Cultura e Società

L’Unità – 17 maggio 2011

24/05/11

VALERIA TRIGO – 
Culture

 

L’inaugurazione venerdì nel quartiere che ospita la sede
della Società Psicoanalitica

La città etema fu una meta prima sognata e poi visitata più
volte con entusiasmo

Un giardino che si
chiama Freud: l’omaggio di Roma al padre della psicoanalisi

 

Venerdì viene inaugurato a Roma il «Giardino Sigmund Freud»,
omaggio della città e della Spi al padre della psicoanalisi che nutriva
un’intensa passione per i tesori artistici e archeologici della capitale.

 

ROMA

«Una volta sognai di vedere il Tevere e il ponte Sant’Angelo
dal finestrino della carrozza; poi il treno si mette in moto e mi accorgo di
non essere sceso neppure in città». È uno dei sogni «romani» che Sigmund Freud
riporta nell’Interpre-tazione dei sogni. Roma «impossibile» è una terra
promessa verso la quale lui non riesce ad andare. Supererà questa inibizione al
movimento verso Sud nel 1901, data della prima visita, in compagnia del
fratello, alla città eterna, verso la quale il padre della psicoanalisi nutriva
una forte passione, legata a doppio filo a quella per i tesori
dell’archeologia-metafora del lavoro di scavo e indagine richiesto dalla sua
teoria. Ne fu entusiasta, e lo comunicò ai familiari in esuberanti messaggi nei
quali raccontava di aver ricavato «impressioni di cui ci si nutrirà per anni» e
in cui confessa: «Ho infilato la mano nella Bocca della Verità giurando che
sarei tornato qui». Ci riuscì, tornò molte altre volte. Ora Freud avrà il suo
giardino nella città eterna: venerdì alle 12, infatti, verrà intitolato a lui
il giardino nel quartiere Parioli, a pochi passi dalla sede della Società
Psicoanalitica Italiana che, alle 18, ospiterà una conversazione tra il
presidente Spi Stefano Bolognini e Eugenio Scalfari sul tema «La psicoanalisi:
radici memorie costruzioni».

Freud colto, borghese illuminato, nutrito di cultura
classica, sulle orme di Goethe e di tanti viaggiatori dell’Ottocento interpretò
il viaggio a Roma come occasione di conoscenza e formazione, di nutrimento spirituale
e di arricchimento conoscitivo. Accanto a questo aspetto, visse Roma come un
normale turista dell’epoca.

Dalla sua corrispondenza privata alla famiglia, si evince
chiaramente la preoccupazione per la ricerca di un alloggio comodo e
accogliente o di un ristorante dove mangiar bene. Alloggia all’Hotel Milano,
mangia alla «Rosetta», si ferma a una proiezione cinematografica su uno schermo
in Piazza Colonna e si reca al Teatro Quirino per sentire una Carmen. Freud
scarpina tra musei e rovine lamentandosi della torrida calura estiva e sui suoi
appunti annota meticolosamente tutte le spese.

Nel 1912 sale sul nuovo monumento a Vittorio Emanuele II e
assiste alle celebrazioni per la presa di Roma. Ogni giorno fa una visita al
Mosè, che lo ossessiona dalla sua prima vacanza romana, riproponendosi di
scriverci qualcosa. Inoltre, va a caccia di souvenir e regali per moglie e
figli lasciati a casa.

Dalle lettere ai familiari "con la mano nella Bocca della
Verità ho giurato che sarei tornato.

Nel 1913 Scrive adAbraham comunicandogli buon umore e vivacità creativa:
«A Roma, di una bellezza senza paragoni, ho ritrovato ben presto buon umore e
voglia di lavorare, e nelle ore libere da viste a musei, chiose e località
della campagna ho portato a termine il preambolo al libro su Totem e Tabù,
ampliato la mia relazione al Congresso, e scritto lo schizzo di un saggio sul
narcisismo, e inoltre provveduto a correggere il mio articolo di reclame per la
Scientia». (Tutto questo dopo che al Quarto Congresso Psicoanalitico Internazionale
di Monaco si era consumata la rottura definitiva con Jung). Tra agosto e
settembre, d’abitudine, Freud si separava dalla tribù familiare per due, tre,
quattro settimane, e prendeva la strada verso il Sud. Non proprio da solo.
Assai raramente Freud viaggiava da solo. In Italia venne spesso con il fratello
minore, Alexander, e con lui intraprese il primo viaggio a Roma. Qualche volta
si spostava con Minna, la cognata, da cui certe maliziose insinuazioni di Jung.
Anche con Ferenczi condivise vari viaggi, e due volte sua compagna fu la figlia
Anna – con lei l’ultimo viaggio aRoma, nel 1923, dopo di che il cancro alla
mascella, che cominciò a tormentarlo, pose fine ai viaggi.

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