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L’analista inquieto tra i disagi della civiltà.  D. D’Alessandro. Huffpost, 17/06/2024

21/06/24
L’analista inquieto tra i disagi della civiltà. Huffpost, di D. D'Alessandro. Huffpost, 17/06/2024

Parole chiave:  Freud, Psicoanalisi, Disagio civiltà, Bion

L’analista inquieto tra i disagi della civiltà

di D. D’Alessandro

L’ultimo libro di Andrea Baldassarro si interroga sull’antico desiderio di sapere e sui limiti di indagine dell’animo umano

Andrea Baldassarro, mettendo insieme articoli, saggi e riflessioni disperse in tanti anni di studio e di lavoro analitico, ha in realtà scritto un libro decisivo sull’analista e l’analisi, su teoria e pratica analitica, aggiungendo in appendice anche una lunga intervista del 2006, sempre attualissima, a Zygmunt Bauman. Così, “L’inquietudine dell’analista”, edito da Alpes, non solo ci spiattella in copertina l’autoritratto di Lucian Freud, che c’interroga come mai smette di interrogarci il celebre nonno, ma ci dice dell’oscuro oggetto della psicoanalisi, del silenzio e della parola, del metodo psicoanalitico e del soggetto della conoscenza, delle famiglie psicoanalitiche, di ciò che resta della formazione degli analisti, dell’inattualità della psicoanalisi, del(la) perdita, del sentimento oceanico nel negativo materno, dei disagi della civiltà, per stare sui temi a me parsi più cruenti, temi che, mentre vengono letti, ci leggono.

Baldassarro, psichiatra e psicoanalista con funzioni di training della SPI e dell’IPA, ebbe già modo di parlarmi dell’analisi come di “un’esperienza, una vicenda umana che fa dialogare il soggetto in analisi non solo con il proprio analista – e attraverso questo/a, con tutti quelli/e che lo hanno preceduto – ma soprattutto con il proprio inconscio, e ovviamente con quello del proprio analista. Un’esperienza, non vorrei esagerare, che forse rappresenta, in una società della quale dire che è secolarizzata è ormai dir poco, una delle poche possibilità di entrare in una dimensione che attiene al sacro. Beninteso, non al sacro appannaggio delle religioni – sulle quali già si era appuntata la riflessione critica di Freud – ma alla sua forma ‘laica’, che comporta il poter entrare in contatto con la sacralità della vita, di ogni esistenza, anche di quella apparentemente più insignificante”.

Non è un caso se Baldassarro, oltre a Freud, Winnicott, Bion e al suo amato Green, colloca anche Lacan tra i maestri più convincenti della psicoanalisi, perché sa che l’analista “a un certo punto decade, non serve più, diventa, per lo psicoanalista francese, poubelle, immondizia. Può sembrare un’esagerazione, ma è il destino di ciò che abbiamo usato e che non ci serve più. Non c’è nulla di scandaloso in questo”.

Quante volte ho parlato con Carmelo Licitra Rosa, che a Lacan ha dedicato libri di raffinata sensibilità analitica, della funzione dell’analista e di ciò a cui egli è destinato. Baldassarro aggiunge che il rischio sempre presente dietro l’angolo dell’analista “è di mettersi nella posizione del ‘soggetto supposto sapere’, di presumere di sapere sull’altro quello che invece è sempre da scoprire, magari sorprendendosi per quello che si trova. Il metodo freudiano è un metodo che prevede la pazienza dell’ascolto e la formulazione di ipotesi che vanno messe alla prova, mentre spesso si ritiene di saperne dell’altro, magari utilizzando semplici schemi di valutazione che valgono sempre, ma che sono solo parole d’ordine buone in ogni circostanza, mentre ogni analisi è un’esperienza individuale, dunque irripetibile”.

Ecco, l’irripetibilità dell’analisi e dell’essere umano. Questa irripetibilità, mettendosi nelle mani di ciò che si presenta inattuale, affidandosi a essa, trova “il modo migliore per comprendere il presente. Ritengo anche che la ‘vocazione’ della psicoanalisi sia ancora quella di interrogare il modo in cui prendono forma i comportamenti, i conflitti, le relazioni umane. E che per far questo deve avere uno sguardo sul mondo e provare, dialogando con altri saperi, a disegnare una ‘mappa’ della contemporaneità, senza rinchiudersi nel recinto della sola clinica, per quanto resti la sua fonte maggiore di impegno e riflessione, oltre che di responsabilità etica”.

Già, la responsabilità etica. Il libro di Baldassarro aiuta a riconsiderare, oltre che a tenere ferme, queste due paroline. Se l’oscurità è la materia stessa della psicoanalisi, la responsabilità etica ne è il suo cuore.

Un altro signore, legato all’inquietudine, scrisse: “Una delle mie preoccupazioni costanti è capire com’è che esite altra gente, com’è che esistano altre anime che non sono la mia, coscienze estranee alla mia coscienza; la quale, proprio perché è coscienza, mi sembra essere l’unica possibile”.

Si chiamava Fernando Pessoa. Lo trovate in esergo all’inquietudine dell’analista, significativo libro di Andrea Baldassarro.

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