Cultura e Società

Marta Badoni (1938 – 2024) Un ricordo di D. Alessi e S. Nicasi

8/05/24

Marta Badoni (1938 – 2024) . Si ringrazia D. Alessi per l’uso dell’immagine

Un ricordo personale
Daniela Alessi

…Vi lascio, cose.
Il vostro mancarmi sia la melodia
che ora mi guida:
La schiena liberata dal peso
stia dritta in attesa
della più alta impresa.
Il bastarmi del poco e del niente che serve.
E il resto sia vuoto. Sia intesa
con tutto ciò che non pesa…

“Esercizio del trasloco” di Mariangela Gualtieri

Marta Badoni ci ha lasciato nelle prime ore della mattina di sabato 4 maggio.

A scrivere di lei mi aiuta la conoscenza della sua storia personale e professionale, vissute sempre in una connessione preziosa che ha reso autentico tutto il suo impegno.

Marta è stata una maestra della psicoanalisi clinica e teorica e una presenza importante nella Società Psicoanalitica Italiana. Guidata da un grande rigore etico, istituzionale e metapsicologico, ha saputo ‘far buon uso del tradimento’[1], che per lei ha significato potersi spingere un po’ più in là, superando rigidità non necessarie, guidata dalla sua essenza originale, coraggiosa e combattiva.

Con tenacia, forte dalle sua esperienza con René Henny a Losanna verso la fine degli anni 90 ha voluto e sostenuto il riconoscimento della psicoanalisi dei bambini in Italia, introducendo l’esperienza dell’Osservatorio al centro Milanese di psicoanalisi e il Perfezionamento bambini/adolescenti nel training nazionale.

Da Ginevra, partendo dall’insegnamento di Julian de Ajuriaguerra, ha portato a Pavia nel 1989[2] la modernità trasgressiva della Relaxation, un’estensione della psicoanalisi che consiste in un approccio umile e saggio al corpo per trattare le tracce di esperienze primarie, all’origine di aree di sofferenza mentale mute e in quanto tali non comunicabili verbalmente né rappresentabili.

Un’ attenzione a quello che c’è al di là e prima della parola, per incontrare sofferenze tanto attuali oggi.

Un analista che tocca, un analista toccante…

Il suo libro, uscito lo scorso anno per la cura preziosa di Stefania Nicasi e Alessia Fusilli De Camillis, è un saggio che approfondisce e arricchisce il pensiero psicanalitico in modo personale e originale  e leggerlo è rincontrarla ad ogni pagina per chi ha avuto, come scrive l’amica Florance Guignardnella presentazione dell’edizione francese[3], ‘le grand bonheur’ di avere imparato da lei,

Uno degli aspetti importanti del suo impegno è stato la formazione degli allievi. Marta ci si è dedicata con passione, pazienza e fermezza, e con la capacità di fare il tifo per chi sarebbe venuto dopo di lei, mollando davvero il testimone per permettergli di andare avanti, a volte anche dando qualche spintone a chi recalcitrava…

E’ stata una maestra affettuosamente esigente, e io le sono grata per la sua franchezza, come, sono sicura, lo sono tanti altri colleghi. Si imparava molto anche dalle sue critiche fulminanti, che, una volta passato l’avvilimento (e la preoccupava che non lo fossero troppo), diventavano il più delle volte uno sprone a pensare. Non troppo tempo fa alla mia protesta “tu però mi critichi sempre” ha risposto con il suo solito sorriso arguto e affettuoso “dovrai preoccuparti quando non lo farò più” .

L’ironia è una capacità in più, non indispensabile per un’analista, ma quando è illuminata dall’intelligenza e riscaldata dalla gentilezza come lo era in lei, è un dono per i pazienti e i colleghi.

Ora che so che ‘non lo farà più’, mi rendo conto di avere bisogno di tempo e di silenzio per abituarmi alla sua assenza, ma sento già che potrò contare sempre sulla sua compagnia.

Ha saputo insegnare a tanti di noi come si fa “a mettere le mani in pasta” all’interno di una stanza d’analisi, ascoltando attenta le parole e ancor prima l’atmosfera (la melodia, le stonature) che circolava tra il paziente e l’analista, sollecitandoci a prestare attenzione al nostro sentire ‘Il paziente si accorge quando tu senti le cose’.

