Cultura e Società

La lente di Freud, una galleria dell’inconscio

22/01/09

 

Per informazioni

Segreteria Santa Maria della Scala, Tel. +39 0577/224811 – 224830, Fax +39 0577/224829 infoscala@sms.comune.siena.it; www.santamariadellascala.com; www.mazzotta.it

Orario

tutti i giorni, compresi festivi 10,30 – 19,30

 

Introduzione di Giorgio Bedoni

{rokzoom album=|lente_freud| title=|Pieter Bruegel il Vecchio, 6 tavole dai Sette vizi capitali, 1558, incisioni a bulino, cm. 22,5×29,2 Pieter Bruegel il Vecchio, La battaglia dei borsellini e delle casseforti, 1568 c., incisione a bulino, cm. 23,6×30,4, (Bastelaer 146) |}images/lente_freud/1.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Giovanni Battista Piranesi, Carceri d’invenzione, 1745, acquaforte, serie di 16 incisioni, seconda edizione del 1761 c., Roma, con l’aggiunta di due tavole|}images/lente_freud/2.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Francisco Goya y Lucientes, Capricci (Caprichos), 1799, serie di 80 incisioni, Madrid, 1799. L’edizione esposta è la prima, l’unica tirata dall’artista medesimo|}images/lente_freud/3.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Max Klinger, Abbandonata (Verlassen), foglio 5, acquaforte e acquatinta in rosso – bruno, cm. 31,5 x 44,9 (Singer 131)|}images/lente_freud/4.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Alfred Kubin, Senza titolo (Eremita), 1906-08 c., tempera, cm. 38,2×34,5 |}images/lente_freud/5.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Richard Müller, Nudo in equilibrio (o Ballerina) (Balanceakt – auch “Tänzerin”), 1922, incisione su rame, cm. 28,7×38,5, cat. 118|}images/lente_freud/6.JPG{/rokzoom}{rokzoom album=|lente_freud| title=|Gorge Grosz George Grosz, La sorella di Borsig (Borsigs Schwester), 1923, china e acquarello, cm.- 46,1 x 32,2 |}images/lente_freud/7.JPG{/rokzoom}

Da quando Sigmund Freud dedicò una parte rilevante dei suoi scritti alla creatività, ai temi dell’illusione estetica e del simbolico, allo studio analitico di opere e autori, il dialogo tra arte e psicoanalisi è continuato ininterrotto, pur con alterna fortuna e intensità.

Un dialogo contrassegnato da una straordinaria produzione di osservazioni e ricerche che da Freud in avanti individua un paradosso fecondo: è oggi infatti diffusa la consapevolezza che malgrado questa grande produzione non si disponga di un sapere psicoanalitico sistematico sull’arte e sui processi creativi. Tutto questo è, per certi versi, un indubbio vantaggio, impedendo atteggiamenti semplificatori e posizioni riduzionistiche sull’ordine simbolico dell’opera e sull’autore stesso che di fatto verrebbero rinchiusi entro anguste griglie "psicologistiche".

L’intero corpus teorico freudiano, ovviamente non riducibile ai "soli" scritti sull’arte, ha storicamente suscitato un grande interesse negli artisti, in modo particolare in alcuni delle avanguardie del Novecento, individuando reciprocità e coincidenze, fraintendimenti e incomprensioni, producendo, tuttavia, congetture feconde in un campo di studi dichiaratamente transdisciplinare: si pensi, tra i molti, agli scritti di Karl Abraham e di Ernst Kris, di Marion Milner e di Donald Winnicott.

Sono esemplari, in questa prospettiva, gli studi novecenteschi sul sogno e l’illusione estetica, l’interesse degli artisti e degli storici per i temi del fantastico e del visionario in uno scenario oggi nuovo e aperto, pur nelle rispettive appartenenze, a suggestioni e a contaminazioni.

In questo contesto si colloca la mostra La lente di Freud. Una galleria dell’inconscio: "un viaggio" attraverso opere e artisti che hanno scandito autentici passaggi nella storia dell’arte e della cultura europea, come nel caso dell’itinerario dantesco di Bruegel, interprete della grande tradizione iconografica fiamminga, alle prese con "diavolerie" e curiosità dell’ignoto che, in altra forma, turberanno ancora i sonni e i sogni della ragione illuminista al tempo di Goya. In mostra, inoltre, le enigmatiche e visionarie "Carceri" di Giovanni Battista Piranesi e  l’intero ciclo dei "Capricci" di Goya, l’artista che seppe indagare il lato oscuro del grottesco sul finire di un secolo in profondo rivolgimento.

Alla sfera onirica, visionaria e veggente appartengono i lavori di Klinger e Kubin: In Klinger, come Kubin debitore del notturno goyesco, l’esperienza onirica è tutt’altro che occasione puramente estetica. Se in Kubin il sogno vive delle intuizioni del veggente, per Klinger questa dimensione assume funzioni decisamente strutturanti, contribuendo a definire il significato stesso  dell’esperienza.

