Cultura e Società

“Happy Holidays” di S. Copti. Recensione di S. Pesce

23/09/24
"Happy Holidays" di S. Copti. Recensione di S. Pesce

Parole chiave: Israele, Palestina, Libertà, Democrazia, Famiglia

Autore: Simona Pesce

Titolo: “Happy Holidays”

Dati sul film: regia di Scandar Copti, Palestina, 2024, 124′, in Concorso sezione Orizzonti.

Genere: drammatico.

Se un film riesce a mostrare Palestina e Israele in una possibile, anche se pericolosa convivenza, non è solo da vedere, è proprio da non perdere.

Scandar Copti, regista e video artista palestinese appartenente a quella minoranza di arabi israeliani che vivono in alcune isole dello stato d’Israele, ha ricevuto il Premio della Giuria nella Sezione Orizzonti alla 81esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica  di Venezia per la sceneggiatura più originale. Copti, come i protagonisti del suo film, è un uomo che ha un’identità multipla, che parla le due lingue del Paese, che è cresciuto in una famiglia araba, ma è immerso in un regime Israeliano.

Il suo film ci lascia un racconto d’Israele allo stesso tempo sociale e politico, che si potrebbe sintetizzare con le parole dette al momento di ritirare il premio ricevuto: “Credo molto nel processo di liberazione e credo davvero che nessuno sia libero finché non lo sono tutti”.

“Happy Holidays” è stato girato in tempo di pace e rappresenta il Paese al di fuori della guerra conclamata, portando lo spettatore a riflettere sul diritto individuale alla libertà. Ma  quale libertà ci può essere per gli arabi-israeliani, e per quei pochi israeliani che si uniscono agli arabi, in quella poliedrica società?

La storia, ben scritta e ben diretta, è ambientata tra Gerusalemme e Haifa e fa parlare quattro personaggi: Fifì, ragazza araba che corre verso le esperienze della vita sottraendosi ai dettami repressivi materni; Walid, medico arabo, dallo stile aperto, che sfida le regole della moralità patriarcale avvicinandosi a Fifì; Rami, fratello di Fifì, che si innamora della giovane israeliana Shirley che rimane incinta di lui; infine Miri, sorella di Shirley, infermiera ebrea che protegge i valori della sua società israeliana a tutti i costi, rifiutando la possibilità che persone di diversa religione possano formare una coppia e mostrando quanto le coppie inter-religiose siano fortemente scoraggiate.

La bellezza di questo film sta nel riuscire a mostrare le contraddizioni dei protagonisti, che a tratti portano a una violazione della libertà, senza giudicarle.

La narrazione cinematografica di “Happy Holidays” è sviluppata in diverse storie brevi, tutte connesse tra loro e tutte dotate di un titolo e di un tempo ben preciso. L’organizzazione temporale della storia è volutamente confusiva e non segue un ordine cronologico. Il film si apre con un incidente d’auto di Fifì: questo evento è il punto d’incontro dei destini dei vari protagonisti, ma nel corso dei capitoli filmici la storia viene riproposta ed essi ricompongono lo stesso arco temporale, aggiungendo pian piano elementi che spiegano l’intreccio. Questa scelta stilistica permette al regista di ripetere la stessa realtà mostrandola da più angolature. Solo vedendo tutti i capitoli emerge la complessità di questa società arabo-israeliana, ma è solo frammentandola che la si può vivere. Mantenere una parte di esperienza separata e staccata dal tutto — in termini psicoanalitici si parla di scissione — a volte è la difesa necessaria a padroneggiare la presenza di realtà intrapsichiche inconciliabili. Questo film parla proprio dello sforzo del singolo a fronteggiare una realtà oggettiva piena di minacce, di contraddizioni e di esperienze perturbanti, quando tutto quello che è più famigliare e amato può diventare il suo opposto. Infatti, nelle scuole elementari israeliane ai bimbi piccoli si insegna a onorare i soldati, mentre continuamente le sirene antimissilistiche spaventano e interrompono la vita di tutti. Alle ragazze arabe si chiede una purezza e un pudore che dia estremo valore alla vita familiare, ma allo stesso tempo alle ragazze ebree è imposto il servizio militare che professa valori opposti. Non è secondario che il tempo della storia sia quello di una festa ebraica, che impone a tutte le famiglie di riunirsi e di festeggiare. “Happy Holidays” vuole mostrare come le scelte di una sola persona possono influenzare l’intero gruppo che condivide con essa la stessa moralità. La moralità di cui ci parla Copti è del tipo che vincola, perché per proteggere l’appartenenza a un gruppo in fondo acceca e limita il diritto all’individualità.

Winnicott (1965) ci ha insegnato molto sul rapporto tra famiglia e sviluppo di gruppi sociali analizzando le tendenze distruttive e i fattori positivi che si muovono tra genitori e figli. Egli dava grande valore alla tendenza integrativa di ogni singolo soggetto all’interno del proprio gruppo, passo necessario al raggiungimento di una vera autonomia: “In una sana società in cui la democrazia possa sorgere, un certo numero di individui devono aver raggiunto una soddisfacente integrazione nel processo di sviluppo della loro propria personalità” (Winnicott 1965, pag. 67).

Tutti i personaggi di questo film per vivere la loro realtà psichica complessa, scindono e negano una parte del loro vissuto diminuendo la loro capacità di avere una visione autonomia rispetto al clan familiare. L’unica a combattere per la propria integrità è Fifi. Solo lei si mantiene salda a se stessa, è una figura coraggiosa che non rinuncia a vivere la sua appartenenza multipla e continua nella sua ricerca di una identità completa, ed è questo che la porta ad essere la più viva dei personaggi che le stanno intorno.

Il film si chiude con una scena magnifica, che arriva come una ventata di speranza, con l’immagine di Fifì che corre libera in un mondo immobile.

Bibliografia

Winncott D. (1965,. La famiglia e lo sviluppo dell’individuo. Armando Editore, Roma.

Settembre 2024

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