Lavorando con lei  nel suo studio, sotto i platani di Lecco o nella mansarda di via Cosimo del Fante, nella sua bottega-laboratorio imparavamo i passaggi e gli ingredienti della cura.

Curiosa della vita, amava conoscere e assaggiare i luoghi, le persone e anche (molto!) i cibi buoni.

Ma senza fretta, avendo cura di dare a tutto l’attenzione e il tempo necessari.

Questa è in poche parole la ricchezza di Marta che ho sperimentato sulla mia pelle, per pochissimo tempo da paziente della Relaxation, poi rapidamente e saggiamente spedita altrove, per un lungo tempo come maestra e collega, da sempre come affetto speciale.

 Marta ha sempre avuto una grande cura delle persone che sono passate tra le sue mani, e un amore fortissimo per Mario e Andrea, i suoi figli, e Tommaso Leonardo e Sveva i suoi nipoti, e per la Kelly, autentico meticcio dell’Acropoli, che é stata a fianco del suo letto fino all’ultimo momento.

Ci ha lasciati una collega e amica che sapeva voler bene intensamente e aveva la capacità rara di permettere agli altri di volerle bene. Una corrente calda e forte di affetto l’ha circondata fino agli ultimi momenti della sua cattiva malattia, che ha affrontato con coraggio e consapevolezza, insegnando la vita anche nel commiato.


[1]Marta Badoni, Prendersi in gioco Raffaello Cortina 2023

[2]Congresso Internazionale  Il corpo tra piacere e realtà Pavia 1989

[3] Prefazione all’edizione francese di Prendersi in gioco, in corso di stesura

Marta Badoni con Florence Guignard e Anne Marie Sandler
Si ringrazia D.Alessi per l’uso dell’immagine

MARTA BADONI
Stefania Nicasi

Marta Badoni nasce a Lecco ultima di dodici figli, tutte femmine e un solo maschio che nel 1943 perde la vita in guerra: la sua morte getta un’ombra lunga sul destino delle sorelle. Due di loro si fanno suore, una scrive poesie restando sempre accanto al padre, una mette al mondo dodici figli, un’altra, Marta, sarà medico e analista. Il padre Giuseppe Riccardo Badoni si è sposato due volte: cinque figli dal primo matrimonio, sette dal secondo. Marta è la più piccola della seconda nidiata. Negli ultimi mesi della sua vita aveva ripreso a scrivere la storia familiare ordinandola in due parti: primo letto e secondo letto. Una storia privata, privatissima, riservata alla discendenza.

In questa complicata famiglia di industriali, agiata ma dedita al lavoro, tutti studiano e si preparano a una professione. Marta si laurea in medicina a Milano e appena sposata, nel 1966, si trasferisce con il marito a Losanna dove nascono i due figli Mario e Andrea Benuzzi. Viene dalla medicina interna e lavora all’Ospedale Cantonale di Losanna, ma presto si appassiona alla psichiatria e all’analisi infantile passando all’Office Médico Pédagogique (Servizio Universitario per Bambini e Adolescenti).

Si interessa alla Psicoterapia di rilassamento secondo de Ajuriaguerra e scopre, sotto la guida di Daisy de Saugy, che nell’essere toccati dal terapeuta si avvia un’esperienza composita in cui convergono comunanza e separatezza. Attenzione al bambino e attenzione al corpo, che si manifestano a Losanna, restano centrali e intrecciate nella pratica clinica e nella riflessione teorica degli anni a venire. Ma quando, nei primi anni Novanta, cerca di condividere questo suo interesse per il corpo con i colleghi analisti del Centro Milanese, viene guardata con benevola accondiscendenza: brava, ma con una piccola fissazione. Adesso che tutti parliamo del corpo come se non avessimo fatto altro da Freud in avanti, dovremmo ricordarci della pionieristica fissazione di Marta.

Tornata a Milano nel 1973, inizia la specialità in Neuropsichiatria Infantile e la conclude nel 1980 con una tesi sulla psicoterapia di rilassamento rivolta alle madri di bambini con handicap. Lavora con bambini e adolescenti, collabora con la Clinica di Neuropsichiatria Infantile di Pavia e inizia un’analisi con Tommaso Senise che presto deve interrompere. Negli anni tempestosi che seguono, cerca di formarsi come può: aiutata da un fiuto infallibile, partecipa ai seminari con Irma Pick e impara dagli incontri con Paul-Claude Racamier.

