Cultura e Società

“La teoria dei processi maturativi” di O. Dias. Recensione di D. D’Alessandro.

8/03/22
Winnicott, per restare in calda sintonia con la vera psicoanalisi.  D. D’Alessandro

La teoria dei processi maturativi di Winnicott

Winnicott, per restare in calda sintonia con la vera psicoanalisi

di Davide D’Alessandro

“Bisogna leggere e rileggere Winnicott!”, mi ripeteva un vecchio psicoanalista. Si fermava un attimo e aggiungeva: “Bisogna leggerlo e rileggerlo perché aveva intuito cose che altri non avevano intuito. Bisogna leggerlo e rileggerlo perché non sarà facile, andando avanti, ritrovarne un altro. La mente degli analisti sembra essersi ristretta, l’amore per lo studio non è quello di un tempo, la spazio per la ricerca si è assottigliato sempre di più. Non faccio altro che andare a caccia di qualche intuizione, di qualche saggio audace, ma trovo soltanto roba fritta e rifritta”.

Il vecchio psicoanalista se n’è andato, qualche anno fa, con la delusione addosso. Mi dispiace non potergli offrire un libro su Winnicott che l’editore FrancoAngeli ha appena mandato in libreria, un libro che gli sarebbe piaciuto perché affronta l’opera del grande pediatra e psicoanalista britannico da un’angolazione particolare.

“La teoria dei processi maturativi di Winnicott. Una lettura unitaria dell’opera winnicottiana” di Elsa Oliveira Dias, curato da Veronika Garms e Susanna Guida, con la presentazione di Anna Maria Nicolò, si sofferma sulla formazione intellettuale di Winnicott e sul dibattito con le aree correlate, sui concetti di base della teoria dei processi maturativi, sugli stadi primitivi, con riferimento alla dipendenza assoluta e sugli stadi della dipendenza e dell’indipendenza relative.

Scrive Nicolò: “Uno dei pregi rilevanti di questo volume è quello di individuare in modo unitario le sue teorie e in particolare le sue idee sui processi maturativi, descrivendo i vari stadi di questo sviluppo. Si rivela quindi un’opera utile per il clinico interessato al pensiero dello psicoanalista inglese, dato che permette di riconoscere l’unità interna di queste concezioni. La Dias, profonda conoscitrice di quest’opera, mette a confronto i numerosi autori che vi si sono ispirati, commentando con sincerità le differenti prese di posizione e mostrando quelli che sono, a suo avviso, i fraintendimenti o le conferme sull’opera dello psicoanalista inglese”.

L’aspetto cruciale, evidenziato dall’autrice è che, come studioso della natura umana, Winnicott “la concepisce in quanto essenzialmente temporale: ma nel cercare di descrivere gli stadi del processo maturativo, che si riferiscono a ciò che è strettamente personale nell’essere umano, Winnicott non può, tuttavia, accettare qualsiasi tipo di scienza, e certamente non accetta la scienza naturale alla quale Freud ha affiliato la propria psicoanalisi. Ciò che Winnicott rigetta nelle scienze umane sono i tentativi di costruire dei sistemi chiusi, o di ridurre la vita umana ad entità fisiche o a categorie quantificabili. Egli sa che una simile scienza elude il problema della natura umana, e tende a perdere la visione globale dell’essere umano”.

Per i lettori incuriositi dal pensiero winnicottiano, non posso non segnalare altri due libri, sempre da cogliere tra i tipi di FrancoAngeli: “Il linguaggio di Winnicott. Dizionario dei termini e dei concetti winnicottiani”, di Jan Abram, con l’introduzione di Vincenzo Bonaminio e la presentazione di Thomas Ogden, e “Leggere Winnicott”, a cura di Lesley Caldwell e Angela Joyce, con la prefazione di Helen Taylor Robinson.

È l’unico modo per non lasciar cadere nel vuoto la raccomandazione del vecchio psicoanalista ma, ancor di più, è l’unico modo per restare in calda sintonia con la vera psicoanalisi.

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