Cultura e Società

“La voce di Else” a cura di R. Jaffè, M. de Coppi e C. Giraudi. Recensione di F. Salierno

20/06/22
Bozza automatica 36

La voce di Else. Dal monologo al dialogo tra psicoanalisi, teatro e letteratura

(a cura di) Ronny Jaffè, Marco de Coppi, Camilla Giraudi (Mimesis, 2022)

a cura di Flavia Salierno

Parole chiave: #Schnitzler, #Freud, #Else, #femminile

Signore e signori, ecco a voi, in scena, la psicoanalisi a teatro. Si apre il sipario, escono gli attori. E autori, anche, di questo ricco e approfondito libro che con entusiasmo e passione porta il lettore tra psicoanalisi, teatro e letteratura. Dando voce, come espresso dal titolo, proprio a La Signorina Else. Quella Else che Arthur Schnitzler ha reso protagonista della sua novella del 1924.

La ragazza diviene, quindi, il nodo centrale intorno a cui ruotano gli autori di questo testo. Da diverse angolazioni, non solo quello psicoanalitico. Ne parlano infatti anche il regista teatrale, Federico Tiezzi, e colei che si è occupata della traduzione, Renata Colorni, e Anna Piletti. La menzione speciale anche a Fausto Petrella, in suo ricordo, per il quale la dimensione teatrale aveva un valore altamente metaforico.

Else sembra spiare da dietro le quinte coloro i quali cosi egregiamente la descrivono parlandone. Ma mai sconfinando nella psicoanalisi applicata. Tentare di capire Else e il suo suicidio, infatti, in questo libro, non vuol dire dare una definizione diagnostica e sterile, ma rifletterci intorno. Gli attori-autori, parlano del teatro, nel teatro stesso, trasformando le loro parole come fossero quelle di un soggetto scritto a più voci.

La rappresentazione teatrale serve a mettere in scena, a rappresentare la sequela infinita dei vissuti inconsci, e, diversamente dal cinema, ha la possibilità della presenza fisica degli attori che rendono corporee quegli stessi vissuti.

Gli attori-autori, infatti, si muovono nelle stanze dell’Hotel Dolomiti di San Martino di Castrozza, dove Schnitzler ambientò il suo romanzo. Quella ragazza ne aveva sceso le scale per apparire nuda nella hall dell’albergo. L’intento è cercare di capire l’estremo grido di aiuto nell’atto di ribellione, verso la madre, che per salvare il marito in rovina non protegge la figlia, e verso il padre, che la “cede” ad un ricco ed anziano signore, il signor von Dorsday.

Gli autori si muovono tra Freud e Schnitzler nella Vienna fin de siècle, prendendo in esame il “caso clinico” Else, meravigliosamente descritto, anche se inventato, da Schnitzler, a confronto anche con Dora, celeberrimo, vero, caso clinico di Freud. “Freud scriveva casi clinici come racconti letterari e Schnitzler scriveva opere come casi clinici”. Contemporaneamente nello spazio e nel tempo.

Else e Dora si guardano reciprocamente in questo testo, poste una di fronte all’altra. Così come si scrutano Freud e Schnitzler attraverso le rispettive opere.

Le due ragazze appartengono a due mondi completamente diversi, dove è il corpo femminile ad essere protagonista. Quello che Freud in Dora solo intravede, e quello che Schnitlzer descrive con maestria nella sua splendida novella. In entrambe, la risposta emotiva di fronte ad un immaturo e pervertito presentarsi della proposta sessuale. In entrambe, l’uso del possesso del loro corpo e della loro mente.

Arthur Schnitzler usa il monologo interiore che si intona alle note di Robert Schumann, in una commistione di arte, musica e letteratura, descrivendo la realtà complessa del mondo femminile.

La riflessione, nel libro, rimane costantemente e coraggiosamente aperta, intorno a una ragazza che non accetta l’abuso, ma che lo denuncia a costo della sua stessa vita. 

Nei singoli uomini non si è verificata la benché minima trasformazione, non è accaduto altro se non che diverse inibizioni sono state spazzate via e che ogni specie di mascalzonate e furfanteria possono essere commesse oggi con un rischio relativamente minore, in ogni senso sia morale che materiale, di quanto non accadeva in passato. Inoltre si parla un po’ di più di cibo e di denaro”. Queste sono le parole di Arthur Schnitzler, nel 1924, nel descrivere la signorina Else. Parole che potremmo anche oggi usare nel raffigurare la sempre eterna lotta della dignità umana contro il potere del denaro. E nel dare voce a tutte quelle donne che, sotto gli occhi di chi non vuole vedere, o di chi ne ha l’obiettivo di sfruttamento, subiscono abusi e soprusi di ogni tipo.

Else, nata agli inizi del ‘900, potrebbe avere innumerevoli sorelle anche in questo secolo. Quante, infatti, le vite che, nella loro crescita e nel passaggio dall’età infantile a quella adulta, vengono bruscamente interrotte dal ricatto sessuale. La sessualità come merce di scambio ha l’età, infatti, dell’essere umano, così come l’esposizione all’abuso e alla sopraffazione dell’uomo sulla donna.

La realtà che si muove in questo romanzo e nel libro degli autori che intorno a questo si mobilita, è quella complessa e fragile del mondo e della sessualità femminili. Soprattutto quello che si dispiega a metà strada tra l’adolescenza e la maturità. E dove, per natura, l’emotività è irrefrenabile e ha bisogno dei confini e dell’appoggio della famiglia. Che invece molto spesso diviene il nemico acerrimo da combattere e di cui diffidare. E dove vige la confusione delle lingue.

Gli autori, dalle rispettive angolazioni, entrano nel mondo interrotto di una ragazza abusata, descrivendone il contesto e il momento storico. Ci sembra infatti di camminare con lei nelle strade e nella Vienna fin de siècle di quel particolare momento storico, così abilmente descritto in questo libro. E ci sembra di muoverci anche nei meandri emotivi di Else, con la sua vergogna e disperazione. La pudicizia si alterna alla disinibizione, come due facce della stessa medaglia.

Fino ad arrivare ad una Else morente sulle note del Carnaval di Schumann, che si dissolve lentamente con lo svanire della vita della giovane protagonista.

Il veleno, il Veronal, diviene il mezzo attraverso il quale Else può finalmente scegliere per se stessa, e per se stessa muore.

Cosa succede? È un coro?”, dice Else, “C’è anche l’organo? Anch’io canto. Ma che canto è? Tutti cantano. Anche i boschi, le montagne e le stelle. Non ho mai sentito la musica così bella  e non ho mai visto una notte così luminosa. Prendimi per mano papà. Voleremo insieme. Il mondo è bello quando si vola. No, non farmi il baciamano. Sono la tua bambina, papà. () Mi chiamano da unimmensa distanza! Cosa volete? Non svegliatemi, dormo così bene. Domattina. Sogno e volo. Volo, volo, volo, dormo e sogno, volo, non svegliatemi”.

Chiudete il sipario, nel pieno rispetto di chi ha fatto la sua scelta, seppur disperata. E lasciate Else, finalmente, libera di sognare.

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

"La Signorina Else": anatomia di un'anima per la regia di F. Tiezzi

Leggi tutto

Figure del femminile

Leggi tutto