Riprende più tardi la formazione analitica con l’indimenticabile Renato Sigurtà. Nel 1989 consegue l’associatura, entra definitivamente nella SPI e nel Centro Milanese di Psicoanalisi. Conseguirà in seguito l’ordinariato e, nel 2004, le funzioni di Training.

Con il sostegno di Dario De Martis, allora Presidente del Centro Milanese, istituisce nel Centro un servizio clinico per i bambini. Nel 1993, sotto la presidenza di Giuseppe Di Chiara, nasce l’Osservatorio di Psicoanalisi Infantile grazie alla proposta di Marta Badoni, Nino Ferro, Magda Viola e Dina Vallino.

L’impegno profuso per la psicoanalisi infantile è incessante e porta i suoi frutti. Intorno al 2000, durante l’Esecutivo di Fausto Petrella – Marta Badoni è Segretario – si istituisce il Corso di perfezionamento nell’analisi di bambini e adolescenti che entra a far parte dell’Istituto nazionale del Training. Un passaggio complesso che recupera l’esperienza di Marta nel COCAP, l’organizzazione dell’IPA dedicata alla formazione per l’analisi di bambini e adolescenti. L’amicizia con Terttu Eskelinen de Folch, Direttore del COCAP, si approfondisce negli anni e conduce Marta a impegnarsi anche nella formazione bambini/adolescenti per l’Europa dell’Est.

Dopo essere stata Segretario nell’Esecutivo di Fausto Petrella (1997 – 2001), è Vice Presidente nell’Esecutivo di Stefano Bolognini (2013 – 2017).

Nel 2014 lascia lo studio di Milano, si stabilisce a Lecco nella casa paterna e si tuffa nell’archivio ricostruendo la storia della sua famiglia. Ne farà una mostra dal titolo Un archivio in-vita. Famiglia e lavoro nelle carte di Giuseppe Riccardo Badoni, ideata e curata con la nipote Francesca Brambilla.

Gradatamente l’attività clinica e l’impegno societario si alleggeriscono fino a concludersi lasciando più ampio spazio alla riflessione teorica e alla stesura di alcuni importanti lavori che confluiranno nel libro Prendersi in gioco. Una psicoanalista racconta, edito da Cortina nel 2023. Un libro testamentario, composto in lotta con il tempo dettato dalla malattia, dove la teoria e la tecnica si intrecciano alle storie: la storia della psicoanalisi infantile, la storia istituzionale, la storia di Marta, le storie dei pazienti.

Nell’estate 2023 Prendersi in gioco riceve il Premio Gradiva di Lavarone.

Marta Badoni muore a Lecco il 4 maggio 2024.

Un’amica che era stata a trovarla il 25 aprile, aveva commentato: “Lucida, ma alla fine. Vede cose che noi non vediamo”. Questa però era una dote naturale, spesso Marta vedeva “cose che noi non vediamo”. Per esempio, aveva visto la fine quando era ancora in salute, ma anziana, e si era messa il proposito di ritirarsi tempestivamente dalla professione per non lasciare i pazienti smarriti dalla morte dell’analista. A questo proposito aveva scritto un lavoro, ripubblicato in Psiche, 1, 2024 con il titolo Per oggi ci fermiamo qui. Aveva intuito, alla diagnosi, che la malattia ladra di ossigeno le avrebbe concesso pochi anni e si era sbrigata a finire il libro non volendolo lasciare incompiuto, anche lui a rischio di restare impreparato solo al mondo.

Negli ultimi giorni, in quel continuo tenere la mente in forma e al tempo stesso libera di fluttuare, aveva ripescato un ricordo infantile e il brano di una canzone di De André. Nel ricordo, il sagrestano spegne le candele una a una servendosi di un bastoncino con in cima un cappuccio: è un’immagine quieta aveva detto, meglio il cappuccio che la falce. La canzone le sembrava che dicesse più o meno così: “Ninetta mia a morire di maggio ci vuole tanto troppo coraggio”. A lei il coraggio non mancava: se ne è andata facendo in tempo a salutare tutti e a vedere dalla finestra i platani vestirsi di verde e le rose fiorire.

Si è fermata qui, ma non per sempre, per oggi.

Stefania Nicasi

Firenze 7 maggio 2024

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