
Parole chiave: Ilusione, Autogratificazione sensoriale, Abuso, Dipendenza
NO SMARTPHONE
COME PROTEGGERE LA MENTE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI
di Franco De Masi
Piemme 2025
Recensione di Alessandra Furin
Il libro “NO Smartphone. Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti”, pubblicato il 3 giugno 2025, è una riflessione profonda e critica sull’impatto dell’uso eccessivo degli smartphone sulla salute mentale dei più giovani. Franco De Masi ci guida nella complessità di una realtà in cui la tecnologia gioca un ruolo centrale nelle vite degli adolescenti, mettendo in luce i rischi e le insidie che ne derivano.
“NO Smartphone” si propone come un importante strumento di riflessione e guida per genitori, educatori e ragazzi, in un’epoca caratterizzata da continui cambiamenti e sfide globali. L’autore offre anche raccomandazioni pratiche per genitori e educatori, suggerendo di limitare l’accesso dei più piccoli a dispositivi senza l’ingresso sui social, incoraggiando l’uso di cellulari semplici e creando spazi per una comunicazione autentica. Insiste quindi sull’importanza della presenza di adulti capaci di mediare e guidare i giovani in un uso responsabile della tecnologia.
Il libro si compone di quattro sezioni principali: *L’incanto della tecnologia*, *Normalità e patologia nella rete*, *Un mondo alternativo*, e *Verso un futuro responsabile*. Ognuna di queste parti esplora in modo critico come l’interazione con il mondo virtuale possa disturbare lo sviluppo psichico ed emotivo dei bambini e degli adolescenti, inebriati dal fascino e dal potere che lo smartphone ha sulla loro psiche.
Lo smartphone viene regalato sovente in occasione della prima comunione, come se fosse una sorta di rito di passaggio, simbolicamente l’ingresso in un’età “social-e”. Ha sicuramente dei vantaggi: garantisce informazioni in tempo reale in un ambiente potenzialmente infinito e ci connette alla polis, in un qui e ora senza confini, illudendoci a volte di conoscere il mondo anche senza averlo sperimentato e scoperto davvero e di persona.
Al fascino dell’infinita offerta si può incorrere nel rischio che lo smartphone diventi uno strumento invasivo, costituendo una finestra sempre aperta sul mondo virtuale. Fornendoci tutte queste gratificazioni, può creare facilmente una dipendenza, diventando da strumento di comunicazione a strumento di isolamento, in quanto si sostituisce alle relazioni con il mondo che ci circonda.
Di fatto i social media hanno troppo spesso favorito un processo di perversione della comunicazione, radunando nelle loro piattaforme persone bisognose di conferme narcisistiche e di approvazione, passando dal dialogo all’esibizione. Se TikTok, Instagram, Facebook, Snapchat e YouTube sono strumenti inizialmente ideati per connettersi con gli altri e condividere post, immagini e istantanee di vita, col tempo e per alcuni soggetti sono diventati soltanto mondi in cui appartenere per forza per non sentirsi esclusi, diversi e isolati. Negli ultimi anni si è aperta una causa legale contro questi social network, accusati di essere responsabili di un aumento dei problemi di salute mentale tra i giovani. Vengono elencati rischi come il calo del rendimento scolastico, la depressione e addirittura l’istigazione al suicidio.
Ma in quale misura l’abuso di questi strumenti può creare effetti negativi sullo sviluppo emotivo e relazionale, senza alcuna nostra consapevolezza? Dalla nostra esperienza clinica emerge che questo fenomeno si è accentuato durante la pandemia di Covid-19, in cui alcuni adolescenti, già portati ad un ritiro psichico e ad abusare della rete come una difesa dal disagio, si sono immersi nel mondo virtuale dello smartphone, perdendo progressivamente il contatto con i coetanei e la realtà esterna. La pandemia, imponendo un necessario isolamento sociale, ha così aggravato il loro ritiro.
Lo smartphone per i giovani più vulnerabili può facilmente diventare una via di fuga per allontanarsi dalle frustrazioni, dalla solitudine e dalla noia. Quando l’isolamento diventa patologico e continuativo si parla del fenomeno di Hikikomori, nome coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saitō per riferirsi a quegli adolescenti che si ritirano completamente dalla società e stanno sempre davanti al computer o allo smartphone, che diventa una calamita che attrae e cancella il resto del mondo e la vita stessa.
La realtà virtuale è così seducente perché si presenta come un mondo stimolante e alternativo a quello reale; è una realtà sensoriale che appaga superficialmente i sensi in modo immediato, ma non arricchisce la realtà psichica, perché inibisce lo sviluppo della creatività. Tutto questo può non solo ostacolare la crescita emotiva, ma anche la formazione di un’identità personale solida e la consapevolezza di sé.
