Cultura e Società

“Povere Creature!” di Y. Lanthimos. Recensione di S. Maestro

2/04/24
"Povere Creature" di Y. Lanthimos. Recensione di F. Barosi

Parole chiave: Desiderio, limite, sessualità

Autrice: Sandra Maestro

Titolo del film: “Povere Creature!” (Poor things)

Dati sul film: regia di Yorgos Lanthimos, USA, UK, Irlanda, 141′

Genere: commedia, grottesco

“Povere creature” mi è tornato in mente durante una seduta, mentre trattavamo con una paziente temi relativi alla differenza tra limite e confine, tra controllo e regolazione, tra impulso e desiderio .

Tratto dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray, il film narra l’estroso esperimento di un  famoso chirurgo, ormai vecchio e piuttosto malconcio , che innesta in una giovane donna morta suicida, il cervello del feto che ha in grembo, resuscitandola. Una scenografia fiabesca e oniroide introduce lo spettatore in paesaggi caratterizzati da prospettive da grandangolare, con immagini di città, case e palazzi, allungate ad occhio di pesce, con   sfondi in bianco e nero alternati a colori vividi e tinte accese. Al centro della trama le  vicissitudini della giovane creatura, Belle, allevata con amore paterno e iper-protettivo dal suo creatore, ma poi lasciata libera di seguire il suo desiderio di esplorazione e conoscenza del mondo. Il mix di grottesco ed ironia rende la visione del film molto gradevole ed avvincente malgrado la sua lunga durata. 

Ad una prima lettura si potrebbe dire che “Povere creature” rappresenta una risposta al femminile, a distanza di circa cinquanta anni, al film di Mel Brooks “Frankestein Junior” (1974). Generate dalla mente visionaria di scienziati genialoidi, entrambe le creature nascono selvagge e senza alcun controllo sugli istinti; nello sviluppo della trama,  andranno poi incontro ad una serie di mutamenti che ne modificheranno il   comportamento nel  rapporto tra “istinto” e “civiltà”. Nel film di Mel Brooks uttavia tale cambiamento è frutto di un nuovo esperimento, un trapianto nella mente della creatura di un po’ del cervello del suo creatore; al contrario in “Povere creature” la trasformazione di Belle avviene gradualmente attraverso un “apprendere dall’esperienza” (Bion 1972).  Un’altra differenza riguarda sicuramente lo stile dei due film, in Frankestein Junior l’ironia sconfina nella comicità, in “Povere Creature” con ironia e leggerezza il regista affronta tematiche fondamentali del nostro tempo.

La “rinascita” e le vicende di Belle ci pongono infatti di fronte ad una serie di questioni relative al femminile, al rapporto tra uomo e donna, al diritto della donna di considerare il  corpo un “proprio possesso” da gestire seguendo l’autonomia e l’indipendenza del desiderio. Ci sono a questo proposito molti ammiccamenti a Freud, alla centralità della sessualità come motore centrale della pulsione epistemofilica. Belle è curiosa, assetata di conoscenza, e le sue esplorazioni partono dal corpo, ma si estendono al corpo dell’altro/ degli altri, le sue domande sono dirette ed imbarazzanti, la sua visione del mondo,  ingenua e continuamente interrogante. Il discorso però non è mai banalizzato e sfiora con tatto e delicatezza diversi aspetti della condizione umana, la vecchiaia, il cinismo, l’ipocrisia. Nel film ci sono poi molti piccoli cammei, per esmpio la scena del ballo, o le tante altre piccole/povere creature che si aggirano nella casa dello scienziato che ne esaltano la creatività e l’originalità. Nella parte finale si rintraccia un’ allusione ad un altro  aspetto del femminile: nella scelta di Belle all’altare si ritrova infatti quel misto di impulsività, curiosità e fiducia — ma anche senso di colpa — che tante volte espone la donna al pericolo della violenza. In questo caso però c’è un lieto fine.

Ma torniamo alla mia associazione iniziale. Nel corso della seduta la paziente portava un conflitto relativo alla sessualità, interrogandosi sull’autenticità del suo desiderio di esplorazione, ma anche sui limiti da porsi. Riflettendo tra me e me sulla differenza tra il limite imposto dall’altro e il confine creato dall’autodeterminazione, mi è tornata in mente Belle. La selvaggia creatura delle prime scene, impacciata nel movimento, bulimica nell’alimentarsi, impulsiva e ingorda nel suo desiderio di piacere,  non sa parlare: sputa  le poche parole che riesce a pronunciare come pezzi di cibo indigesti. Tuttavia, mano a mano che la sua comprensione e conoscenza del mondo si amplia Belle cambia, il suo linguaggio si fa sempre più sofisticato e il suo appetito istintuale sembra spengersi. In un passaggio appare addirittura depressa e disamorata. Il rapporto tra mente e corpo, tra Io ed Es sembra servito su un piatto d’argento, più si fa strada l’intelletto più il soma rischia di spengersi. Il film sembra indicare tuttavia che la vicenda non si gioca tutta nell’intrapsichico e anche per Belle, come per ogni essere umano, le relazioni e il legami affettivi saranno fondamentali per ri-approdare ad un equilibrio soddisfacente e a nuove forme di auto-determinazione. Last but not least, le interpretazioni di tutto il cast sono  straordinarie, come confermato anche dal premio Oscar dato ad Emma Stone per migliore attrice protagonista!

Marzo 2024

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