi, appunto, all’esperienza e al pensiero materni. E al suo stesso spaccato di vita, vissuto con l’apertura e la curiosità di chi vuole capire tutte le cose, anche quelle più scomode.
Mario Martone ha avuto il merito di metterle in scena. Lo ringraziamo per questo, e per averci donato un’opera emozionante e complessa, fuori dai confini del mondo, dove cominciano quelli delle mura invalicabili, del carcere reale e simbolico ostinato e chiuso di un certo modo di pensare.
Bibliografia
Sapienza, G. (1967). Lettera aperta. Garzanti.
Sapienza, G. (1969). Il filo di mezzogiorno. Garzanti.
Sapienza, G. (1983). L’università di Rebibbia. Rizzoli
Sapienza, G. (1998/2008). L’arte della gioia. Stampa Alternativa (1998, ed. parziale); Einaudi (2008, ed. integrale).
Sapienza, G. (2013). Le certezze del dubbio. Einaudi.