Cultura e Società

Strappare lungo o bordi – Commento di P. Ferri

26/11/21
Strappare lungo o bordi - Commento di Paola Ferri

Autore: Paola Ferri

Titolo: “Strappare lungo o bordi”

Dati sulla serie : di Zerocalcare (Michele Rech), 6 episodi, Netflix, 2021

Genere: animazione

La prima cosa che viene in mente visionando su Netflix la mini serie “Strappare lungo i bordi”, sei episodi della durata di circa venti minuti l’uno, è che possiede il tempo della fruizione di un film, e la si può vedere tutta in una sola serata. Difficilmente si riesce a staccare da un prodotto così ben fatto, ben disegnato e intrigante.

Michele Rech, romano, trentasettenne, rappresenta via fumetto se stesso nella versione di Zerocalcare (il nickname si ispira al ritornello di uno spot televisivo su di un prodotto per la casa, appunto anti-calcare), che qui si accompagna agli amici Sarah e Secco, e a una ragazza che rappresenta il lato triste e discontinuo di sé e della vita, un amore impossibile e impraticabile: Alice.

Generalmente fumettista, Zerocalcare si sperimenta qui nel disegno animato: una volta scritto il singolo episodio, ha registrato la sua voce e quella di tutti i personaggi, su una traccia audio del suo cellulare, dando così il ritmo che desiderava al racconto. L’unica voce non sua è quella dell’Armadillo, animale sapiente che rappresenta la sua coscienza, una sorta di Grillo Parlante di collodiana memoria, ovvero di Valerio Mastandrea, un noto attore romano. La regia tecnica poi ne ha interpretato il senso narrativo in accordo con l’autore, tentando di rendere al meglio le emozioni trasmissibili attraverso i personaggi secondo il flusso di coscienza del protagonista.

E il risultato è molto buono. Il prodotto a mio parere è riuscito, e il messaggio da spavaldo e apparentemente confuso nell’inizio, diventa malinconico e  riflessivo nel finale.

Zerocalcare rappresenta se stesso, ma anche una generazione (i trentenni e i quarantenni di oggi) e pure, per certi versi, anche tutti noi: in un certo modo la vita, che sul finale dichiara essere “quella cosa che fa paura, ma che è anche bella”.

Direi che questo è il punto per chi si occupa di psicoanalisi: il senso della vita, il limite delle nostre azioni, la fatica e il piacere di vivere, la pigrizia e la paura; il rischio di caduta nel vuoto e di non riuscire a trovare una collocazione nell’universo, il rischio depressivo  che sempre ci galoppa accanto.

L’incipit del primo episodio è una scritta sul muro che recita “È inutile che vivi fuori se muori dentro”. E da lì si dipana la vita disperata ma anche piena di sorprese di tre ragazzi romani, alla ricerca di un impiego che non arriva mai, e quando arriva preferirebbero non averlo trovato tanto risulta loro monotono e orribile e purtroppo “così è come campano circa tre miliardi di persone al mondo”.

Zerocalcare cerca di trovare un percorso quasi lineare nell’esistenza, simile a un foglio da strappare lungo il bordo, ma questo non è mai possibile per “noi che non riusciremo mai a giocare nella squadra degli ordinari e dei gratificati“, in mezzo ad ansie e delusioni e al l’impossibilità di un amore che sembra essere non ricambiato per Alice; la quale è una fragile fanciulla che capita con un uomo sbagliato e cerca aiuto in Zerocalcare, ma non riesce a trasmettergli la richiesta disperata, o forse è lui che teme di deluderla, fraintendendo e arrendendosi prematuramente.

Secco è l’amico disilluso, il suo contraltare assolutamente privo di angosce, perché massimo semplificatore, il cui unico orizzonte sembra essere il fatto di andare a mangiare il gelato, mentre Sarah è la sintesi terza dei due amici maschi: complessa intelligente, speranzosa e ottimista, portatrice di messaggi di ricostruzione.

Mai arrendersi alla fine, anche se la vita è dura, se sei pieno di manie e di ansie di controllo, e ancora ti rifugi nel porto sicuro dei genitori, anche a quarant’anni (e pure più avanti, aggiungo io, se hai la fortuna di averli ancora). Trovo geniale l’affermazione che la mamma è il vero welfare del maschio italiano (ma credo anche della femmina), e che tutta la serie scorra intorno all’idea che non si scioglie mai il dilemma tra l’arrendersi alla passività della sopravvivenza, o il rilanciare ancora una volta, sperando di vivere una vita più intensa,  ricca di senso, percezione di cambiamento e novità.

Alla fine la vita vale la pena di essere vissuta, con una pausa dall’attività continua della coscienza, nella condivisione forse universale della bellezza del mondo.

Novembre 2021

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