Cultura e Società

“Her” di Spike Jonze. Recensione di Cinzia Carnevali e Paola Masoni

23/02/15

di Spike Jonze, USA, 2013, 126’)

Cinzia Carnevali, Paola Masoni

Scritto e diretto da Spike Jonze, Her (Lei) è un film del 2013 che si è aggiudicato il premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Il titolo può essere tradotto in italiano come “lei” o come “sua”.
Il protagonista è un sognatore, un romantico che scrive lettere d’amore per conto di altri come professione, ma che non è ancora in grado di amare e appare indeciso tra “evitare le emozioni o vivere le emozioni” (Ferro 2007).
La visione di un film può aiutare, attraverso l’immedesimazione, a rendere più affrontabile la paura della solitudine, delle separazioni e delle perdite, dei cambiamenti necessari, ma fonti di intense ansie.
Il film è ambientato in un futuro non troppo lontano nel quale avviene un cambiamento epocale, antropologico. L’interesse verso le nuove tecnologie è sempre più diffuso, nel tentativo forse di rispondere all’interrogativo dell’uomo sul senso della vita e contenere la paura dell’ignoto.
In continuità coi nostri tempi, l’uso delle nuove tecnologie diventa rappresentativo dell’illusione dell’uomo di poter creare intelligenze artificiali dotate di competenze cognitive ed emotive perfette. Nel villaggio globale, caratterizzato tanto dalla molteplicità dei contatti quanto da infinite solitudini, i computer hanno un ruolo di primissimo piano nella vita delle persone. In questo contesto risulta molto attraente l’uscita sul mercato di un nuovo sistema operativo, denominato SO1, in grado di apprendere ed elaborare emozioni, che inaspettatamente rivoluziona il rapporto con se stessi, con il mondo e con gli altri.
Avviene, forse, quella che per Freud (1921) è l’identificazione di massa, proiettata in un futuro prossimo dove la tecnologia permette alle persone di mantenersi costantemente in contatto con il proprio computer di casa tramite auricolari, comandi vocali e dispositivi video tascabili, in una sorta di fusione totalizzante.

