Cultura e Società

“Past lives” di C. Song. Recensione di M. G. Gallo

11/03/24
“Past lives” di C. Song. Recensione di M. G. Gallo

Autore: Maria Grazia Gallo

Titolo: “Past lives”

Dati sul film: regia di Celine Song, USA, Italia,106’

Genere: drammatico

Celine Song, drammaturga di origini coreane emigrata in Canada e oggi residente negli  Stati Uniti, con questa sua prima prova alla regia sfiora il capolavoro: film candidato all’Oscar e attori protagonisti (Greta Lee e Teo Yoo) di eccelsa bravura.

La trama del film è l’autobiografia romanzata della regista e della sua storia, sottolineo, di statunitense d’adozione e di bambina che si separa dal suo amico del cuore, dell’infanzia e dal suo Paese d’origine, la Corea del Sud, dove “nessuno vince il Premio Nobel”.

Apparentemente è un film sull’amore, ma in realtà è qualcosa di molto di più: parla di cesure, nell’amore come nella vita, dell’esperienza di separazione, dell’emigrazione e del profondo sentimento di nostalgia, di alchimia di corrispondenze, d’infinite trame possibili di vita.

E’ un film fatto di sguardi, di profondi silenzi che parlano molto più delle parole, impregnato di un’atmosfera magica e intima in un fluttuare del tempo che ci fa vivere un’esperienza immersiva quasi come un flusso di coscienza.

Nella scena iniziale si annuncia il tema: due uomini e una donna sono seduti in un bar di New York e delle voci fuori campo s’interrogano sui loro possibili legami: chi sono, cosa li lega, quale passato o futuro e chi a chi. Per i coreani lo “in yunè la provvidenza intesa come destino in senso orientale, reincarnazione: le vite si sfiorano e gli incontri / le relazioni in questa vita non sono casuali ma hanno a che fare con le nostre vite passate (ottomila strati) che ne racchiudono il significato e l’evoluzione.

A questo punto noi spettatori rimaniamo con molti interrogativi e mentre il volto in primo piano della donna (Na Young) ci rivolge uno sguardo intenso, siamo catapultati spazio-temporalmente alla sua infanzia e adolescenza a Seoul, 24 anni prima.

Na Young e Hae Sung sono due ragazzini dodicenni, compagni di scuola e fidanzatini; Na Young da subito si rivela essere molto ambiziosa: non sa tollerare la frustrazione di perdere, piange sempre e Hae Sung è molto protettivo nei suoi confronti e la consola.

Il loro è un legame profondo e tenero come solo i legami di quel periodo sanno essere: fatto di giochi innocenti, di confidenze intime percorrendo tutti i giorni la stessa strada, di compagnia e di sorrisi complici e alla vita che è e che sarà.

Ma all’improvviso la loro strada insieme s’interrompe ed arriva ad un bivio: i genitori di Na Young decidono di trasferirsi in Canada; una separazione dolorosa tanto da essere indicibile; i due ragazzini si congederanno senza dirsi nulla prendendo due strade diverse: nella scena altamente metaforica quella di Na Young è tutta in salita.

Si tratta di lasciare andare il proprio passato, in questo caso anche l’amico del cuore e tutto quello che rappresenta, un’infanzia protetta e serena, ma che forse per Na Young non dà le stesse chances evolutive dell’emigrare: un salto emancipativo verso la terra promessa. Ma il salto è anche nell’ignoto, in ciò che è estraneo e straniero anche a noi stessi, è l’incontro con un paese “Altro”, con l’Altro diverso da noi. 

In fondo gli adolescenti stessi, come i due protagonisti, sono dei migranti alle prese con le sfide evolutive.

Ma questo è un film anche e soprattutto sull’emigrazione sia reale sia simbolica, di chi è alle prese con un percorso identitario; parla di sradicamento e di perdita, di estraniamento ma anche della necessità e possibilità di reinventarsi e di crescere senza negare il passato.

Trasferendosi, Na Young cambia i propri connotati identitari per “occidentalizzarsi”: si fa chiamare Nora, da Leonora, nome suggeritole dal padre.

  Hae Sung meno ambizioso di Nora, ma più capace di tollerare le frustrazioni e di stare a contatto con le proprie emozioni, sente forte il richiamo dell’amica del cuore e dell’infanzia, di quel desiderio frustrato di ritorno alla madre e al grembo materno, (Freud 1907, Ferenczi 1924) al luogo originario che è non solo la nostalgia. E’ lui che la cerca dodici anni dopo, attraverso i canali social e le permette di rimettersi in contatto con il passato, attraverso la nostalgia. 

Nostalgia deriva dal greco “nostos” ritorno ad un luogo familiare, ad una casa “psichica” diremmo noi psicoanalisti e da “algos” dolore quindi, ma legato al “processo”, al “movimento” di tornare verso casa.

Sono molto d’accordo con la lettura della nostalgia che ne fa L.Grassi (2015) e cioè che, per quanto riguarda il lavoro psichico, si troverebbe ad una posizione intermedia tra lutto e malinconia e ha “la specificità di voler conservare la relazione con l’oggetto perduto”, persona, paese o cultura (Spipedia 2015). In tal senso permette continuità e integrazione, ha potenzialità evolutive ed è una risorsa creativa.

Nora/Na Young, ora scrittrice in erba a New York e che aspira al Premio Pulitzer coglie, grazie all’amico, quest’occasione ma non la regge a lungo: i due si ritrovano e si frequentano con scambi intensi su Skype, ma Nora decide d’interrompere, chiede una pausa :“ho attraversato paesi e cambiato due volte città per diventare qualcuno e ora mi ritrovo a guardare i voli per Seoul per raggiungerti”. Proseguirà determinata il suo percorso di scrittrice e la ritroveremo in una residenza per artisti dove conosce Arthur, suo futuro marito. “In questa vita tu e Arthur avete gli ottomila strati di in yun” le dice Hae Sung seduto al bar newyorkese insieme a lei e al marito, nella scena (che ritorna) iniziale.

Non c’è risposta alle infinte possibilità del destino che ora intreccia corrispondenze di Nora con Arthur ma anche di Hae Sung, un coreano, con un ebreo statunitense, Arthur.

Entrambi gli ex fidanzatini hanno compiuto un percorso interiore evolutivo, che integra il passato nostalgico, con tutta la sua complessità, al presente.

Hae Sung può ora dire: “Tu per me sei quella che va; per Arthur sei quella che resta”.

Si congedano come quella volta, da ragazzini, immersi in un silenzio parlante, l’uno nello sguardo dell’altro, ma questa volta consapevolmente e definitivamente.

E Nora, finalmente, potrà ricontattare le sue emozioni e tornare a piangere tra le braccia accoglienti di Arthur.

Riferimenti bibliografici

De Micco, V., Grassi L. (a cura di) Trapiantare/tramandare legami e identificazioni nei transiti migratori in “Soggetti in transito. Etnopsicoanalisi e migrazioni”. Interazioni. Franco Angeli. Milano 1/2014

Ferenczi S. (1924). Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità. Opere. III

Freud S. (1907). Il poeta e la fantasia. O.S.F. 5.

Frigessi Castelnuovo D.Risso M.(1982) A mezza parete. Emigrazione, nostalgia, malattia mentale. Torino, Einaudi

Grassi L. “Nostalgia” Spipedia 2015

Mellina S. (1987) La nostalgia nella valigia. Venezia, Marsilio 

 

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