Cultura e Società

Moataz Nasr

31/07/13

 

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l lavoro dell’artista egiziano Moataz Nasr. Ciò che appare come un elegante giardino, un geometrico labirinto d’erba, è l’esplosione di un grido in calligrafia Kufi: “Il popolo vuole la caduta del regime”. Questa immagine documenta un lavoro site-specific dell’artista egiziano Moataz Nasr. Ciò che appare come un elegante giardino, un geometrico labirinto d’erba, è l’esplosione di un grido in calligrafia Kufi: “Il popolo vuole la caduta del regime”.

Nei drammatici giorni della Primavera Araba, queste parole erano lo slogan martellante che risuonava in Piazza Tahrir, e l’artista egiziano Moataz Nasr  era lì a scandirle insieme ai suoi concittadini che si ribellavano al “faraone” Mubarak.
L’attenzione ai temi sociali e politici è ricorrente in tutta la produzione di Nasr, in quanto egli sostiene che come persona  come artista non è possibile astrarsi da ciò che accade intorno e che segna l’esistenza individuale e collettiva. Lo sguardo e la sensibilità che si aprono al dolore, alla mortificazione, al bisogno di cambiamento dell’essere umano, fondano la spinta creativa di Moataz Nasr. Nato nel 1961 ad Alessandria d’Egitto e trasferitosi al Caio, Nasr è tra gli artisti arabi più affermati sulla scena contemporanea internazionale; ha dedicato numerosi lavori alla folla di piazza Tahrir, che è stata coraggiosa protagonista di una svolta epocale nella storia dl suo paese.
Il labirinto di The Maze – prodotto nel 2011 e da allora già ospitato in Francia e in Svezia – mi sembra proporre un altro elemento che a mio avviso è centrale nella poetica e nell’ispirazione dell’artista: l’importanza della parola. Al di là della contingenza, The Maze sembra suggerire che la messa in parola, il trovare “le parole per dirlo” – il dolore, la rabbia, la ribellione, la gioia, il desiderio – significa poter individuare una via d’uscita dai labirinti mentali, culturali, sociali e politici che disorientano e confondono la percezione della propria verità e della propria collocazione nel mondo. Conquistare la libertà di dare voce a ciò che esita nel cuore e nella mente significa poter trasformare il senso di coartazione ed imprigionamento – la disperata coazione a ripercorrere gli stessi sentieri senza uscita – in una esperienza di libertà e vitalità fisica e mentale, una sorta di pienezza del sentire dei sensi e dello spirito che lo spazio del giardino ha sempre simbolicamente rappresentato.
In più, mi sembra significativa la scelta dei caratteri calligrafici Kufi per dare corpo alle parole che incarnano la ribellione. È come se la rivolta dovesse essere non cieca distruzione del passato e delle origini, ma ripensamento critico di una eredità da utilizzare per ridare linfa al presente. In molto altri lavori di Nasr compre la calligrafia Kufi – al contempo strumento di trasmissione di un antico sapere, ed elegante segno grafico – con cui prendono forma non solo parole, ma anche mappe di territori, animali simbolicamente associati al potere, patterns tradizionali, tracciati con modernissimi neon luminosi o con migliaia di fiammiferi pronti a prendere fuoco.
Parole, passato e presente intrecciano la trama della storia collettiva. Ma anche di quella individuale. C’è un lavoro dell’artista egiziano che è coraggiosa e toccante testimonianza di una privata vicenda autobiografica: si tratta di un video, (Father and Son,2004)in cui con pudore e rispetto per i sentimenti e le emozioni in gioco, egli condensa in una quindicina di minuti di montaggio un lungo incontro/confronto con il padre. Nasr rivolge domande scomodo a dolorose a quel padre con cui non c’è mai stato dialogo, gli chiede ragione della propria solitudine di bambino, di ciò che di incomprensibile e di non detto raggelava le dinamiche familiari. Tuttavia sofferenza e dolore si possono trasformare. In Tears (2004) – un’istallazione di cristallo, suoni, acqua – delle lacrime di vetro trasparente sembrano cadere dal soffitto, formando come piccole pozze d’acqua sul pavimento: il pianto si trasforma in prezioso liquido che può placare la sete, e rianimare dall’aridità del deserto-
Artista scomodo al regime del suo paese e occhiutamente tollerato, la liberazione a cui guarda Moataz Nasr è calata nella realtà, non è mistica o trascendente. Tuttavia essa passa per lui anche attraverso una presa di coscienza e un cambiamento interiore che assume come valori fondamentali la compassione, il rispetto, l’amore per l’altro, secondo i principi dell’antico filosofo Sufi Ibn Arabi che per Nasr sono fonte di ispirazione per la sua vita e il suo lavoro. Nessuna autorità politica o religiosa può arrogarsi il potere di controllare la mente e la vita degli individui, sostiene l’artista, e la religione, che dovrebbe essere legame d’amore tra gli uomini, apertura dell’altro e collaborazione costruttiva, troppo spesso è stata usata come strumento di potere e sopraffazione. In The Towers (2011) architetture rappresentative delle diverso religioni appaiono collocate l’una accanto all’altra, e al posto dei simboli distintivi di ciascuna fede, in cima ad ogni costruzione Nasr ha collocato la calligrafia della parola “amore”, valore universale che annulla le differenze. The Towers rende in forma plastica e visiva i versi di una poesia di Ibn Arabi: 

Il mio cuore può prendere ogni forma:
Farsi pascolo per gazzelle,
Convento per i monaci,
Tempio per gli idoli,
Ka’ba per il pellegrino,
Tavole della Torah,
E libri del Corano. 

La mia religione è l’amore;
Ovunque si dirigano le sue carovane,
Là è il mio credo,
Là la mia fede. 

–   Moataz Nasr è attualmente presente in Italia in una collettiva al MAXXI, The sea is my land, che fino al 29 settembre 2013 riunisce 22 artisti intorno al tema del dialogo tra popoli diversi che si affacciano sul Mediterraneo. La Galleria Continua di San Gimignano gli ha dedicato una personale nei primi mesi del 2013, e ai primi di Giugno Moataz Nasr ha trascorso alcuni giorni tra Pisa e Santa Croce sull’Arno nell’ambito di un progetto da realizzarsi nei prossimi mesi, promosso dai due Comuni toscani con la collaborazione della Continua.
–   Le immagini sono gentilmente fornite da Galleria Continua di San Gemignano/ Beijing / Le Moulin, che ne detiene tutti i diritti www.galleriacontinua.com. Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin 2013.

 

The Maze (The People Want the Fall of the Regime)2011,disegno sufi su prato. Site-specific project, Jardin des Tuileries, Parigi, 18 23 ottobre 2011 28x28m
Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin

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Father and Son 2004
 video
14’, loop
Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin.

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Lacrime/Tears 2004 
cristallo, suono, acqua
suono in collaborazione con Fa Ventilato
dimensioni ambiente. Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin. Courtesy: Associazione Arte Continua, San Gimignano, Italy (2004)

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The Towers of Love, 2011,7 torri; 2 in terra refrattaria, 1 in ferro, 1 in bronzo, 1 in legno, 2 in cristallo
terra refrattaria: 175 x 49 x 49 cm; ferro: 192 x 28 x 28 cm; bronzo: 190 x 35 x 35 cm; cristallo: 173 x 33 x 33 cm; cristallo: 212 x 41 x 41 cm; terra refrattaria: 172 x 38 x 38 cm; legno: 155 x 89 x 69 cm. Courtesy: GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Le Moulin

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