Cultura e Società

La guerra e la gestione dei conflitti. Di G. Vandi

10/05/19

La guerra e la gestione dei conflitti: delicati equilibri tra Vesta e Mercurio

Di Gabriella Vandi

 

“La domanda è: c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? Vi è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli uomini in modo che diventino più capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della distruzione?”

(Einstein 1932, pagina 289 e 291)

 

Questi sono alcuni interrogativi che, nell’estate del 1932, Einstein pone a Freud.

Così risponde Freud, nel famoso carteggio tra i due, facendo riferimento alla sua dottrina delle pulsioni: “Se la propensione alla guerra è un prodotto della pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di questa pulsione: l’Eros. Tutto ciò che fa sorgere legami emotivi fra gli uomini deve agire contro la guerra. [……] Tutto ciò che provoca solidarietà significative tra gli uomini risveglia sentimenti comuni di questo genere, le identificazioni. Su di esse riposa in buona parte l’assetto della società umana” (1932, pagina 300).

Freud risponde, dunque, a Einstein rilevando l’importanza di costruire legami emotivi.

Il rapporto con l’altro diventa la chiave della possibilità di salvarci dalla tendenza alla distruttività.

Attraverso il legame con l’altro, l’adulto soccorritore di cui parla Freud nel 1895, il bambino può dare voce ai suoi bisogni primari e costruire sani modelli di identificazione utili per scambi sociali rispettosi e civili.

L’uomo nasce all’interno di una relazione. Senza la possibilità di identificarci in un altro non possiamo acquisire una solida e adeguata identità soggettiva.

L’altro diventa l’oggetto delle nostre identificazioni attraverso cui acquistiamo consapevolezza della nostra identità.

 

Perché la guerra? Che legame c’è tra le identificazioni e la guerra?

La guerra nasce da conflitti collettivi, non risolvibili attraverso il dialogo, dove l’io si pone in una contrapposizione irriducibile con l’altro. Questi due diversi poli io – l’altro possono dare vita a schieramenti opposti che alimentano ostilità e scontri: quando a prevalere sono le identificazioni esclusive su quelle inclusive (Bonelli, p.52) si alimenta una dicotomia radicale nemico/amico che pone l’accento sulla diversità piuttosto che sulla uguaglianza. Molte forme di discriminazione nascono da identificazioni esclusive, dove prevale il bisogno di escludere l’altro, considerato diverso e spaventoso: in poche parole il nemico.

Porre invece l’accento su ciò che accomuna, permette di riconoscere l’altro simile a me, pur nella sua diversità, ma con lo stesso valore e gli stessi diritti.

Quando prevale un’identificazione con l’altro di carattere inclusivo la diversità si attenua, l’altro appare più simile a me e anche il conflitto si riduce; quando domina, invece, una identificazione di carattere esclusivo si accentua la differenza con l’altro che può diventare il nemico da combattere.

 

Ma chi è questo nemico? Si tratta sempre e comunque di un nemico esterno?

Fornari s’interroga sulle cause della guerra, partendo dal pensiero di Freud che ne individua l’origine nella pulsione di morte, una pulsione distruttiva, interna all’uomo e spostata all’esterno.

Secondo Leonelli Langer,del pensiero di Fornari sulla guerra “è conosciuta principalmente la teorizzazione contenuta in “Psicoanalisi della guerra” del 1964, in cui la guerra è vista come risultato del meccanismo di elaborazione paranoica del lutto. Ma quale è il lutto che l’uomo non riesce ad accettare, l’angoscia che non può sopportare e che lo spinge a cercare un nemico esterno in cui mettere ogni male per liberarsene?(2014)”.

Per Fornari il lutto inaccettabile sarebbe quello del pensiero sulla propria morte, indissolubilmente intrecciato alla vita. Questo pensiero spaventoso e inaccettabile può produrre una scissione difensiva attraverso la quale tentiamo di espellere l’idea della morte, individuando un nemico esterno a noi da combattere e distruggere.

Tutto il bene e i sentimenti di vitalità sarebbero collocati, allora, nei propri oggetti di amore e tutto il male e la morte sarebbero proiettati in un nemico esterno.

Magherini, che riprende le parole di Fornari, ritiene che sia necessario “Spostare l’epicentro della guerra dall’esterno all’interno” prendendo consapevolezza che “la guerra non è ‘una strana congiuntura esterna agli uomini’, ma che appartiene loro, come ‘preciso modo di esprimere dei desideri inconsapevoli e di difendersi da ansie anch’esse inconsapevoli proprie di ogni individuo’, significa gettare le premesse per rifiutare la guerra, facendo tutt’uno e legando insieme il discorso delle radici psicologiche dei moventi dell’aggressività con i filamenti di un discorso sulle leggi, il discorso sui diritti” (Magherini, 1992, pagina 15-16).

 

La riflessione sulla guerra non può allora evitare di partire dall’esplorazione dell’animo umano: l’angoscia di morte che ci abita e la paura dell’altro, diverso da me e perturbante, come scrive Freud nel 1919.

