Cultura e Società

A Bigger Splash

8/09/15

A Bigger Splash

Luca Guadagnino, Italia, Francia, 2015, 120′

in Concorso

commento di Elisabetta Marchiori (con la gentile collaborazione di Stefano Marino)

Nel film di Guadagnino, la consueta alta qualità delle immagini e dei suoni, come un cattivo doppiaggio, non riesce ad aderire alla narrazione né a dare prospettiva alla realtà psichica dei personaggi.

Il tutto viene ridotto ad una macchiettistica rappresentazione della volubilità e amoralità del Jet Set della musica pop (sedicente rock).

Le vicende dei personaggi sembra non abbiano nessun rapporto con l’ aspra natura dell’isola di Pantelleria e, in questo, il film riesce persino a sprecare il suggerimento stilistico che proviene da  L’avventura  di Antonioni.

Remake de La piscine, film del 1969 di Jacques Deray con Alain Delon e Romy Schnaider, che il regista afferma di aver accettato solo per ‘seguire i desideri degli altri’, dispone di  un cast prestigioso, ma di cui non si esprimono le potenzialità.

Una star del rock al tramonto, afona, un giovane compagno documentarista ex alcolista con precedenti suicidari, un incontenibile e incontinente ex-produttore dei Rolling Stones  e la sua giovane presunta figlia, una Lolita  manipolatrice, si trovano a convivere nella situazione chiusa di un  dammuso. Qui si presentano e vengono agiti, senza riuscire a…, fantasmi  incestuosi e la pulsione d’impossessamento, di matrice freudiana,  invade i protagonisti: fare ciò che si vuole della mente e del corpo dell’altro.

Incapaci di accettare lo scorrere del tempo e i limiti che il principio di realtà impone al desiderio di onnipotenza, essi si trovano catturati dalla coazione a ripetere in un complesso gioco di ricatti, seduzioni e segreti, in cui nessuno vince e nessuno perde.

L’unico vero perdente appare il maresciallo dei carabinieri, interpretato da Corrado Guzzanti, disposto a sottomettersi incondizionatamente al fascino della rock star e a scambiare la ricerca della verità, seppure evidente, con un suo autografo.

Dopo un’ora e quarantacinque minuti di una visione che può produrre sentimenti diversi e contrastanti, l’entrata in scena di Guzzanti trasforma inaspettatamente il presunto dramma in una godibile farsa che, almeno a me, ha fatto  tirare un sospiro di sollievo.

Qualcuno ha insinuato che quest’opera si inserisca in un filone di rappresentazione di una Sicilia pittoresca ad uso e consumo dei mercati cinematografici internazionali. Di fatto tali visioni sono meno evocative di quelle realizzate da Sironi  con le  serie televisive del commissario Montalbano.

In risposta, il regista ha difeso la libertà d’opinione…

6 settembre 2015

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