Cultura e Società

La Repubblica, 15 luglio 2018 Chiamateci Adultescenti. Intervista a M. Ammaniti

19/07/18
La Repubblica, 15 luglio 2018 Chiamateci Adultescenti. Intervista a M. Ammaniti

Pablo Picasso, ritratto di Dora

La Repubblica  Robinson

15 Luglio 2018

Chiamateci Adultescenti 

Intervista a Massimo Ammaniti di Gabriele Di Donfrancesco

Introduzione: Che cosa è cambiato in questi ultimi decenni nell’allevamento e nell’educazione dei cuccioli  dell’uomo? Come fare il mestiere di genitore? E come sono cambiati i genitori? Il prof. Massimo Ammaniti, Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, una delle voci più autorevoli della Psicopatologia dell’età evolutiva, con poche immagini delinea la progressiva trasformazione identitaria del genitore dell’era postmoderna.(Maria Naccari Carlizzi)

 

la Repubblica

15 luglio 2018

Chiamateci Adultescenti

Intervista a Massimo Ammaniti di Gabriele Di Donfrancesco

Chiamateci Adultescenti

di Gabriele Di Donfrancesco

Venti anni fa c’erano Game Boy, Pokemon e Playstation e si temeva la crescita di una “generazione zombie”; oggi quei ragazzi cresciuti a pane e videogame si preoccupano dei loro figli stregati dallo smartphone.

Massimo Ammaniti, psicoanalista dell’età evolutiva, risponde tra una seduta con i pazienti e l’altra. All’autore di libri come Crescere con i figli e La famiglia adolescente chiediamo che cosa è cambiato in questi vent’anni.

«Oggi i confini generazionali che esistevano in passato si sono dissolti e i piccoli sono molto più inseriti nella vita dei genitori: condividono i loro segreti, i loro dialoghi, in una situazione di dipendenza».

E quindi?

«Si crea una sorta di adolescenza diffusa. Persino gli adulti diventano degli “adultescenti”, con il rischio che le varie fasi della vita perdano le loro necessarie distinzioni».

La tecnologia che ruolo gioca in questo processo?

«Importante. È un po’ come se i genitori si affidassero alla tecnica per farle svolgere una funzione sostitutiva. I genitori utilizzano i video per tranquillizzare i figli, ad esempio in macchina o ai pasti. Entro certi limiti può essere comprensibile. Ma lo sviluppo del pensiero simbolico e del linguaggio ne è certamente impoverito, e così lo scambio con i genitori».

Meglio narrare storie.

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