
S. Botticelli, Venere e Marte
Parole chiave: legami erotici, frustrazione, incomunicabilità, emancipazione femminile, violenza
Non è stata l’emancipazione femminile a favorire il progressivo distacco dei sessi tra i giovani, ma la sistematica dissoluzione dei legami erotici, affettivi, culturali, lavorativi, politici, solidali e conviviali, che un modello di sviluppo economico sregolato e selvaggio ha prodotto.
Perché uomini e donne sono così distanti.Sarantis Thanopulos. Huffpost 18 luglio 2025
Secondo una inchiesta condotta in 27 paesi europei, riportata dall’Economist, alla domanda “sei d’accordo che i diritti delle donne sono andati troppo oltre e minacciano le opportunità degli uomini” gli uomini della cosiddetta generazione Z (20-30 anni) hanno risposto affermativamente in percentuale significativamente superiore a quella degli uomini delle generazioni precedenti. In Cina nelle chat dei giovani maschi l’espressione “femminista puttana” è diventata frequente. Alla diffusione dei sentimenti antifemministi tra i giovani corrisponde un allontanamento tra i due sessi. La divaricazione non riguarda solo i legami erotici ma pure quelli amicali. Anche sul piano politico si sta verificando una separazione: le donne sono più sensibili dei maschi alle problematiche sociali e più vicine ai valori della democrazia.
Si pensa che il distanziamento tra i sessi che si diffonde tra i giovani sia dovuto all’emancipazione professionale delle donne (e al loro più elevato livello di preparazione), alla loro difficoltà di trovare uomini all’altezza del loro livello culturale e al ripiegamento difensivo degli uomini accompagnato da sentimenti di rancore e di rivalsa. Si è visto che nelle zone in cui aumenta la disoccupazione aumentano tra i giovani maschi l’ostilità contro le femministe e l’adesione alle idee della destra estrema.
In realtà la causa dell’incomprensione e dell’insofferenza reciproca è un’altra. Non è stata l’emancipazione femminile a favorire il progressivo distacco dei sessi tra i giovani. È stata la sistematica dissoluzione dei legami erotici, affettivi, culturali, lavorativi, politici, solidali e conviviali -che un modello di sviluppo economico sregolato e selvaggio (dominato dalla legge del più forte) ha prodotto- a divaricare le prospettive delle donne e degli uomini e a impoverire di emozioni e di pensiero le loro relazioni.
La deregulation totale, l’arbitrio come strumento di governo e lo strapotere dei più forti sui più deboli hanno creato una società performante: l’agire impersonale degli umani che fa di loro degli ingranaggi di una macchina collettiva, li esautora di una vita soggettivamente vissuta e, a lungo andare, minaccia la loro stessa sopravvivenza fisica. Questa società distrugge il tempo libero, la sedimentazione e l’elaborazione delle emozioni e dei pensieri, la conversazione (il dialogo che disloca lo sguardo in entrambi i conversanti senza imporre un punto di vista su un altro) e il senso della comunità (il nostro emozionarsi e comprenderci reciprocamente vivendo la nostra diversità in mezzo a quelle degli altri). Non è più una società patriarcale nel senso tradizionale del termine che reprime la sessualità femminile e restringe la vita delle donne nei limiti imposti dalla sua logica di autoconservazione (a volte più rigidi, a volte più flessibili). È una società di inclinazione totalitaria che si costituisce come antagonista del corpo erotico della donna, dissolvendo tutte le condizioni che consentono la sua libera espressione e realizzazione.
Quando si disattiva la sessualità femminile, perché dovrebbe essere sorprendente il fatto che l’incontro erotico diventi superficiale, nemico della profondità, tutto proteso alla ricerca di effetti eccitanti o calmanti? Se il far sesso si converte in droga o si percepisce come incognita da cui astenersi, perché il legame tra le donne e gli uomini dovrebbe miracolosamente mantenersi vivo e muoversi nel senso della parità e del reciproco rispetto? Gli uomini si aggrappano a una sessualità automatica, ripetitiva che gira a vuoto (aumentando la loro frustrazione e la loro violenza). Le donne sono costrette a rinunciare alla loro interiorità (o a sospenderla) trovando una magra consolazione nell’imitazione dell’efficacia performante maschile (un campo in cui esse possono, attivando la parte maschile di sé, ottenere risultati strabilianti) che le allontana dal loro modo di essere e di sentire e le rende infelici.
L’incomunicabilità erotica tra i due sessi che li porta a competere in un territorio neutro sul piano dei desideri e dei sentimenti (la natura nascosta del patriarcato, il “nuovo che avanza” oggi), aumenta la violenza e il consenso all’autoritarismo. Danneggia gli uomini convertendoli in caricature di sé stessi: che cosa è un essere umano sul piano del desiderio se l’oggetto desiderato è sempre più mortificato sul piano della sua libertà erotica o è percepito come minaccia? Danneggia le donne perché le spinge a tradire la loro intima natura anarchica, libera dalle convenzioni normative, e non dà loro in cambio un potere effettivo (questo resta saldamente in tutto il mondo in mani maschili).
Il capovolgimento silenzioso della prospettiva di una riforma femminile della civiltà (oggetto di resistenza forte radicata nel falso senso di sicurezza che ispirano i sistemi consolidati di potere) in una diluizione della diversità della donna, trova una sua espressione indiretta, ma molto insidiosa, nello spostamento dello sguardo dalla violenza nei confronti delle donne ai conflitti all’interno delle coppie. Si usano le dispute legali sull’affidamento dei minori come prova di una violenza da parte delle donne contro gli uomini. Queste dispute, complesse nella loro configurazione psicologica (che andrebbe valutata con molta cura caso per caso e non lasciata all’inventiva dei legali) sono la manifestazione di un malessere della relazione coniugale, sempre più diffuso e pernicioso, che vede la madre aggrapparsi ai figli e al suo ruolo materno (quando la donna in lei cede allo sconforto) e il padre (poco convinto del suo ruolo reale e in soggezione “filiale” verso la maternità) appellarsi alla sua legittimità formale.
È mistificante confondere l’infelicità coniugale e genitoriale con la violenza della società patriarcale contro le donne che spesso prende la strada della grave violenza fisica, individuale e gruppale, arrivando al femminicidio. Questa violenza avvelena la nostra salute psichica e scardina le nostre relazioni. L’incapacità di trasformare radicalmente in senso non patriarcale la società ci mette nella posizione del “cane che si morde la coda”. Le donne sono sole e non si può confidare all’infinito sulla loro resistenza. Gli uomini si schermano dietro i “difetti” delle loro donne (madri, donne, amanti). Si liberino, se vogliono restare vivi emotivamente e mentalmente (e non vivere come morti viventi), del loro violento vantaggio sociale sull’oggetto amato; si affidino al gioco dell’intesa con il conflitto che, nella buona e nella cattiva sorte, regola il destino dell’amore.