Cultura e Società

Metamorfosi,prose scelte tra fabula ed essai.

16/11/08

 

Nel primo brano, ad esempio, Ginevra Bompiani descrive con apparente distacco e molto amore gli ultimi giorni di vita di un vecchio gatto, che con dignità e naturalezza attraversa la palude del passaggio alla morte dopo che la padrona ha rinunciato a soluzioni radicali e pulite. Al “silenzio profondo” del gatto sembra fare da contrappunto il silenzio dell’uomo-dio dell’ultimo brano, in cui la parola della divinità, affidata ad un uomo troppo timido, finisce per non essere comunicata all’umanità. L’uomo, che ripete impacciato “non ho niente da dire” rinuncia a farsi rappresentante del verbo divino sulla terra e ritorna ad un timido, ma anche salvifico silenzio, che lo risparmierà, forse, da un delirio conclamato. Meglio il silenzio, dunque : la parola, che sola distingue l’uomo dall’animale accomunandolo invece a dio, può essere infatti anche parola che inganna, ferisce, porta a perdizione : meglio senz’altro allora il silenzio animale ( come nel brano “L’uncino” dove un pesce parlante preferisce tornare muto dopo avere sperimentato il potere della parola ) .

Molto intenso è il racconto “La libellula” (tratto da L’amorosa avventura di una pelliccia e di un’armatura ,Sellerio, 2000) dove il trapasso fra l’animale e l’uomo si concretizza nella tenera e vitale bambina-pelliccia, che quasi non sa parlare, ma che preserva, in un mondo armato e disertificato, rappresentato dall’uomo-armatura, la possibilità di generare vita e di suscitare amore. Un po’ troppo costruiti, forse, i brani tratti da La specie del sonno (pubblicati nel 1975 per i tipi di Franco Maria Ricci con la prefazione di Italo Calvino) ,dove il tema dell’uomo-animale viene visto attraverso alcuni miti greci. Sempre in questo gruppo di brani, più vicini all’essai che alla fabula, per riprendere il sottotitolo, si colloca il lavoro “ Le narici di Dio”, che offre molti spunti da un punto di vista psicoanalitico: l’autrice disserta sulla differenza fra carne animale e carne umana prefigurando la genesi del simbolo: l’animale, infatti, conclude la Bompiani, viene incorporato come cibo o sacrificato sugli altari al posto dell’uomo e la carne animale “sta per” la carne umana. Il tema del silenzio diventa poi il tema del vuoto nella bella favola “E va bene” : il vuoto meccanico della ballerina del carillon che si scopre senz’anima quando capisce di essere solo costruita intorno ad una chiavetta che gira, può diventare il vuoto dell’attesa ed infine il vuoto buono (ed il silenzio buono) della leggerezza che permette di contemplare serenamente la terra da una mongolfiera insieme ad una persona amica dal nome emblematico di Uasò (uccello) .

Ed eccoci così tornati al mondo animale….. 

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

"Blues a Teheran" di G. Homayounpour in dialogo con "La casa del Mago" di E. Trevi. A cura di D. Scotto di Fasano

Leggi tutto

"Cento giorni che non torno" di V. Furlanetto. Recensione di N. Muscialini

Leggi tutto