La questione dell’altro come perturbante ci riporta al tema dei confini, in senso identitario e geografico, e anche a quello migratorio che può produrre esperienze traumatiche sia nelle persone che affrontano il viaggio in cerca di asilo, sia nelle persone che danno accoglienza allo straniero. Si tratta di un impatto traumatico con la diversità che riguarda entrambi, richiedente asilo e cittadino italiano: l’Altro da Sé, diverso per nazionalità, razza, religione, classe sociale, può produrre un sentimento di estraneità perturbante e originare sentimenti di evitamento e paura che alimentano pregiudizi atti a favorire identificazioni escludenti (loro, i nemici) piuttosto che identificazioni includenti (noi, gli amici).

Queste due polarità, escludente/includente, possono rappresentare due modalità nella gestione dei confini, sia identitari che geografici.

 

Sergio Benvenuto (2019) descrive queste due polarità attraverso due divinità antiche, greche e romane: “Estia ed Ermes, Vesta e Mercurio. Estia era il focolare, al centro della casa o della polis, radicato al suolo e immobile. Estia, dea vergine, non si muoveva mai, e corrispondeva al fuoco centrale della casa. Essa era il centro della famiglia o della città attorno a cui si organizzava il mondo sociale. Ermes al contrario era il dio del movimento, del cambiamento, del passaggio, del rapporto con gli altri[…].Estia era il cuore di una perennità familiare o cittadina, Ermes era il principio stesso del mutamento e dello scambio”.

Secondo questo autore, per i greci e per i latini le due divinità non erano nemiche e non rappresentavano due poli di un conflitto, ma due elementi che dovevano accordarsi e trovare un equilibrio tra loro. Ermes è il dio del cambiamento, del superamento di un confine verso l’incontro con l’altro da sé, ed Estia protegge i confini, il focolare, la casa e ciò che è familiare.

In Occidente, invece, i poli focolaristico e mercuriale (Ibidem), si sono trovati spesso in tensione, soprattutto in questo periodo dove si corre il rischio di uno scivolamento verso un polo focolarista, che rafforza esageratamente i confini.

Le due polarità non riguardano solo i confini geografici, di città o stati, ma anche quelli individuali: per Benvenuto si tratta di trovare un equilibrio tra una coraggiosa tendenza all’esplorazione e una difensiva predisposizione alla chiusura, dove la casa diventa una seconda pelle e ciò che è sconosciuto non può essere affrontato perché terrorizza.

Ciò è paragonabile a uno stato che chiude le frontiere per paura dell’invasione da parte dello straniero, di cui il richiedente asilo è rappresentante.

Se però, come accennato poco fa, il perturbante viene da dentro ed è in ognuno di noi, possiamo ben immaginare che questa modalità difensiva risulti inadeguata.

Chiudere i confini, in termini politici o identitari, non risolve il problema: ci si ritira dentro le frontiere del proprio stato o dentro le mura di casa ma la minaccia, il perturbante, fa capolino dall’interno.

Il persecutore, quello individuale o politico, varia con il tempo e prende le sembianze dell’ebreo o dell’emigrante di oggi: l’individuo sembra minacciato dall’altro, dal diverso da me. Le ideologie che Benvenuto (2019) chiama focolariste “si fondano sull’angoscia per l’Altro, nel senso che l’Altro è causa di angoscia. Il mondo esterno oltre i confini è considerato sostanzialmente persecutorio, ma un altro mondo esterno si infiltra anche al di dentro dei confini e del tessuto sociale, e minaccia di disgregare l’identità a cui il focolarista si aggrappa”.

Ogni organizzazione sociale dunque ha al centro un focolare e dei confini che proteggono questo focolare, ma, come sottolinea questo autore, c’è anche un’istanza mercuriale, grazie alla quale la società non si chiude difensivamente. La debolezza dell’identità, politica o individuale, porta a un’eccessiva chiusura focolarista, dove si assiste alla rinuncia dello slancio mercuriale e, sotto l’effetto di una percezione di inferiorità, sia la persona sia lo Stato rinunciano a fare esperienza dell’altro, con effetti di irrigidimento e povertà identitaria.

È necessario superare con coraggio la propria soglia focolarista per incontrare l’Altro, diverso da me, e arricchire in questo modo il viaggio della propria Vita.

Concludo con le parole di Jacques Brel che rappresentano un invito a intraprendere il Viaggio identitario, superando coraggiosamente i confini del proprio focolare.

 

 

Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato,
fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.

 

(Jacques Brel)

 

 

 

 

Bibliografia

 

Benvenuto (2019), Il confine tra Estia ed Hermes, presentato al Convegno di Studio dal titolo “Confini” organizzato da AIEMPR (Association Internationale d’Etudes Medico-Psychologiques et Religieuses), Angelicum Congress Centre, Roma, 9 febbraio 2019.

Bonelli, (2000). Appunti psicoanalitici sulla guerra. In: Psicoanalisi e pace, (a cura di Raffaele Dionigi), Società Editrice “Il Ponte Vecchio”.

Einstein, 30 luglio 1932, carteggio, OSF, volume 11.

Freud S. (1895), Progetto di una psicologia, OSF, vol. 2.

Freud, 1919, Il Perturbante O.S.F. 9

Freud, 1932, carteggio, OSF, volume 11.

Fornari F. (1966). Psicoanalisi della guerra, Feltrinelli, Milano.

Leonelli Langer (2014) Note per una rilettura del pensiero di Franco Fornari sulla guerra, SPIweb.

Magherini, Introduzione, Psicoanalisi e cultura di pace, Franco Fornari, ECP, 1992.

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