Cultura e Società

A cent’anni dalla morte di Karl Abraham. Franco De Masi

23/12/25
A cent’anni dalla morte di Karl Abraham. Franco De Masi

Parole chiave: Abraham, lutto, separazione

A cent’anni dalla morte di Karl Abraham

Franco De Masi

Il 25 dicembre è morto a Berlino il dottor  Karl Abraham, capo del gruppo berlinese da lui fondato e Presidente dell’Associazione Psicoanalitica  Internazionale… Seppellendo quest’uomo-integer vitae scelerisque purus- seppelliamo una delle speranze più vigorose della nostra scienza, così giovane e ancora così esposta agli attacchi di tutti… La fiducia illimitata di cui godeva da parte dei suoi collaboratori e allievi lo avrebbe presumibilmente destinato ad assumere una funzione di guida e sono sicuro che egli sarebbe stato una esemplare figura di capo, che nulla avrebbe potuto distogliere dalla ricerca del vero: né le lodi e le adulazioni della massa, né i seducenti allettamenti delle proprie costruzioni fantastiche. Scrivo queste righe per gli amici e i colleghi che come me hanno conosciuto e apprezzato la personalità di Abraham . Costoro comprenderanno senza difficoltà cosa significhi per me la perdita dell’amico tanto più più giovane e mi scuseranno se non continuo nel mio tentativo di esprimere cose che difficilmente si possono tradurre in parole…”

Queste sono alcune delle parole che Freud scrisse nel primo numero dell’ International Journal of Psychoanalysis per annunciare la morte di Karl Abraham, avvenuta il 25 dicembre di cent’anni fa.
Abraham fu molto più che un allievo o un collaboratore: la corrispondenza tra i due, oggi finalmente disponibile anche in italiano, rivela l’intensità di una comunione intellettuale che li legava profondamente, sul piano scientifico come su quello politico e organizzativo.

In questa breve nota desidero riprendere soltanto alcune sue idee sul lutto, tema a cui Abraham dedicò anni di lavoro e che lo stesso Freud riconobbe e valorizzò in Lutto e melanconia (1916).

Lo stesso tema riemerge oggi in un libro di Derrida recentemente pubblicato da Jaca Book. La morte dell’altro, osserva il filosofo, non coincide semplicemente con la fine di una vita particolare, ma talvolta equivale alla fine del mondo nella sua totalità. Il dolore che accompagna il trauma della perdita invade ogni ambito dell’esistenza. Il lutto ci interroga su che cosa resta in noi di chi se n’è andato e su quali modalità possano ancora consentire un rapporto con chi è diventato irrimediabilmente assente.

Derrida critica Freud per l’idea di un lutto compiuto, poiché in ogni lutto sopravvive una dimensione “interminabile, inconsolabile, irriconciliabile”. Invita dunque a rinunciare alla forza apparentemente risolutiva di un lutto che si pretende concluso, all’ideale freudiano del suo compimento.

In realtà – come cercherò di mostrare – Abraham si spinse oltre Freud nell’ipotesi del lavoro del lutto. Freud spiegò la difficoltà della separazione con la “vischiosità” della libido, che ci mantiene legati agli oggetti perduti; e tuttavia sottolineò anche la pressione della realtà, che impone alla libido di riconoscere la perdita e di investire altrove.

Partendo da una prospettiva più relazionale che pulsionale, Abraham (1924) chiarì con maggiore precisione quali siano i processi necessari per giungere al distacco dall’oggetto d’amore perduto. Avanzò l’ipotesi che il superamento del lutto passi attraverso un processo di riparazione interna: una ricostituzione psichica dell’oggetto all’interno dell’Io.

Il lavoro del lutto consiste nella possibilità di reintroiettare stabilmente nel proprio mondo interno l’immagine e il ricordo della persona amata. Solo così l’oggetto perduto, reintegrato nell’Io, si rianima e torna a essere percepito come psichicamente presente. Non sorprende allora che, dopo la morte di qualcuno che amiamo, esso compaia ancora vivo nei nostri sogni: l’interiorizzazione compensa la perdita reale e permette di superare il dolore e il vuoto depressivo.

Secondo Abraham, solo l’introiezione del mondo interno dell’altro consente il vero superamento del lutto. Per illustrare questo processo ricorre al sogno di un paziente che, avendo perduto da poco la moglie, la vede ricomporsi dai frammenti del suo corpo e tornare a dare segni di vita.

La differenza essenziale tra lutto normale e lutto patologico (melanconia) risiede nel fatto che in quest’ultimo il processo di rianimazione interna risulta impossibile: è bloccato dall’odio inconscio e dalla rabbia verso l’oggetto che ci ha abbandonato. Il melanconico conserva dentro di sé un oggetto colpevolizzato per la perdita subita, e a esso resta vincolato senza un limite in un rapporto sadomasochistico. Abraham ha qui in mente la celebre frase di Freud: “l’ombra dell’oggetto cadde sull’Io”.

Nel lutto normale, invece, l’oggetto può essere introiettato con amore, poiché il risentimento inconscio per l’abbandono è stato superato. L’elaborazione del lutto giunge a compimento quando perdoniamo la persona amata per il suo abbandono e le consentiamo di separarsi da noi, continuando tuttavia a custodirla interiormente in modo positivo. Così possiamo continuare ad apprezzarla senza rimproverarle ciò che la sua scomparsa ci ha tolto.

Il lavoro del lutto coincide quindi con la restituzione all’oggetto della sua autonomia e con la rinuncia al suo possesso.

Il percorso che ho delineato sul lutto, seguendo le intuizioni di Abraham, trova una risonanza anche nelle parole di Derrida, il quale si domanda come sia possibile mantenere un rapporto con chi “non è più vivo, non è più qui, non ci risponderà più”. Egli parla di una “gioiosa innocenza dell’ammirazione”, ossia della gratitudine verso chi ci ha lasciato.

Abraham avrebbe parlato dell’introiezione amorosa dell’oggetto: la gratitudine implica infatti che riconosciamo all’altro ciò che ci ha dato, più che ciò di cui la sua scomparsa ci ha privati. È un processo che in psicoanalisi chiamiamo riparazione. Solo così possiamo sentire che quella relazione continua a vivere in noi. Solo così i morti diventano presenze, anche quando sono ormai assenze senza ritorno.

Bibliografia

Abraham, K. (1924) Tentativo di una storia evolutivo della libido sulla base dei disturbi psichici. In Opere Bollati Boringhieri. Vol. I  1975.

De Masi, F. (2002) Karl Abraham. Alle radici della teoria analitica. Armando Editore.

Derrida, J. (2025) Ogni volta unica, la fine del mondo. Jaca Book

Freud, S. (1915) Lutto e Melanconia. Vol. 8 in Opere Boringhieri

Freud, S.; Abraham, K. (2024) Lettere 1927-1925. A cura di Mario Bottone, Riccardo Galliani, Francesco Napolitani. Alpes edizioni.

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