Cultura e Società

“Anna” di N. Ammaniti. Recensione di G. Giustino

18/05/20
"Anna" di N. Ammaniti. Recensione di G. Giustino

ANNA

di Niccolò Ammaniti

(ed. Einaudi, 2015)

Recensione a cura di Gabriella Giustino

“La vita non ci appartiene… la vita ci attraversa” scrive Niccolò Ammaniti nel suo libro più bello e visionario intitolato “Anna” (2015).

L’autore immagina  una pandemia virale che colpisce e uccide solo gli adulti risparmiando i bambini e gli adolescenti, che si ritrovano in uno scenario macabro e selvaggio a tentare di vivere e di sopravvivere.

Il libro ci insegna molte cose. Letto in tempo di pandemia stimola anche alcune riflessioni su quello che  noi tutti stiamo vivendo.

Anna si muove in una Sicilia che è diventata un’immensa rovina e ha promesso alla madre morente per il virus, che salverà il fratellino Astor  portandolo sul continente dove, chissà, la Rossa (la pandemia virale)  non ha ancora ucciso tutti i Grandi.

Sostenuta dal diritto alla speranza, accompagnata dal lascito della madre, un preziosissimo quadernetto delle cose importanti, Anna lotta per la sua vita e per quella di Astor viaggiando in una Sicilia post-virale  piena  di animali e piante selvatiche, riconquistata dalla natura come le nostre città chiuse in quarantena.  La fame la spinge ad addentrarsi col suo zainetto, superando mille ostacoli e pericoli, in supermercati pieni di cadaveri ma anche di cibo in scatola, in negozi e farmacie di città abbandonate come ruderi, ma da cui la “tredicenne cocciuta” trae ciò che le serve per vivere.

Il progetto di Anna è quello  di attraversare lo stretto di Messina portando Astor in Calabria per cercare  i Grandi superstiti.

Quello che conta è la sua volontà di vivere e portare a compimento il mandato materno, senza il quale la sua vita non avrebbe senso.

Nella sua lotta per la vita, acquietata la fame, Anna si gode il trionfo della Natura, ritornata a governare il pianeta, concedendosi momenti estatici di  unione con il mondo  e i suoi fenomeni naturali.

Nel frattempo la vita e il tempo attraversano anche il suo corpo di adolescente che si sviluppa.

Il sangue che scorre dal suo corpo segna anche il suo percorso di donna che, nel suo viaggio pieno di dolori,  ha appena incontrato l’amore.

Ma il corpo che evolve annuncia anche la morte; Anna diventerà una dei Grandi, tra poco non sarà più immune dal virus e morirà.

Nel clima drammatico e surreale del libro si sviluppa anche la sua storia d’amore con Pietro, altro ragazzo sopravvissuto, con cui Anna raggiunge un’intesa appassionata e felice. Insieme  a Pietro e al fratellino Astor,  proseguiranno il loro viaggio per la vita componendo un trio affiatato e ricreando magicamente un  abbozzo di famiglia  che  si ritaglia una piccola e primitiva vita, fatta di cose semplici.

Ma il viaggio di Anna verso lo stretto deve continuare. Nonostante la morte drammatica di Pietro la farà ripiombare nel dolore e nella solitudine Anna deve farcela, il viaggio verso lo stretto è come inscritto nel suo DNA, è  quello che dà senso alla sua vita, è tenere fede alla promessa materna.

L’approdo in  Calabria rappresenta per lei un miraggio di salvezza  e sostiene il suo diritto alla speranza.

Credo che l’autore abbia voluto esplorare cosa potrebbe avvenire in un mondo popolato da bambini e adolescenti senza gli adulti, cosa potrebbe succedere dopo una catastrofe che spazza via dal mondo intere generazioni di adulti lasciandoli privi del loro sapere, della loro saggezza e della trasmissione intergenerazionale della loro esperienza.

Da questo punto di vista le assonanze con quello che stiamo vivendo sono impressionanti.

L’amore con cui Anna conserva e utilizza il quaderno delle “cose importanti ” donatole dalla madre è cruciale; nella sua avventura improbabile  questo lascito prezioso  le permette di conservare un senso di Sé e il contatto con un oggetto interiore che la orienta e la sostiene.

Le bande  di “bambini blu”, drogati e assatanati (che rapiscono Astor) e che Anna   incontrerà sul suo cammino,   sembrano invece una rappresentazione  del caos mentale individuale e collettivo in cui i bambini, senza adulti, potrebbero  precipitare. Privi di garanti metapsichici e metasociali (Kaes,  2012, 2015) i bambini impazziscono, diventano preda  dell’idolatria, sono condannati al gruppo in assunto di base e si esaltano in riti dionisiaci violenti. Pur di avere un adulto che prometta onnipotentemente la loro sopravvivenza, idolatrano la “Picciridduna” una fantomatica “Grande più grande dei Grandi”, un gigante immune che, con la sua saliva magica,  può guarire tutti.

Impossibile non pensare a  Lord of the flies (1954)  che racconta le vicende drammatiche che avvengono all’interno di una comunità di ragazzini dispersi su un’isola e che, senza la guida degli adulti,  manifestano gli aspetti più bassi e deteriori della loro personalità.

Anna però è diversa, ha una memoria affettiva che coltiva dentro di sé, impara a non aver paura ed ha un oggetto interno che la sostiene. Nella consapevolezza stringente e acuta che ha di se stessa e della sua missione da compiere sceglie di attraversare la vita crescendo, combattendo, non sottraendosi all’esperienza dura di essere sola e in pericolo.

Il linguaggio crudo e a volte spietato di Anna, i suoi dialoghi interni ci fanno capire molto della solitudine dell’adolescenza, età della vita  dove la lotta per l’identità è fatta di transiti e strappi  violenti ma anche di estremo bisogno di protezione e di accompagnamento. Seppur iperbolizzato dal contesto  narrativo sulla pandemia, il romanzo ci fa entrare nei vissuti cruciali e talora drammatici del mondo interiore di un’adolescente, nelle sue perdite struggenti:  la perdita dell’infanzia, la perdita della spensieratezza, la perdita del primo amore.

Anna vive nella consapevolezza intuitiva che tutti gli esseri viventi di questo pianeta devono vivere e, anche se dopo la morte dei suoi genitori e di Pietro precipita in una solitudine sconfinata,  sente che la vita è più forte di tutto.

Questo libro è un omaggio al coraggio e alla vita che non ci appartiene ma che, malgrado tutto,  vale la pena di attraversare.

 

Bibliografia

Golding, W. (The Lord of the Flies, 1954). Il signore delle mosche, Martello, 1958.

Kaës, R. (2012). Le Malêtre. Paris: Dunod (trad. it. Il malessere, 2014, Roma, Borla).

Kaës, R. (2015). L’extension de la psychanalyse. Pour une métapsychologie de troisième type. Paris, Dunod (trad. It. L’estensione della psicoanalisi. Per una metapsicologia di terzo tipo, 2016, Milano, FrancoAngeli).

Chi ha letto questo articolo ha anche letto…

Huffington blog 19/04/20 Distanziamento sociale può trasformarsi in malessere. R. Jaffè

Leggi tutto

POL.it 20/03/20 La psicoanalisi al tempo del Coronavirus. S. Bolognini

Leggi tutto