Chiudono, infine, il percorso espositivo le opere di George Grosz, sorta di post-moderna Cassandra che ben comprese gli orrori e le desolazioni della sua epoca, ed i lavori del suo maestro, Richard Muller, erede e custode della tradizione incisoria germanica e del simbolismo mitteleuropeo.

 

 Una "Galleria" percorsa alla luce dello sguardo freudiano, con l’obiettivo di sollecitare commenti critici e ipotesi interpretative, di individuare suggestioni e coincidenze sul piano storico e culturale.

Se il sogno, come ricorda Freud, è la via regia per accedere al’inconscio, molte delle opere in mostra si aggirano, a vario titolo, attorno alla visibilità estetica dell’esperienza onirica, situandola in scenari personali, storici e culturali ben caratterizzati.

Tuttavia,se la notte si fa beffe dei suoi interpreti,inviando i propri messaggi all’esclusivo indirizzo di un destinatario che non li può intendere,il fruitore di questa "Galleria" coglierà di certo che di sogni pubblici si tratta:opere che, proiettate sulla scena dell’arte, indagano la raffigurabilità dei contenuti inconsci,attingendo alle sfere private degli autori e alle vicende storiche da loro attraversate.

Il tema del sogno,tuttavia,non esaurisce le suggestioni proposte dal percorso di questa "Galleria": la "Lente di Freud" pone,infatti,la questione, che non sfugge agli autori dei saggi,dei rapporti tra l’immaginario dell’artista e la cosiddetta rottura dell’ordine simbolico esemplificata nell’opera. Immaginario che interpella questioni di metodo,interrogando,dunque,il lettore sulla necessità di liberare l’opera da congetture psicologiche troppo stringenti o piuttosto avvertendoci che il lavoro dell’arte estende i confini dell’esperienza senza doversi affidare,per quanto possibile, a idee precostituite di verità. Si tratta,insomma,di fronte all’opera e all’autore, di non riesumare panni ormai dismessi,quali rigidi protocolli patografici o clichès ormai stantii,che vedono lo psicoanalista (e lo stesso psichiatra) come un funambolo intento a carpire supposti segreti del simbolico disponendo di uno strumentario "magico" e quasi illimitato. Uno stereotipo,questo,decisamente logoro,che non prevede quei limiti dell’interpretazione che lo stesso Freud si era posto,ad esempio nel saggio su "Dostoevskij e il parricidio",quando,lapidario,affermava come di fronte alla questione dell’opera e del’autore l’analisi deve saper deporre le armi.

L’immagine,dunque,non muore se ne rimane aperta la lettura,resistendo alle brume riduzioniste che la opacizzano offuscandone i diversi livelli osservativi, siano essi di origine storica, artistica e antropologica. Le stesse ipotesi interpretative si fondano sulla particolare natura dell’opera,polisemica indubbiamente,tanto da non poterne descrivere altro che i confini mobili e non le frontiere esatte.

"Dentro" questa "Galleria",l’arte non capitola di fronte all’inconscio,come sosteneva André Malraux,nemmeno diviene oggetto inutile per la comprensione e la clinica o piuttosto apologia di chissà quali follie letterarie.

Aldilà di funzioni "consolatorie" che molti,non a torto,le attribuiscono,davanti a nuovi orrori che avanzano,l’esperienza estetica è un dispositivo necessario per affacciarsi al mondo,in certi casi la materia stessa per acquisire le capacità potenziali di sentire e di pensare,come ben conosceva dal suo osservatorio clinico Donald Winnicott e come si sperimenta oggi nelle più favorevoli occasioni di utilizzo terapeutico dei linguaggi artistici.

Un’esperienza che, talvolta, illumina, rivelando meandri e recessi della propria vita psichica,a conferma di quanto la vicenda umana possa essere estesa.

Catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta con i saggi critici di:

 Giorgio Bedoni, La lente di Freud. Una galleria dell’inconscio

– Mauricio Abadi, Una chiave di lettura psicoanalitica per la Divina Commedia

– Simona Argentieri,Un sognatore a vita (Alfred Kubin)

– Francesco Barale, Tra sogno e musica. Klinger e Freud (Max Klinger)

– Giorgio Bedoni, La nebbia di nero rende più chiara l’aurora. I Capricci, una lente per Goya (Francisco Goya y Lucientes)

– Giuseppe Civitarese e Giovanni Foresti, La fragilità / brutalità del mondo nella vita e nell’opera di Groß / Grosz (George Grosz)

– Paola Golinelli, Vissi d’arte…": Richard Müller tra nuovi incubi e vecchie Accademie (Richard Müller)

– Fausto Petrella, Freud sogna Piranesi. Le Carceri di invenzione e l’altra scena della Città ideale (Giovan Battista Piranesi)

– Salomon Resnik, Bruegel e le sue "incisure". I graffi del sentire…(Peter Bruegel)

– Fausto Petrella, L’anamorfosi e la finzione del naturale. Nota su un artificio della rappresentazione nell’arte

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