Cultura e Società

Cara Psicoanalisi, che ci fai qui? di C. Buoncristiani

27/10/22
Cara Psicoanalisi, che ci fai qui? di C. Buoncristiani

DAVIDE LA CHAPELLE

Parole chiave: Psicoanalisi, Freud, Queer Studies

Cara Psicoanalisi, che ci fai qui?

A proposito della presentazione del libro

Queer Psicoanalisi  di Fabrice Bourlez

Di Chiara Buoncristiani

Esterno. Tardo pomeriggio.

Una lesbica dice ad uno dei pochi maschi eterosessuali presenti, “Che ci fai qui”?
Lui dice: “Sto bene con voi…”.
E lei risponde: “Siamo noi che NON stiamo bene con te”.

Eppure. La frase è detta con un sorriso quasi impercettibile. Lei non lo caccia e anzi continua a giocare con la figlia di lui. E lui non se ne va. Resta lì perché è lì che deve stare.

Il dialogo si svolge a Roma, quartiere di San Lorenzo, durante una manifestazione di protesta.

Qualche giorno prima un ragazzo è stato stuprato in una strada proprio dietro la piazza, un po’ prima dell’alba. A urlare che “chi stupra è un prodotto del patriarcato” sono le donne, militanti dei movimenti femministi, attivisti della comunità LGBTIQ+. Vogliono fare rumore, bloccare il traffico, interrompere la normalità. Vogliono creare un problema a chi ignora il problema. Una “passeggiata rumorosa” per riprendersi le strade del quartiere.

Nella risposta fulminea a quel maschio cisgender, che pure, se si trova lì forse ha a cuore la causa, c’è il senso di un paradosso: sei bianco, sei benestante, sei maschio e sei etero. Come ti collochi rispetto a chi vive un’esistenza in condizioni ingiuste, disposte proprio da chi, come te, vive nel privilegio di stare nella norma?   

Stacco.

Interno. Tardo pomeriggio.

Capita che l’episodio si sia svolto proprio il giorno prima della presentazione del libro di Fabrice Bourlez Queer psicoanalisi, introdotto da Tommaso Romani (SPI) e da Fau Rosati (Psicologǝ, ricercatorǝ e transfemminista), organizzato con la libreria Antigone, “specializzata in studi di genere, femminismi, arte e teorie queer”.

Un evento tutto “politico” che ha messo insieme un’improbabile combinazione di psicoanalisti e trans, femministe e studenti, teorici del genere e militanti dei movimenti. Tanti giovani.

Una situazione “fuori”, come direbbe Foucault, dagli spazi dell’Istituzione analitica. Ma anche Fuori! a evocare lo spirito della rivista e di quel movimento avanguardistico che è stato Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, fondato negli anni Settanta da Mario Mieli.

Per un certo tempo – due ore buone – la libreria Antigone, ha ospitato questo mix irriducibile di soggettività e codici, posizioni culturali, modelli e modi di stare al mondo che da molto di scrutano e mai si erano incontrati. Tanta entropia poteva produrre una rissa. Già si prevedevano scontri sull’Edipo e la costruzione del Genere, la Castrazione e la Differenza sessuale.

Invece. Complice forse una buona dose di reciproca sintonia tra gli oratori, la serata ha avuto una sua sorprendente coerenza. Senza rinunciare ai propri indispensabili scacchi.

Allora non è un caso che Romani abbia aperto le danze evocando la leggerezza di un’altra presentazione, “L’arte Queer del fallimento” di Jack Halberstam, avvenuta nella sala da ballo dell’Angelo Mai. “Perché anche mettersi in ascolto delle istanze Queer, come di popoli e linguaggi minori, senza forzare verso un discorso maggioritario, significa tollerare il fallimento del dialogo stesso, qualcosa che ha a che fare con la possibilità di lasciarsi spettinare”. Quasi un appello, pur nella sua sobrietà, ad una psicoanalisi che oggi guarda molto nella direzione del mondo Queer, organizzando conferenze e seminari, ma che ancora dimentica di citare quella produzione filosofica, artistica, culturale Queer che riempie gli scaffali della libreria Antigone.

Quasi un appello, pur nella sua sobrietà, ad una psicoanalisi che, sempre più spesso, guarda nella direzione del mondo Queer, organizzando conferenze e seminari, ma dimenticando di citare quella produzione filosofica, artistica, culturale Queer che riempie gli scaffali della libreria Antigone.

