Cultura e Società

Jacob Bernays e l’interpretazione medica della catarsi tragica

19/02/13

Verona, Cierre Grafica, pp. 259 ,2012

Recensione a cura di Stefania Nicasi

La storia delle idee rivela sempre delle sorprese: le idee funzionano davvero come palline di mercurio che vanno a cacciarsi nei posti più impensati. Un dotto, barbuto, omosessuale grecista tedesco di fede ebraica, tale Jacob Bernays, dà alle stampe a Breslavia nel 1857 un saggio intitolato “Lineamenti del trattato perduto di Aristotele sull’effetto della tragedia” nel quale propone un’interpretazione originale della teoria aristotelica sulla catarsi tragica.

Esaminando la celebre definizione della tragedia contenuta nella “Poetica”, Bernays si sofferma sul passo conclusivo secondo il quale la tragedia “per mezzo di pietà e paura porta a compimento la depurazione (catarsi) di tali passioni”. Si concentra sulla parola “catarsi” e smonta, con argomentazioni strettamente filologiche, l’interpretazione neoplatonica e classicistica, affermatasi nel Settecento tedesco per influenza di Lessing, che le attribuiva una valenza morale o religiosa. Nel modello ermeneutico dominante a quell’epoca, la catarsi aristotelica era un processo di purificazione morale con effetti edificanti. Suscitare le passioni nello spettatore, condurle all’acme, scioglierle nella contemplazione estetica allo scopo di favorirne il dominio.

Meno edificante l’interpretazione di Bernays che riconduce la parola alle sue antiche origini mediche e la intende come “spurgo”, “depurazione”, “liberazione da un’affezione patologica”. In questa prospettiva – spiega Gherardo Ugolini – “il meccanismo della catarsi teatrale consisterebbe nel produrre artificialmente sul pubblico delle reazioni emotive patologiche e dannose per poi provocarne l’eliminazione, così da neutralizzare lo sconvolgimento dell’animo e ristabilire un corretto equilibrio emotivo”. In fondo, è il principio ippocratico per il quale la malattia, in quanto disfunzione degli “umori” del corpo, va curata provocando una “crisi” che favorisca l’espulsione delle sostanze tossiche.

Gherardo Ugolini, professore di filologia classica nell’Università di Verona, traduce (si tratta della prima traduzione italiana) e pubblica nel suo bel libro il saggio di Bernays preceduto da un’accurata e interessantissima ricostruzione del contesto nel quale apparve, delle accese discussioni che lo accompagnarono, dell’influenza nascosta che esercitò su “La nascita della tragedia” di Nietzsche e sul “metodo catartico” di Ioseph Breuer e Sigmund Freud. Il metodo catartico consisteva, come è noto, nel far rivivere al paziente in stato di ipnosi la situazione traumatica che aveva dato origine alla malattia. Provocare una crisi portando le emozioni all’eccesso e favorendone la libera espressione in modo da farle spurgare. “Abreaktion”, abreazione, è il nome che Freud diede a questa riedizione psicoanalitica della catarsi tragica secondo l’interpretazione medica di Jacob Bernays. Che poi, Jacob, era fratello del padre di Martha, moglie di Sigmund. Il mondo è piccolo, come si suol dire, anche quello dei grandi. Le idee girano e nel girare spesso smarriscono la paternità: sia Nietzsche sia Freud si guardano bene dal citare l’acuto, intelligente Bernays. Meno male che in seguito arrivano gli storici e rendono giustizia a coloro che il passaggio del tempo e la fortuna di altri avevano lasciato in ombra, a languire negli scaffali di poderose biblioteche. 

Febbraio 2013

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