Il protagonista,Theodore Twombly, è un uomo solo e introverso, depresso e ferito a causa della separazione con l’ex moglie Catherine, che gli chiede il divorzio, ma lui non è ancora del tutto consapevole del suo dolore, non è ancora pronto a staccarsi, a elaborare il lutto.
In una delle lettere d’amore che scrive per conto di un altro e che detta al computer scrive: “Mi manchi così tanto che sento male dappertutto”.
Theodore cerca di riempire il “piccolo vuoto” che ha nel cuore dedicandosi al lavoro, cimentandosi in videogiochi e frequentando chat telefoniche, oppresso dalla noia e da una situazione personale poco vitale. Infine, colpito dalla pubblicità, decide di acquistare il nuovo sistema operativo OS 1.
Durante l’installazione il sistema sceglie per lui una voce femminile e, una volta avviato, si dà autonomamente il nome di “Samantha”. Theodore rimane affascinato e, poco alla volta, si coinvolge e si innamora grazie alla capacità empatica della voce (Lei). Dall’ascolto e dalla relazione con Lei, nasce un legame sempre più forte, fino a parlare della vita e dell’amore. Samantha condivide a sua volta con lui le nuove esperienze ed emozioni che sperimenta, imparando cose nuove e provando sensazioni sempre più complesse e profonde.
Come nelle chat erotiche, a cui Theodore ricorre frequentemente quando si sente solo, l’incorporeità di Samantha sembra facilitare il loro incontro, invece di ostacolarlo. La natura di Samantha è quella di mettersi del tutto a disposizione dell’altro, pronta a coglierne le più sottili sfumature: i bisogni, le emozioni, i sentimenti, le angosce. Diventa confidente e consigliera, lo rallegra con il suo umorismo, lo prende affettuosamente in giro, lo incoraggia, si complimenta con lui, lo sprona, non chiede mai nulla per sé.
Theodore si abbandona al piacere di farsi accudire, coccolare. Viene da chiedersi quanto questo sia distante e diverso dalla relazione con la ex-moglie quale appare dai ricordi: l’infelicità reciproca, i rimproveri, i bisogni incompresi ed inappagati, e quanto, inconsapevolmente, ci si aspetti dall’altro e come lo si odi se non appaga i nostri bisogni!
Il rapporto tra Theodore e Samantha diventa così sempre più intimo, fino a sfociare in una vera e propria relazione sensuale e d’amore. Si potrebbe però anche pensare che la relazione con Lei richiami lo scambio tra la voce di una madre e il suo bambino e la necessità del bambino di far sua la voce della mamma.
È da notare che il film si svolge quasi tutto dentro un appartamento che ha sullo sfondo i grattacieli di Los Angeles. Solo poche scene si svolgono all’aperto. In un mondo relazionale protetto il protagonista appare sempre più simile a un bambino. I primi piani fanno risaltare il volto e i grandi occhi (come l’omino dalla grossa testa del videogioco, rappresentazione di una parte infantile, di un sé piccolo).
Lei, la voce, come una musica, sembra dare inizio a una felice relazione con un buon oggetto che non è ancora percepito come tale. Pensiamo che avvenga un transfert di emozioni e sentimenti provati precedentemente nell’infanzia con le figure genitoriali. 
L’erotizzazione della voce (Di Benedetto 2000) avviene in quanto dal suo ascolto prende forma il piacere arcaico che il bambino prova nel cogliere i segnali acustici che preannunciano l’arrivo della madre, prima ancora di poterla vedere. L’immagine sonora della madre, a partire dalla vita intrauterina, precede quella tattile e visiva nella formazione del primo oggetto di relazione. La voce dell’altro ci avvolge e, dalla nascita in poi, la sensorialità consente lo sviluppo della soggettività e della mente.
Lei e Theodor, madre e bambino, formano una coppia che consente all’Io di Theodor di divenire soggetto, mentre si forma sempre più la presenza dell’altro e la sua separatezza. In questa coppia inscindibile si forma il primo nucleo del sé e dell’identità.
 Eppure poco alla volta è vitale separarsi, differenziarsi, anche se qualcosa dell’altro lo porteremo sempre dentro di noi.
Il suo amico Paul gli dice: “Ma tu sei donna! Hai una componente donna dentro di te”. Emerge una componente femminile materna.
Theodor si identifica in Lei?
In un primo momento si assiste a un dialogo di Theodor con sé stesso, ma tutto il film ci appare come una lettera d’amore.
Vi sono due momenti relazionali: il primo, più narcisistico, in cui Theodore parla con se stesso, il corpo dell’altro non c’è, non c’è ancora la consapevolezza dell’alterità; il secondo momento è caratterizzato dalla comparsa di un elemento di novità, Theodor vive una relazione nuova con qualcuno che lo cura e lo fa evolvere.
Il fatto che nel film non ci sia il corpo di Lei, ma che ci sia la voce, farebbe pensare a un rapporto con un oggetto interno (le voci di dentro), ma anche all’esperienza analitica in cui si sente la voce dell’analista, ma non lo si vede. Quando si cresce si abbandona l’illusione che l’altro ci garantisca di non farci male, di non farci soffrire, ma la vita, con la sua complessità e imprevedibilità, non risparmia nessuno.
 Samantha, in un’occasione inaspettata, rivela a Theodor di aver conosciuto un altro sistema operativo, modellato sul filosofo britannico Alan Watts, con il quale lei parla regolarmente. Theodor comincia a provare ansia e gelosia per la vita che lei vive on-line, sia mentre lui dorme che mentre stanno insieme. La scoperta della separatezza e della separazione è angosciante, il protagonista ha una crisi di panico quando Lei, la voce, scompare.
È il panico di un bambino per un distacco traumatico, come quando, vedendo la madre depressa, preso dal panico, le dice: “Aiutami mamma, mi sento morire”. La sua esistenza è nelle mani della madre, dell’amore di una madre che lo può tenere o lasciare cadere (Winnicott,1968). Quando Theodor scopre di non essere l’unico oggetto d’amore emerge lo sgomento, forse pensa: “ se non sei mia, con quanti sei in contatto…?”. Con dolore scopre che Lei ha un’infinità di altri rapporti che si moltiplicano continuamente. Scoperta dolorosa del terzo, altro paterno, con cui la madre ha una relazione? Scoperta che diviene però anche un’apertura alla propria soggettività e indipendenza.
Lui che scriveva per gli altri, che poteva dar voce ai propri sentimenti solo attraverso la vita degli altri, alla fine del film scrive e si rivolge con tenerezza alla moglie perduta, come se sentisse per la prima volta, empaticamente, la sofferenza di lei senza fastidio, senza rimprovero e pretese, come se per la prima volta le riconoscesse il diritto ad esistere ed essere se stessa, separata da lui.
La fine del film fa pensare a un mondo nuovo, una nuova possibilità: ai piedi di un grattacielo, alle prime luci dell’alba, Los Angeles si sveglia. Theodor e Amy, sua cara e vecchia amica, forse nuova compagna, stanno vicini in silenzio, commossi, e guardano la città sotto di loro. Due persone vere che sono pronte alla sfida di un incontro reale, dopo aver conosciuto la seduzione e l’irrealtà di incontrare sempre e solo se stessi nell’altro.

Febbraio 2015

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