Cultura e Società

Escher. “Oltre il possibile”. Pisa, 13 Ottobre 2017- 28 Gennaio 2018

30/11/17

“ESCHER. OLTRE IL POSSIBILE”.  Palazzo Blu, Pisa, 13 Ottobre 2017-28 Gennaio 2018

Maria Grazia Vassallo Torrigiani                                                                                        

Osservate questa immagine: no, non siamo nella Scuola di Magia di Harry Potter, dove le rampe di scale possono di colpo, magicamente, cambiare posizione. Siamo  invece di fronte a ‘Relativity’- un’opera di Escher il cui titolo omaggia Einstein-  che ci disorienta catturando  il nostro sguardo  in un universo spazio- temporale di piani e punti di vista multipli, facendo coesistere  in uno stesso spazio prospettive abitualmente inconciliabili per l’esperienza umana consueta.

Questo lavoro, insieme ad oltre un centinaio di altre incisioni e litografie, è esposto a Pisa nella mostra ‘Oltre il possibile’ dedicata all’artista olandese Maurits Cornelis Escher ( 1898- 1972). Nove sezioni organizzate tematicamente- animali, oggetti e riflessi, geometrie e ritmi, paesaggi, l’artista, architetture fantastiche, nature, autoritratti- e un allestimento che con studiate strategie espositive a tratti immerge il visitatore nello stesso mondo visionario e complesso di Escher, illustrano il dispiegarsi degli interessi e della ricerca creativa di un artista decisamente singolare, relativamente isolato e indipendente da scuole o movimenti a lui contemporanei. Escher non solo visse molti anni a Roma con la moglie russa conosciuta in Italia, ma viaggiò a lungo per il nostro paese, lo  percorse in lungo e in largo affascinato dai piccoli paesini abbarbicati su alti e scoscesi dirupi appenninici e dalle coste frastagliate della riviera amalfitana, ispirato dalle loro forme così come lo fu dalle architetture e decorazioni moresche dell’Alhambra di Granada.

‘Oltre il possibile’. Ed ecco spalancarsi ai nostri occhi di spettatori  immagini di mondi impossibili a rigor di logica, architetture inedite e spiazzanti,  visioni di forme che trasmutano in metamorfosi di geometrie ricorsive. Prospettive inattese scompaginano i piani consueti, le dimensioni spaziali si moltiplicano e coesistono in una vertigine dello sguardo: è questo l’universo creato dall’immaginazione di Escher e che  virtuosisticamente prende forma sotto la sua mano.

Gli spettatori comuni sono sorpresi, meravigliati e spesso affascinati dalle sue opere. Anche fisici, matematici e studiosi di logica le amano molto:  amano i suoi mondi di rigorose armonie geometriche, di perfette forme poliedriche, di figure spaziali non univocamente orientabili  e infinite come le spirali e i nastri di Möbius, ipnotici universi chiusi in moto perpetuo o inquietanti coesistenze di mondi paralleli. Amano Escher in quanto riconoscono in lui la straordinaria capacità di fornire rappresentazione artistica a molti concetti astratti elaborati dalle discipline scientifiche, realizzando plasticamente l’incontro tra mondi a lungo ritenuti  distinti e inconciliabili come l’arte e la scienza. Fa sorridere leggere che Escher affermasse di non capirne più di tanto di formule e di matematica : “ Non una volta mi diedero una sufficienza in matematica…La cosa buffa è che, a quanto pare, io utilizzo teorie matematiche senza saperlo. No, ero un ragazzo gentile e un po’ stupido a scuola. Immaginatevi  adesso che i matematici illustrano i loro libri con i miei quadri! (…) Non  riescono neppure ad immaginarsi che io non ne capisco nulla”.