Bourlez è stato subito interrogato sulla dimensione del “contro”, racchiusa nel cahier de doleance che la cultura LGBTIQ+ muove a quella psicoanalitica: c’è un sospetto nei confronti della psicoanalisi, radicato nella trasmissione di memorie traumatiche, fatte stigma, assenza di riconoscimento e discriminazione. Qui viene in mente quel passaggio che Olivia Laing dedica al lavoro di Wilehlm Reich e al suo “sporcarsi le mani” spostandosi nei quartieri più poveri e tra le persone più svantaggiate: “I loro problemi non dipendevano dall’Edipo o dall’aver assistito alla scena primaria. Queste persone lottavano contro la povertà, il sovraffollamento, lo sfruttamento lavorativo…” (Laing 2022, p. 92)

Questa divaricazione politica tra Queer e Psicoanalisi in Bourlez diventa però un andarsi incontro. L’autore belga delinea un analista che non arretri di un millimetro di fronte alla propria responsabilità analitica. Che accompagni il soggetto “quanto più in là verso quell’indicibile e intoccabile che è il sessuale”. Ma che sia un analista che rifiuti di diventare parte di quella “stratificazione di oppressioni – per usare le parole del pubblico – che nel tempo hanno violentato i pazienti non eteronormati”.

Secondo Bourlez, per fare gli analisti, servono tatto ed elasticità. La risposta stava già in Sandor Ferenczi (1927-1928, p. 306) che ne “L’elasticità della tecnica psicoanalitica” (pp. 293-303). definiva il tatto “capacità di mettersi nei panni di un altro”. E’ proprio nel carteggio Freud-Ferenczi, cioè in quella liaison che ha generato la psicoanalisi contemporanea – e che Bourlez è bravo a intercettare – che nasce la spinta etica all’elasticità e al tatto. Bourlez: “Solo elasticità si diventa garanti di un’inventiva che colga un problema nuovo. Solo con tatto si tocca l’altrui e la propria individuale vulnerabilità”.  Un analista che recuperi dunque lo spirito dei pionieri, di Freud stesso: che si faccia cioè mettere in crisi e “sabotare” nel suo “discorso maggioritario” da ogni nuova scoperta e da ogni singolo paziente.

Di qui le critiche ai modelli psicoanalitici autoconfermanti (“clinica maggiore”), quelli che per Gail Rubin (1984), esponente di punta dei Queer Studies,  rappresentano “l’ortodossia freudiana” (Migliozzi e Musella 2021), considerata “disinteressata e incapace di esplorare e comprendere i meccanismi psichici sul gender e sulla sessualità”.

Sarebbe questo tipo di modello ad aver prodotto una clinica – hanno insistito molti interventi dal pubblico in sala – che ha attribuito alla scelta trans l’etichetta di “psicosi” e alle persone gay quella di “perversi”.  La proposta di Bourlez è di approdare a una “clinica minore”: “Praticare la psicoanalisi in un modo minore significherebbe individuare gli spazi in cui la pratica analitica vibra di sonorità non conformi, approfondire i punti di rottura rispetto alla propria doxa”.

A chieder ragione di cosa sia la queer psicoanalisi ha pensato Fau Rosati, ricordando come sia necessario chiedersi come cambiano le cose quando il pensiero viene situato in “corpi che non sono etero normati”. Il titolo francese qui dà una mano, perché gioca sulla identità fonetica di Queer e Qu’ouïr? Si punta dritto al tema dell’ascolto.

Fau ha interpellato Bourlez. Chi ascolta? E cosa ascolta l’analista? Quanto rischia di abusare e prevaricare ancora una volta il paziente con le sue teorie? Rosati ha anche sottolineato il significato, per la comunità queer, di un terapeuta che sappia compiere la performance del “coming out, da distinguere dall’outing, che pure nel gergo comune con questo è confuso, ma che invece è il processo per cui qualcun altro svela l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona contro il suo consenso, configurando una pratica controterapeutica”.

Coming out, quindi, “gesto politico, di militanza”, ma anche come prototipo di un processo di riappropriazione soggettiva. Perché bisogna ammettere, come ha ricordato Bourlez, che la neutralità non esiste: anche un “analista cisgender che scrive un libro e che, ad esempio come Miller che ha sposato la figlia di Lacan, sta già facendo coming out su di sé, ma per il fatto che appartiene alla norma lo si considera ancora neutrale”.

Ci torna in mente Preciado che, durante le giornate internazionali dell’École de la Cause Freudienne a Parigi, nel 2019, denunciando la complicità della psicoanalisi con l’ideologia eteronormativa, provocava l’assemblea chiedendo se tra gli psicoanalisti presenti ci fossero omosessuali. O, come ricorda Bourlez, la complicità e il silenzio che in Francia nel 2013 ha avuto la psicoanalisi rispetto agli attacchi della destra che temeva che con il riconoscimento delle coppie gay crollasse l’intero “ordine simbolico sociale”.

