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“La Libertà” – Dresda, 4-6 aprile 2025 Report dal Convegno di A. Sorce

23/04/25
38^ Conferenza annuale FEP – FREEDOM, Dresda 04-06 aprile 2025

Parole chiave: Libertà; Odio; Simbolico; Ideale dell’Io; Inconscio; Rappresentazione

“La Libertà” – Dresda, 4–6 aprile 2025 Report dal Convegno

Di Antonino Sorce (1)

Abstract

Il 38° Congresso della Federazione Europea di Psicoanalisi, tenutosi a Dresda (4–6 aprile 2025), ha esplorato in profondità il concetto di libertà alla luce delle attuali crisi sociopolitiche e delle dinamiche dell’inconscio. Intesa come funzione psichica da costruire, la libertà è stata indagata attraverso contributi teorico-clinici di rilievo. Laurence Kahn ha evidenziato i rischi insiti nelle derive ideologiche della libertà, approfondendo la relazione tra concetti quali l’odio, la regressione al motorio, la sottomissione all’Ideale dell’Io e il regime allucinatorio; Bernd Nissen ha proposto una prospettiva metapsicologica fondata sulla simbolizzazione e sulla relazione analitica come luogo generativo della libertà. I pre-congress panels hanno introdotto riflessioni sul digitale e sulla trasformazione dell’esperienza soggettiva. La città di Dresda, segnata dalla storia, ha offerto una cornice simbolicamente pregnante. Il congresso ha riaffermato la funzione della psicoanalisi come spazio capace di pensiero, rappresentazione e trasformazione.

Report dal Convegno “La Libertà” – Dresda, 4–6 aprile 2025


Il 38° Congresso della Federazione Europea di Psicoanalisi si è aperto con alcune domande cruciali: che cosa può dire oggi la psicoanalisi sulla libertà? Qual è il suo rapporto con l’inconscio? E cosa significa “libertà” nella clinica e nella teoria psicoanalitica?

In un tempo attraversato da regressioni collettive, derive autoritarie e “identitarismi”, la libertà non può essere pensata solo come un diritto, ma anche come una funzione psichica fragile, mai garantita.

Queste le parole con cui Jan Abraham introduce il tema del congresso di quest’anno:

“La nostra libertà personale così come la libertà della nostra società europea globale è attualmente sotto la minaccia di diversi scenari sociopolitici. Rifletteremo su questi scenari attraverso alcuni contributi individuali al nostro congresso: ancor più in quanto questi scenari fanno pressione nella nostre stanze d’analisi e ci preoccupano sempre più nella nostra federazione psicoanalitica, la Fep.”


Dresda, con la sua bellezza ferita, è stata molto più che lo sfondo del convegno: è stata parte attiva del discorso. La città ci ha accolti con il sole, il calore e i colori della primavera ma anche con le cicatrici, le tracce della sua memoria: le facciate annerite, le rovine ricostruite pietra su pietra. In questa cornice, la libertà non è apparsa come uno slancio astratto, ma come un lento lavoro di trasformazione: dal trauma alla parola, dalla distruzione al pensiero.

Le relazioni magistrali di Laurence Kahn e Bernd Nissen sono state il cuore teorico e clinico del congresso.

I due interventi, pur muovendosi su piani differenti, hanno disegnato un asse comune che descriverei con un impianto “profondamente freudiano”: Laurence Kahn e Bernd Nissen hanno restituito un’idea di libertà che non è mai data, ma che si costruisce – o si smarrisce – nel lavoro del pensiero.

Kahn, con “Les égarements de la liberté”, ha mostrato come il concetto di libertà sia un concetto paradossale e come possa deragliare fino a farsi veicolo di identificazioni totalitarie. Da Goebbels a Trump, ha analizzato il linguaggio che, sotto la promessa di liberazione, organizza invece esclusione, conformismo e violenza. In un intervento denso, eterogeneo e ricco di richiami ai testi freudiani, Kahn ha posto al centro del discorso non solo l’odio come motore di questi “deragliamenti” ma anche fenomeni
complessi come la regressione alla sfera del motorio, la sottomissione all’Io ideale, il predominio dell’ allucinatorio e i conflitti identificatori tra la tendenza alla conservazione di sé e le spinte omicide.

Una menzione speciale a Michael Parsons che, commentando l’intervento di Kahn, ha messo l’accento su due concezioni di libertà: Befreiung (liberazione interiore) e Freimachen (svuotamento strumentale). In analisi, libertà non significa sciogliersi dai vincoli, ma saperli sostenere senza farsene schiacciare.

Un posto importante infine ha dato alla memoria storica delle nostre società di psicoanalisi, emozionando tutti i partecipanti. Parsons infatti, attraverso un tono caloroso e familiare, ha evocato il congresso IPA di Amburgo del 1985, quando Janine Chasseguet-Smirgel, sopravvissuta all’Olocausto, decise di esprimersi in tedesco, studiatolo appositamente per l’occasione. Così si è espresso Parsons:

L’IPA come comunità e Janine Chasseguet-Smirgel come individuo, invece di mandare
avanti il desiderio di eradicare l’alterità, si mostrarono capaci di abbracciarla trovando un modo di entrarci in relazione.