Qualche decennio fa, tra l’altro, un improvviso soprassalto di attenzione e notorietà derivò ad Escher da un libro di Douglas Hofstadter, “ Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante”, dal contenuto piuttosto complesso e aggrovigliato, che si interrogava sul pensiero umano e la coscienza agli albori dell’Intelligenza  Artificiale, ricco tuttavia di brillanti suggestioni ed arditi collegamenti, che ottenne non solo  il Pulitzer Prize ma anche un grande successo di pubblico. Hofstadter metteva insieme l’artista Escher, il musicista Bach e lo studioso di logica Gödel in quanto, secondo lui, essi gli apparivano collegati da uno ‘Strano Anello’, ‘Anello’ messo in figura nei disegni di Escher, messo in forma musicale nelle fughe e nei canoni di Bach, e messo al centro della logica che sottende il teorema di incompletezza di Gödel. Per ‘Strano Anello’ si intende il fenomeno che si presenta quando oggetti o idee si riferiscono o parlano di se stessi, quando si pongono come autoreferenti o ricorsivi, presentando ciò che appare un paradosso, una contraddizione logica.

Un interrogativo che chiama in causa l’autoreferenzialità è certamente la questione di come possa darsi una conoscenza della mente, di come la mente umana possa investigare e conoscere se stessa- e la mano che disegna se stessa nel celebre lavoro di Escher è il correlato oggettivo di questa vertiginosa domanda. Psicoanalisi e neuroscienze sono due discipline che muovono da assunti differenti, ma ciascuna con i propri strumenti e dalla propria prospettiva esplorano piani diversi stesso oggetto- mente. Riuscire a tenere insieme questi piani nel dialogo interdisciplinare è oggi la sfida – paradossale? ‘oltre il possibile’? – a cui siamo chiamati come psicoanalisti che studiano la mente umana. In un commento su SPIweb al volume collettaneo “Il cervello può capire il cervello? Colloqui sulle neuroscienze e i limiti della conoscenza”, curato dal filosofo della scienza Matthias Eckoldt, lo psicoanalista Giorgio Mattana scrive: “ Lo studio scientifico del cervello, sembrerebbero affermare in modo convergente neurofisiologi, neuropsicologi, neurolinguisti e neuroinformatici, è pur sempre progettato, concepito e condotto sulla base delle capacità cognitive e operative del cervello stesso. Può questo genere di conoscenza avere un valore assoluto, o dovrà sempre e comunque averne uno relativo, dovuto a una sorta di invalicabile limite «kantiano», che ci consente una sempre più approfondita e dettagliata conoscenza del «fenomeno», ma ci impedisce di cogliere la «realtà in sé»? “. Mattana si chiede se questa non rappresenti la cornice in cui promuovere un fertile confronto tra psicoanalisi e neuroscienze, nella consapevolezza della complessità del reale, della molteplicità dei livelli di indagine e dei rispettivi ambiti di spiegazione e ‘verità’. https://www.spiweb.it/ricerca/matthias-eckoldt-kann-das-gehirn-das-gehirn-verstehen/

Declinando ulteriormente il titolo e le suggestioni della mostra su Escher, all’interno della pratica psicoanalitica che vede analista e paziente affiancati in un percorso di conoscenza della verità emotiva profonda ‘oltre il possibile’ significa trovare il coraggio di andare al di là del noto e della logica che domina la nostra esperienza immediata, disporsi ad abitare ciò che appare contradittorio o paradossale, provando a tenere insieme diversi piani della realtà psichica aprendosi all’immaginazione e alla scoperta. Nella realtà psichica non esiste solo l’esperienza cosciente, ma ci sono anche esperienze, fantasie, emozioni e stati mentali che appartengono alla dimensione inconscia della mente, a cui il lavoro psicoanalitico può farci avere accesso e aiutarci a tollerare ed integrare, nonostante questi aspetti possano apparirci perturbanti, contraddittori, conflittuali, alieni rispetto alla più rassicurante rappresentazione che abbiamo di noi stessi. ‘Oltre il possibile’ significa dunque alimentare la speranza che il dolore mentale, che impoverisce e mortifica la nostra essenza vitale, possa cedere il passo alla possibilità di accrescere la consapevolezza di parti sconosciute di noi, consentendoci di sognare sogni inediti e mai sognati e vivere con più pienezza la nostra esistenza.

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