Quelle due ore alla libreria Antigone sono sembrate tempo dedicato a una trasformazione, ancora in stato nascente, dei discorsi e delle pratiche psicoanalitiche. Perché di tatto ed elasticità si è parlato. Ma con tatto ed elasticità si è “performata” la relazione tra oratori e pubblico. Anche quando, inevitabilmente il discorso ha toccato lo specifico del compito analitico.

Perché, come ha ricordato Bourlez, “puoi essere un militante e urlare con tutto te stesso a una manifestazione”, ma “al di là del nome che sta scritto sulla bandiera che sventoli, poi devi rendere conto del desiderio inconscio che spinge”.  Si tratta dunque di un interrogativo inevitabile rispetto alla propria militanza anche come psicoanalisti. Gli analisti ha detto Bourlez, devono poter costruire “soggettività emancipate dalla morale”. Tuttavia, come ha sottolineato Romani ricordando il pensiero di Alenka Zupančič, “senza mai rinunciare a mettere il soggetto (qualunque soggetto, di qualunque genere) di fronte al fallimento insito nel sessuale”. Ed è qui che risiede la responsabilità analitica. “D’altra parte, anche in epoca post-edipica, la psicoanalisi mette il grande teatro del genere e delle infinite maschere, di fronte al reale”, ha chiosato Bourlez.

Il dialogo ha spesso inclinato verso il gusto tutto queer della performance teatrale, dell’accumulo di battute. Molto spazio è stato lasciato alle domande di un pubblico attento e poco compiacente. Un’audience, si può dire cha ha provato a mettere in difficoltà gli psicoanalisti presenti di fronte al reale.

Per usare un’immagine efficace proposta da Bourlez, si è trattato di percorrere la traiettoria curva di un nastro di Moeabius, una gestalt che “senza soluzione di continuità cammina avvitando interno ed esterno”. Perché quello che fa la differenza non è la maschera che indossi, ma il ritmo che tieni e la

Resta della serata una domanda cruciale. Che si riaggancia con la scena iniziale. Nella scena c’è tanto di quello che si può dire intorno alla relazione tra mondo queer e psicoanalisi contemporanea.

In quel “siamo noi che NON stiamo bene con te” – così come in quel non cacciare e non andare via – è inscritta una tappa che chiunque provi ad avvicinare l’universo queer è tenuto a fare, immergendosi con la propria soggettività nell’ascolto di una pluralità di rischi, paradossi, contraddizioni e differenze.

Nel setting, nell’incontro clinico con il tuo paziente, tu analista, come ti collochi rispetto a chi vive un’esistenza in condizioni ingiuste, disposte proprio da chi, come te, vive nel privilegio di stare nella norma? 

Bourlez F., Queer psicoanalisi, Mimesis, Roma, 2022

Foucault, M. Il pensiero del fuori, SE, Roma, 1966

Freud S., Il problema dell’analisi condotta da non medici (1926), in Opere (vol. 10), Torino, Bollati Boringhieri, 2000

Ferenczi, S. (1927-1928). L’elasticità della tecnica psicoanalitica (pp. 293-303). In Id. Fondamenti della tecnica psicoanalitica, Vol. III, Ulteriori contributi (1908-1933). Psicoanalisi delle abitudini sessuali ed altri saggi. Trad. it. Rimini: Guaraldi, 1974.
Ferenczi, S. (1928a). Lettera a Freud del 1^ gennaio. In Freud S. e
Ferenczi, S. (1928b). Lettera a Freud del 14 gennaio. In Freud S. e Ferenczi S., op. cit.

Freud, S. (1908). “La morale sessuale “civile” e il nervosismo moderno”. Torino, Bollati Boringhieri.

Freud S., Ferenczi S., Lettere, (Vol I e II) Raffaello Cortina, Milano 1993

Halberstam J. L’arte queer del fallimento, Minimum Fax, Roma, 2022

Laing O. Everybody, Il Saggiatore, Milano 2022

Lemma, A. (2021). “Transgender Identities: A Contemporary Introduction”. Londra, Routledge Introductions to Contemporary Psychoanalysis.

Migliozzi A., Musella R., Giornata mondiale contro Omofobia, Transfobia e Bifobia (https://www.spiweb.it/cultura-e-societa/cultura/17-maggio-giornata-mondiale-contro-omo-transfobia/)

Preciado P., Sono un mostro che vi parla, Fandango Libri, Roma, 2021

Rubin G S (1981) Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality, in Carole Vance, ed., Pleasure and Danger . Routledge & Kegan, Paul, 1984.

Zupančič A., Cosa è il sesso?, Ponte alle Grazie, Milano, 2018

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