Come De Masi (2023) ci ricorda “Jean Baudrillard (1999) ritiene che il mondo virtuale tende a far scomparire la realtà, ma più ancora le illusioni, intese come parte integrante dell’organizzazione simbolica del mondo. Il pericolo minaccia l’universo reale, pieno di contraddizioni e conflitti, ma anche animato dal desiderio, dalla speranza e dagli sviluppi imprevedibili che caratterizzano l’esperienza umana” (p. 150).
Si parla di dipendenza da smartphone, o da altri dispositivi analoghi, quando l’uso è compulsivo e può portare a un’alterazione del funzionamento mentale, alla distrazione, alla trascuratezza dei compiti principali della vita e all’isolamento sociale. I segni tipici della dipendenza da internet sono la difficoltà di portare a termine le attività quotidiane, le ridotte prestazioni scolastiche, gli stati di euforia, l’isolamento da amici e familiari e, infine, la perdita totale della cognizione del tempo. Tale dipendenza non è solo un problema personale, ma un sintomo di più ampia portata, spesso legato a dinamiche familiari e sociali complesse.
Questa dipendenza viene chiamata «nomofobia», termine derivante dall’espressione inglese «No Mobile Phobia» e indica il panico di non avere con sé il cellulare, vissuto come un mezzo insostituibile. La nomofobia è anche conosciuta come «sindrome da disconnessione» e si manifesta con un’ansia eccessiva quando si dimentica il telefono, lo si perde, si scarica la batteria o non c’è campo. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR) dell’American Psychiatric Association ha riconosciuto la gravità di questo disturbo, definendolo come abuso della rete telematica (o Internet Addiction Disorder, IAD) e lo ha inserito nella sezione dedicata alle «condizioni che necessitano di ulteriori studi». La dipendenza dal mondo virtuale, pur avendo analogie con quella delle droghe, si differenzia per un elemento significativo: mentre nella tossicomania la sostanza proviene dall’esterno, nella dipendenza dai media è il cervello stesso che la produce.
Che significato assume la sessualità quando ha come stimolo il mezzo informatico? Si tratta di una modalità simile alla perversione, o bisogna creare una categoria nuova e specifica? Nella rete scompare l’interesse affettivo e la cura per l’oggetto d’amore e si cerca solo il piacere personale e l’auto-gratificazione sensoriale. Non essendoci un contatto fisico vero e proprio, la vista assume una funzione essenziale e stimola il voyeurismo, in cui l’eccitamento nasce dall’identificarsi con il piacere sperimentato da altri. Nel cybersex le persone utilizzano parole e immagini per eccitarsi e arrivare al piacere, in questo modo viene meno il piacere dell’incontro reale e tutto rimane ad un livello concreto e superficiale. Si tratta di una sessualità totalmente all’insegna dell’esibizionismo e dell’eccitamento, che esclude gli elementi affettivi che accompagnano il desiderio amoroso e la cura per il piacere proprio e dell’altro.
È importante evidenziare che il piacere della realtà virtuale deriva anche dal poter diventare quello che si vuole. Dal poter essere altro da sé deriva un senso esaltante di piacere, di libertà e di onnipotenza.
De Masi scrive che se volessimo esprimerci con una metafora, internet potrebbe essere vista come una città in cui, invece di esserci uffici, esercizi commerciali, cinema e biblioteche, ci fossero solo negozi pornografici o case da gioco aperte a tutti i cittadini. In rete le biblioteche esistono ancora, così come i teatri e i cinema, ma sono stati collocati in vicoli laterali poco frequentati e con insegne poco luminose.
A chi spetta il compito di organizzare e pianificare meglio questa città in modo che i luoghi socialmente e culturalmente utili abbiano altrettanta visibilità?
In fine…”NO Smartphone” non è solo un avvertimento sui pericoli dell’uso smodato della tecnologia, ma una chiamata all’azione per adulti e giovani affinché si costruisca un futuro in cui il mondo digitale e quello reale possano coesistere senza compromettere lo sviluppo della mente e delle relazioni umane. La comprensione e l’educazione al consumo consapevole degli smartphone possono diventare strumenti per prevenire il rischio di una generazione sempre più disconnessa dalla realtà e dalle relazioni autentiche.
Bibliografia
De Masi F. (2023), Oltre l’inconscio dinamico: pensieri per una psicoanalisi in sviluppo, Bollati Boringhieri