Cultura e Società

100 years old and making a comeback – Freud’s theories of the unconscious, THE GUARDIAN, 30 November 2015

15/12/15

The Guardian, Monday 30 November 2015 13.48 GMT

http://www.theguardian.com/international

Mark Vernon

100 years old and making a comeback – Freud’s theories of the unconscious

http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/nov/30/sigmund-freud-unconscious-theories?CMP=Share_iOSApp_Other

INTRODUZIONE: Questo articolo del Guardian saluta l’anniversario della pubblicazione degli scritti di Freud sull’inconscio. A distanza di 100 anni le teorizzazioni freudiane sull’inconscio trovano nuovo credito anche tra gli scettici, perché rispondono a domande centrali sia per la ricerca sia per la pratica clinica. Come possiamo dare senso, e quindi curare, sofferenze che non hanno origine biologica? Neuropsicologia e psicoterapia sono concordi nel considerare il concetto di inconscio dinamico di grande efficacia clinica e riconoscono come il lavoro sull’inconscio richieda tempo, formazione e una grande e profonda attenzione. (Cristina Saottini)

The Guardian, Monday 30 November 2015 13.48 GMT

http://www.theguardian.com/international

Mark Vernon

L’inconscio ha avuto un percorso accidentato da quando Sigmund Freud, proprio in questo mese di 100 anni fa, espose per la prima volta in un fondamentale articolo, tutta l’ampiezza delle sue scoperte. Gli scettici storcono il naso quando se ne parla, considerandolo un concetto caduto in discredito, come quello di invidia del pene. Altri, pur percependo che il padre della psicoanalisi aveva aperto una porta importante, preferiscono tener per sé i propri pensieri, per non essere contagiati dall’ambigua reputazione di Freud e utilizzano concetti più fiacchi come subliminale o subconscio.

Eppure potrebbe proprio essere il caso che, ben lungi dall’essere oltre la sua data di scadenza, il tempo dell’inconscio sia ancora da venire. Le ragioni sono due e riguardano sia la scienza sia la necessità. Per cominciare, le neuroscienze hanno dimostrato definitivamente che c’è molto di più nella nostra mente di quanto noi stessi ne siamo generalmente consapevoli. Mark Solms, che è professore di neuropsicologia e psicoanalista nonché il pioniere dell’impegno teso a verificare le scoperte di Freud, anche scontrandosi con la stessa comunità neuroscientifica, sottolinea spesso come la mente cosciente sia in grado di avere a che fare con sei o sette cose alla volta mentre il resto del sistema nervoso ne può performare migliaia. Alla luce di ciò sembra perverso negare che gran parte della vita psichica avvenga oltre l’orizzonte della nostra consapevolezza e questo è doppiamente vero se si considerano esperienze come il sognare o fare lapsus o le dure esperienze accadute nell’infanzia, che non possono essere ricordate ma che continuano a plasmare la nostra vita adulta.

Così il vero dibattito oggi riguarda se i meccanismi che Freud attribuiva all’inconscio, il cosiddetto inconscio dinamico, fossero corretti. Prendiamo ad esempio la rimozione, cioè la dimenticanza mirata di ricordi che poi ritornano sotto forma di sintomi nevrotici o psicotici. Freud sosteneva che questo accade perché un’esperienza o un pensiero sono intollerabili o impossibili da affrontare, mentre la psicologia cognitiva tende ad opporsi a una tale nozione, preferendo una concezione statica dei contenuti inconsci. Per i cognitivisti i ricordi possono certamente essere persi o collegati a sintomi inspiegabili, ma quei sintomi non possono essere letti come dotati di significato o  simbolizzabili, come hanno fatto Freud e i suoi seguaci ideando la talking cure.

La scienza, tuttavia, sta costruendo delle sfide a questo punto di vista.

Una linea di ricerca esamina alcune condizioni di amnesia, in cui i pazienti fabbricano dei ricordi e negano di non riuscire a ricordare che cosa sia effettivamente successo. È stato dimostrato che queste confabulazioni seguono le regole che Freud ha identificato come dinamiche inconsce. Contengono un significato.

In alternativa ci sono quelli che soffrono di parafrasia, una sindrome in cui le parole dimenticate sono sostituite da altre. Le sostituzioni, in modo simile al primo caso, mostrano patterns che rispecchiano quelli individuati da Freud nei sogni e nei lapsus. Viene così messo in evidenza come la rimozione sia una caratteristica fondamentale  dell’inconscio.

La seconda ragione per cui vale la pena esplorare l’inconscio, ha a che fare con una necessità medica. Prendiamo per esempio il fenomeno dei sintomi inspiegabili dal punto di vista medico.  Ne vediamo ovunque e quotidianamente. Nel suo recente libro “It’s all in your head”  la neurologa Suzanne O’Sullivan riporta che ne soffrirebbe circa un terzo della popolazione che si rivolge ad un medico. Ma la sofferenza è reale e il paziente non sta inventandosi niente. Eppure non si riescono a trovare cause biologiche. Quando consideriamo quanto questo ci costi -uno studio del 2005 sui disturbi psicosomatici stima un costo annuo superiore ai 250 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti- è chiaro che qualunque possibile ragione che possa spiegarli dovrebbe essere studiata con urgenza.

L’inconscio è una di queste possibili ragioni e i disturbi da conversione ci possono dare un esempio calzante. Questi disturbi, conosciuti anche come isteria, sono pure molto diffusi. Ogni clinica neurologica, per esempio, ha nei suoi registri molti pazienti che vivono vite assai limitate per via di convulsioni, senza che l’EEG evidenzi alcuna attività epilettica nel cervello. Altri pazienti soffrono di mancanza di respiro, cecità, dolore, paralisi. Come riconosce la O’Sullivan, anche se ora ci sono tecnologie che permettono di vedere all’interno del cervello, la scienza è a malapena capace di fornire direzioni, tantomeno spiegazioni esaurienti.

Ma l’idea centrale di Freud sui disturbi da conversione, vale a dire che alla loro origine ci sia un trauma o un trauma percepito, è ora regolarmente dimostrata come efficace clinicamente.

In un recente dibattito su questo argomento che si è tenuto al Freud Museum  a Londra, il neuropsichiatra Richard Kanaan e la psicoterapeuta Stephanie Howlett hanno trattato l’argomento. Quando esaminiamo con accuratezza le storie dei pazienti -cosa che, ovviamente, richiede tempo, formazione e denaro- spesso vengono alla luce le dissociazioni e il significato dei sintomi. Il loro consiglio è di trattare i pazienti in modo interdisciplinare. Howlett lavora insieme a psicologi fisioterapisti e neurologi. Kanaan afferma che se Freud avesse parlato di disordine post traumatico da stress, PTSD, invece che di isteria, sarebbe oggi ricordato come un eroe pionieristico

Nessuno sta dicendo che l’inconscio sia una bacchetta magica. Si tratta spesso di condizioni complesse. Lo stesso Freud ha sottolineato che lavorare con l’inconscio richiede una grande e profonda attenzione, proprio perché è inconscio.

Oltre a ciò la psicoanalisi stessa ha rivisto radicalmente le conclusioni originali di Freud e ora può contare su un secolo di saggezza nel confrontarsi con questa parte di noi stessi così nascosta e dalla potenza così devastante.

Freud riteneva che il suo lavoro fosse solo agli inizi, la ricerca scientifica e il puro bisogno umano ci consigliano di continuare con energia quello che egli ha iniziato.

Traduzione di Cristina Saottini

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