Cultura e Società

11^edizione di “Cinema e Psiche. La figlia” Cesena, 2-9-16-23 ottobre. Report di M. Montemurro

6/11/23
11^edizione di “Cinema e Psiche. La figlia” Cesena, 2-9-16-23 ottobre. Report di M. Montemurro

Parole chiave: cinema, psicoanalisi, figlia, genitori, incesto, carenze affettive, cyberbullismo, adolescenza

Undicesima edizione di “Cinema e Psiche. La figlia”, Centro Adriatico di Psicoanalisi (CAP), Multisala cinema Eliseo di Cesena, 2-9-16-23 ottobre. 

Report a cura di Mirella Montemurro

Ha avuto un grande successo l’undicesima edizione della rassegna “Cinema e Psiche” a cura del Centro Adriatico di Psicoanalisi (CAP), che da anni promuove la cultura psicoanalitica sul territorio cesenate. La grande partecipazione del pubblico, che ha superato i duecento partecipanti a serata, in prevalenza studenti universitari di psicologia, ha reso le quattro serate profondamente emozionanti e coinvolgenti. 

L’iniziativa è stata possibile grazie alla preziosa collaborazione della direttrice del cinema Eliseo Francesca Piraccini e del “gruppo cinema” del C.A.P. composto dagli psicoanalisti Giorgio Bambini, Cinzia Carnevali, Massimo De Mari, Giuseppe Gavioli, Mirella Montemurro e Gabriella Vandi. Essa ha ottenuto i patrocini dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, della Società Psicoanalitica Italiana (SPI), del Centro Psicoanalitico di Bologna (CPB) e dell’Ausl Romagna. Quest’anno la rassegna ha destato anche l’interesse di alcuni giornalisti di Uniradio Cesena che hanno intervistato relatori, spettatori e docenti universitari appassionati dell’iniziativa[1].

“Cinema e Psiche” propone tradizionalmente la visione di quattro film seguita da un dibattito tra psicoanalisti, professori dell’Università di Bologna, professionisti dell’Ausl Romagna e, eccezionalmente, registi, in un vivace confronto con il pubblico in sala.

Quest’anno i curatori hanno scelto di analizzare la figura della figlia e le complesse dinamiche relazionali tra questa e i suoi genitori. Prendendo ispirazione dai film proposti, è stato possibile esplorare il tema dei traumi precoci, dell’incesto, del lutto, del cyberbullismo e dell’adolescenza. I personaggi dei lungometraggi sono uomini e donne, che tentano un dialogo tra le diverse generazioni ed entrano in contatto con i propri vissuti più dolorosi.

Sono stati proiettati: “L’amore secondo Dalva” (2022) di Emmanuelle Nicot, “The quiet girl” (2022) di Colm Bairéad, “The whale” (2022) di Darren Aronofsky e “Mia” (2023) di Ivano Di Matteo.

Nella prima serata hanno partecipato come relatori Gabriella Vandi, che ha scritto una bella recensione del film (https://www.spi-cap.it/index.php/cultura-e-societa/cinema-e-spettacolo/lamore-secondo-dalva-emmanuelle-dicot-2022-recensione-di-gariella-vandi) e Pietro Nucera, direttore Unità Operativa del Centro di Salute Mentale di Forlì-Cesena dell’Ausl Romagna.

Ne “L’amore secondo Dalva” la regista e sceneggiatrice belga Emmanuelle Nicot, al suo esordio nel lungometraggio, racconta una storia di incesto, permettendo allo spettatore di entrare nella mente della giovane vittima, nella sua sofferenza caratterizzata dal diniego e dalla frammentazione del Sé.

La discussione si è focalizzata su diversi temi tra cui, principalmente, quello dell’incesto e delle relazioni perverse. Si è fatto riferimento al celebre scritto di Ferenczi (1932) “La confusione delle lingue tra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione” per descrivere quello che accade quando alla richiesta di tenerezza di un bambino, l’adulto risponde come se si trattasse di una richiesta di tipo sessuale. Il bambino tende a identificarsi con il suo aggressore e, per negare l’angoscia, cerca di tacere la violenza subita e di comportarsi come se il seduttore fosse lui stesso. Si è affrontato anche il tema del percorso riabilitativo dei Servizi sociali e della possibilità di una rinascita delle vittime. Dal pubblico diversi interventi hanno offerto spunti di riflessione sul dolore e sulla difficoltà a sintonizzarsi rispetto alla tematica dell’incesto e dell’abuso sessuale sui minori. 

Nella seconda serata “The quiet girl” è stato presentato e discusso con Massimo De Mari e Michele Sanza, Direttore dell’Unità Operativa delle Dipendenze Patologiche Forlì-Cesena dell’Ausl Romagna. 

Il regista, Colm Bairéad, riesce a comporre il ritratto dignitoso di una bambina all’interno di un ambiente familiare carenziale e anaffettivo e  del suo incontro salvifico con una coppia di lontani parenti. Si tratta di una madre e un padre che instaurano con Cáit un rapporto intenso e carico di amore, colpiti tutti dal dolore e dalla solitudine: è un incontro che permetterà alla bambina di nascere una seconda volta.