Un gesto non solo simbolico ma clinico: trasformare la lingua dell’altro in strumento di parola.

Il giorno dopo, Bernd Nissen ha anche lui portato l’attenzione e la riflessione sia sul piano clinico sia su quello metapsicologico. Prendendo le mosse dall’esigenza di dare al concetto di libertà uno statuto psicoanalitico, ha cercato di offrirne una visione teoricoclinica centrata sul concetto di “momento di presenza”. Per lui, la libertà emerge nel momento in cui uno stato psichico precedentemente indicibile viene simbolizzato nella relazione analitica.

Per me, la libertà nasce in queste sublimazioni – una libertà sentita nella relazione. Questo concetto di libertà si discosta da molte definizioni filosofiche e giuridiche, ma in senso patologico, sentirsi compresi e comprendere in modo sensibile è una vera liberazione. Tuttavia, questa libertà della comprensione non include di per sé la libertà dell’azione.” (Nissen, 2024)

È in questo spazio relazionale che può verificarsi un’esperienza trasformativa: ciò che era “senza nome” si traduce in un simbolo presentazionale, generando un primo senso di libertà.

La libertà, per Nissen, non è una condizione originaria, ma il frutto di un lungo lavoro di simbolizzazione, riconoscimento e contenimento. Essa nasce dall’incontro tra il mondo caotico di stati non rappresentati della mente e la possibilità di essere pensati e pensare in una relazione significativa.

Jasminka Suliagic commentando il lavoro di Nissen si è chiesta in fine:

Seguendo la riflessione sulla rappresentabilità, si pone una domanda in relazione al nostro tema: possiamo dire che crescere ed espandere il campo del rappresentabile sia ciò che libera, oppure, al contrario, che è il liberarsi dalle rappresentazioni e dall’obbligo di pensare ciò che potrebbe donarci una libertà completa? Nel contesto sopra proposto — di tensione tra attrazione regressiva e formazione dei processi psichici — la consueta domanda se si debba parlare di libertà per pensare o di libertà del pensiero perde il suo significato specifico. La libertà risiede in entrambe: nel lavoro psichico necessario per il compimento di rappresentazioni più elaborate (con l’inevitabile presenza degli oggetti), e nel lavoro che permette anche un’immersione nel passivo e nel sensuale; più ancora, nella mobilità, nelle oscillazioni tra questi due poli.

Messi insieme, questi lavori hanno delineato la libertà come compito analitico: non un’esperienza garantita a priori, ma da costruire. E ogni volta, da riconquistare.

Molti i colleghi Italiani che hanno dato i loro contributi teorici e clinici, come Stefano Bolognini, Alberto Luchetti, Benedetta Guerrini Degl’Innocenti, Valentino Ferro, Laura Accetti, Paolo Fonda, Virginia de Micco, Simona Nissim e Monica Bomba, spaziando dal tema della libertà nel web, al tema dell’identità transgender, al gioco nella psicoanalisi del bambino.

Ricordiamo infine i pre-congress panels, che hanno funzionato come un vero “warming up” del congresso. Degno di nota quello coordinato da Maria Antoncecchi, con gli interventi di Marina Breccia, Stefania Pandolfo, Giuseppe Martini, Chiara Buoncristiani e Stefano Salvadeo, dedicato al rapporto tra psicoanalisi e mondo digitale.

È emersa la domanda: che cosa resta della libertà psichica in un mondo in cui l’esperienza è filtrata da algoritmi e connessioni costanti? Il web espande il possibile, ma svuota l’elaborazione. Il rischio è quello di una dissociazione fisiologica, un eterno presente in cui il desiderio è anticipato e guidato da meccanismi esterni.

La psicoanalisi, in questo contesto, ha il compito di offrire spazi di pensiero non immediato, dove l’altro non sia ridotto a specchio del sé, ma portatore di alterità.

Dresda ha ospitato un congresso che non ha rimosso la storia, ma l’ha fatta lavorare. C’è stato spazio per un intenso lavoro e momenti conviviali di piacere.

Abbiamo raccolto molti altri spunti di pensiero ma è impossibile raccontarli tutti. Resta un invito ad essere sempre più presenti in queste occasioni internazionali che consentono a soci e candidati di avere uno sguardo più ampio su quanto succede oltre i nostri confini, in uno scambio proficuo di emozioni e pensieri. Ce ne andiamo quindi con la convinzione che in un’epoca in cui la libertà rischia di diventare uno slogan vuoto, la psicoanalisi può ancora renderla un atto trasformativo.

(1) Antonino Sorce, membro associato del Centro Romano di Psicoanalisi e del Centro 1 psicoanalitico di Palermo. E-mail: antoninosorce@hotmail.it; cell: 33513335799

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