Cultura e Società

“Il signore delle formiche” di G. Amelio. Recensione di V. Sava

26/09/22
"Il signore delle formiche" di G. Amelio

Autore: Vito Sava

Titolo: “Il signore delle formiche”

Dati sul film: regia di Gianni Amelio, Italia, 2022, 134′

Genere: drammatico, storico

“Il signore delle formiche”, ultima opera di Gianni Amelio, presentata in Concorso alla 79a Mostra d’Arte Cinematografica, è la storia del processo al poeta e drammaturgo Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio), accusato di plagio nei confronti di un giovane studente, Ettore Tagliaferri (Leonardo Maltese). In verità la condanna è comminata per il loro legame sessuale, considerato “contro natura”. Il film, ispirato ai fatti accaduti tra il ‘59 e il ’68, si pone tra il racconto reale e la finzione scenica.

I protagonisti si muovono tra le campagne del piacentino, animate dal fervore artistico, ma immerse anche nella chiusura mentale della provincia, fino a giungere in una Roma gaudente e bacchettona.

Nonostante la vicenda copra diversi anni, pare che il tempo non passi: anche i costumi dei personaggi principali si mantengono pressoché uguali in tutto il decennio.

Braibanti, rigido e inflessibile, il cui carattere risulta poco gradevole allo spettatore, grazie alla pregevole interpretazione di Lo Cascio, si fa paladino dell’amore, ideale e fisico e della libertà di esercitarlo. Ettore, recuperato dalla famiglia, subirà invece l’isolamento in manicomio e l’elettroshock. Difficilmente passano inosservati il dialogo mellifluo con il medico e la sua trasfigurazione dopo “le cure”.

“Le formiche hanno due stomaci: uno per il singolo e un altro, sociale, per i membri della colonia” dice Aldo al giovane Ettore, che lo ascolta con affetto ammirato. Maltese, alla sua prima esperienza cinematografica, riesce portare in scena un’intensa freschezza e genuinità.

Tra individuo e società: uno sguardo possibile del film, appassionante e controverso, che non rinuncia all’onirico. Solitudine e comunità si confrontano, confliggono e si scontrano in tutta la narrazione: dall’inizio della vicenda durante la festa dell’Unità che vede al tavolo, solo, il giornalista Ennio Scribani (Elio Germano) indicare il mirmecologo, non visibile allo spettatore, fino alla conclusione quando Braibanti incontra Ettore in un’atmosfera teatrale, sognante, dove, nel distacco definitivo, pare si colga la più intesa intimità, con le note di Aida da sfondo.

Altre scene ripropongono isolamento e comunione in diversi gradienti: l’interrogatorio di Braibandi: “Se durante questo processo mi è capitato di voltarmi da un’altra parte è stato per non vedervi in faccia e voi non puntatemi gli occhi addosso” e quello di Ettore visibilmente emaciato, in lungo piano sequenza: la voce arrogante del giudice fuori campo, accentua lo smarrimento dello spettatore. Ancora: il dialogo drammatico tra Susanna, la madre di Aldo (Rita Bosello) e la madre di Ettore (Anna Caterina Antonacci), in una chiesa deserta, con sullo sfondo, tra le due donne, l’immagine della vergine col bambino.

Le due madri senza un uomo accanto, eccetto il figlio; differenti nell’abito, nel volto, nello sguardo: la forma contro l’affetto, la legge contro la libertà; ambedue pagano cara la loro parte. Forse Susanna può addormentarsi più serena raggiunta dal figlio ancora in manette, quasi a ricomporla da quando si era contorta nella splendida piazza deserta. L’incontro freddo e inquietante è l’ultimo scambio tra la madre, il fratello Riccardo (Davide Vecchi) ed Ettore nelle scale del tribunale.

Infine, Ennio e Aldo, l’uno lo specchio dell’altro, solitari, rivendicativi, nell’intimo fragili e feriti; il dialogo in carcere, in cui i campi e controcampi, sempre ripresi da dietro le sbarre, sembrano una loro prigionia.

“Il signore delle formiche” non può non ricordare per assonanza “Il signore delle mosche” (W. Golding, 1954)(1), simbolo del degrado cui può giungere l’uomo-adolescente per affermare sé stesso-ideologia.

Se da una parte è chiara la denuncia dell’ottusità del tempo in merito alla questione dell’omosessualità, denunciando le posizioni il PCI, Amelio si prende l’onere morale, di raccontarne lo status di normalità: durante il processo Aldo ed Ettore manterranno sobrietà e dignità come a contrasto di una violenta e insensata ingiustizia.

Aldo: Non voglio essere un martire, né mostro né martire.

Ernesto: Questo processo è assurdo perché non c’è nessun colpevole, perché non c’è nessuna colpa.

La canzone della Vanoni, “Il tuo amore”, di grande pathos, che fa da contrappunto ne è la testimonianza: “Il tuo amore così buono, quanto male ha sopportato, per non farmi più soffrire e per non lasciarmi solo”.

Diversi gli incipit per una prospettiva psicoanalitica: individuo-gruppo; famiglia-cultura. Temi cosiddetti “sensibili”, quali “verità”, “libertà”, ecc. possano creare schiarimenti e contrapposizioni, attorno ai quali si condensa il potere, nelle sue forme più ambigue.

Interessante potrebbe anche essere uno sguardo sulla qualità delle “identificazioni”, come Freud suggerisce, a partire da “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”(2), a proposito di innamoramento, pulsione gregaria e massa, tenuto conto che l’identificazione è “l’assimilazione di un Io a un Io estraneo, come preciserà Freud nel ‘33(3) in conseguenza del quale l’Io si comporta sotto determinati riguardi come l’altro, … è una forma molto importante di legame… la più primitiva, e non è la stessa cosa della scelta oggettuale”.

Bibliografia

  1. W. Golding (1954), Lord of the Flies, (1a ed. italiana 1958)
  2. S. Freud (1921), Psicologia delle masse e analisi dell’Io, OSF IX, 257 – 330.
  3. S. Freud (1933), Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), OSF XI, 175 – 176.

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