Il film ha portato a riflettere sui temi della povertà dell’ambiente familiare, sociale ed emotivo e della difficoltà di Cáit di “sentirsi viva”. Si è affrontato anche il tema del silenzio come modo per ritrovarsi autenticamente con se stessi e con gli altri. Quanto, a volte, esso riesca a circoscrivere il rapporto con l’Altro, con l’immagine di sé e con il proprio corpo. La tenera costruzione di una relazione con i lontani parenti, una sorta di famiglia affidataria, ha aperto al tema del tortuoso percorso dell’affido e dell’adozione. È seguito un vivace dibattito con il pubblico in sala, commosso e coinvolto.

Alla terza serata hanno partecipato Mirella Montemurro e Chiara Ruini, Professore associato di Psicologia Clinica dell’Università di Bologna.

“The Whale” narra la storia di un uomo, Charlie, affetto da una grave obesità, devastato dal dolore per un lutto non elaborato. Il lungometraggio si focalizza sull’ultima settimana della sua vita durante la quale, in un clima di dolore e perdita di speranza, tenta di ricucire il rapporto con sua figlia adolescente Ellie. È la letteratura a riavvicinarli: il titolo del film rimanda infatti a “Moby Dick”, il capolavoro del celebre scrittore americano Herman Melville. La discussione è partita dall’analisi della figura di Charlie, il cui corpo da balena è la forma tangibile e mostruosa di una sofferenza sconfinata. Charlie ha fatto fronte al dolore, suicidandosi lentamente, con l’eccesso. Quando Eros, la pulsione di vita, per varie ragioni si indebolisce (come ad esempio per traumi e perdite), questo porta al disimpasto e Thanatos, la pulsione di morte, prenderà il sopravvento. Ne Il disagio della civiltà (1929) Freud descrive l’eccesso come la modalità più utilizzata dagli uomini per affrontare il male di vivere.

Ci si è quindi focalizzati sul potere curativo delle parole avviando un parallelismo tra Achab, il protagonista del romanzo Moby Dick, e Charlie, entrambi in conflitto contro una parte di sé, in modo primitivo, autodistruttivo, senza desiderio di conoscenza. Il richiamo al romanzo ha permesso di aprire al tema della lotta tra bene e male e tra parti di sé spaventose. Il pubblico ha sollevato altri interessanti temi, quali quello della solitudine, dell’impotenza e del perdono. 

L’ultimo appuntamento ha visto coinvolto anche il regista Ivano Di Matteo, in collegamento zoom dopo la proiezione del suo ultimo lungometraggio “Mia”. I relatori intervenuti sono stati Giorgio Bambini e Marusca Stella, psicoterapeuta dell’Unità Operativa Dipendenze Patologiche e della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Forlì-Cesena, Ausl Romagna. 

È stata una serata molto intensa durante la quale si è affrontato il tema della difficile sintonizzazione tra una coppia di genitori e la loro figlia adolescente, rimasti  incastrati in dinamiche proiettive, che bloccano il movimento evolutivo del figlio e l’accesso all’identità. L’adolescente si trova di fronte a nuovi compiti e lutti evolutivi, che vanno dai processi di individuazione e separazione, all’integrazione dell’aggressività e del corpo sessuato, fino al passaggio dall’agire al pensare. L’adolescenza non è solo una fase temporale di transizione, ma un agente organizzatore della mente, che permette l’accesso all’età adulta e alla ristrutturazione dell’identità (Cahn, 1987). Altre tematiche affrontate, di grande attualità, sono state quelle del revenge porn e del cyberbullismo.

Ivano di Matteo ha raccontato, in modo generoso, il processo di costruzione della trama e della scelta dei dialoghi, ma anche i propri vissuti emotivi e quelli di sua moglie, co-sceneggiatrice, come genitori di figli adolescenti. Il pubblico ha dialogato vivacemente sia con i relatori sia con il regista, sollevando interessanti spunti di riflessione sulle relazioni tossiche e sulla riparazione, oltre che sul linguaggio cinematografico di oggi.

Il grande successo dell’iniziativa ribadisce la necessità di continuare a creare spazi di ascolto e condivisione, in cui poter valorizzare la cultura in ottica psicoanalitica, creando curiosità e interesse soprattutto verso le giovani generazioni.

Bibliografia

Chan R. (1987) Il concetto di transizionalità è euristico per l’adolescenza e la post-adolescenza? In AA.VV. Adolescenza terminata Adolescenza interminabile, Borla, Roma.

Ferenczi S. (1932), Confusione di lingue fra gli adulti e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e il linguaggio della passione. In Opere, vol. IV, 1927-1933, Cortina Editore (2002).

Freud S. (1929). Il disagio della civiltà. O.S.F., 10.

Novembre 2023


[1] https://www.uniradiocesena.it/rassegna-cinema-psiche-mia/; https://www.uniradiocesena.it/rassegna-cinema-psiche-the-whale/; https://www.uniradiocesena.it/rassegna-cinema-e-psiche-the-quiet-girl/.

Allegati
Cinema-Psiche-Manifesto23 (2)

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