
Parole chiave: disconoscimento, ambiente, cinema e psicoanalisi, 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Titolo: Bugonia
Regista: Yorgos Lanthimos
Genere: commedia, drammatico
Anno: 2025
Durata: 120”
Paese produzione: USA, Corea del Sud, Irlanda
Recensione Flavia Salierno
Potrebbe essere un thriller, o un drama, oppure una commedia. Potrebbe trattarsi di un film di fantascienza, o un horror, uno splatter, magari. Sembra il gioco del “se fosse”. Invece è l’ultimo film di Lanthimos.
La traccia tematica è quella di due attivisti che rapiscono una potente manager farmaceutica, convinti che sia un’aliena intenzionata a distruggere la Terra. E tutto diviene possibile, in un gioco dove le cose sono vere e sono false. Dal variegato universo delle teorie complottistiche a quello dell’è tutto concesso, basta che frutti soldi.
Esilarante e disperato, impossibile da incasellare in un genere, in una trama, in un pensiero. Un film che perde la speranza tanto quanto la recupera. “Yorgos”, che ne pensi della distopia? Chiede un giornalista in conferenza stampa. “È un film distopico?”. “No”, risponde lui. “È un modo di raccontare la realtà”. Potrebbe partire da qui la strada da percorrere per viaggiare con questo grande regista, nel vedere il suo Bugonia. Un modo di raccontare questo nostro mondo. Non per come appare, ma per come sta scomparendo. Noi tutti complici, ognuno appartenente a una setta, con un guru da seguire, manovrati come burattini. Sì, ma da chi? Ai posteri questa ardua sentenza. Sì, ma ci saranno i posteri? Forse no. O forse sì, se ricominciamo a nutrire le api. Come, le api? Eh si, quelle. Infatti il titolo deriva dal mito antico della bugonia: la generazione spontanea delle api dai cadaveri dei buoi. La Bugonia, infatti, aveva un valore rituale e religioso: collegata a pratiche sacrificali e alla rigenerazione della natura. Quindi tutto si muove nel film su un piano simbolico. Se spariscono le api, anche gli esseri umani con loro. Ma tutto può ripartire anche da lì. Tutto può rigenerarsi. Quella del “fate attenzione che tutto sta morendo per colpa nostra”, sarebbe un’idea di film già molto sfruttata, se fosse solo questa. Lanthimos però riesce a costruirne intorno un’opera d’arte. I due attori protagonisti, Emma Stone e Jesse Plemons, fanno il resto. Straordinari nella loro libertà di esprimere, in eccesso, lo sconfinamento dei loro ruoli. A testimonianza di due polarità che come tali sono destinate a incontrarsi. Assurde nel portare avanti a spron battuto la convinzione, entrambe, di essere nel giusto. E a parodia del nostro modo di dividere i terrapiattisti da chi è devoto sostenitore della sfericità del nostro pianeta.
Personalmente, ho ritrovato il coraggio e l’originalità di questo regista che amo. Disposto a rischiare e a dividere pubblico e opinioni.
Sentire la platea ridere, nel vedere trasformate quelle che sono le attuali tragedie umane, come la violenza e la crisi ambientale, in qualcosa che diventi sorriso, è già questo un miracolo.
Nello scritto Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905), Freud parlava dei vari meccanismi tecnici che producono l’effetto comico. Uno di questi è la trasformazione nel contrario. Lanthimos, in Bugonia, ha colpito nel segno allora, illuminando di mille colori l’inizio di questa Venezia 82.
Nota bibliografica
Freud, S. (1905). Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. Torino: Boringhieri, 1966.