Cultura e Società

“Dogman” di L. Besson. Recensione di S. Pesce

24/08/23
"Dogman" di L. Besson. Recensione di S. Pesce

Parole chiave: trauma, abuso, aggressività, oggetti invasivi

Autore: Simona Pesce

Titolo: Dogman, Mostra del Cinema di Venezia – 2023,  in Concorso.

Dati sul film: regia di Luc Besson; Francia, 2023, 114 minuti. 

Genere: drammatico

Si potrebbe dire che Dogman è una favola contemporanea o si potrebbe leggere tutto il  film come una fine indagine psicologica sul “come riesce una persona a sopravvivere e a gestire la propria sofferenza”. Queste ultime sono parole del regista Luc Besson in un commento fatto sul suo film presentato ieri in Concorso all’80a Mostra d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Liberamente ispirato a un fatto di cronaca francese, il noto regista Besson idea un film che impressiona per l’equilibrio tra delicatezza e orrore. L’attore statunitense Caleb Landry Jones è un ottimo interprete della complessità del personaggio che è al centro di questo dramma.

Ambientato in un’America degradata e violenta la storia parla della vita di un uomo che da bambino è stato “messo in gabbia” e atrocemente maltrattato dal sadismo del padre. Letteralmente bloccato nella sua possibilità di muoversi da quel trauma feroce, per via di un incidente, Dogman porta addosso i segni della sua tragedia.

Ma il film va ben oltre l’atrocità subita da Dogman e mostra la soluzione creativa di un uomo bambino che sopravvive grazie all’unione di se stesso con una moltitudine di cani.

Dei cani dice che hanno tutte le virtù degli uomini ma nessuno dei suoi vizi, unico loro peccato è la fiducia che mostrano all’essere umano.

Dogman è protetto da un suo esercito di cani soldati, ubbidienti e fedeli. Solo un tale esercito potrà scomporre e gestire la sua aggressività, il suo bisogno di vicinanza e di libertà. La calma che mantiene è dovuta al fatto che una frammentazione della sua potenza distruttiva è possibile solo grazie ai tanti cani che possono e devono agire in modo istintivo e aggressivo. Così ci si puó liberare della violenza che un trauma infantile inevitabilmente crea nell’interiorità di un essere umano.

Solo così Dogman mantiene un’umanità che altrimenti sarebbe impossibile.

Il film accompagna il pubblico in un’alternanza di scene difficili da guardare e di momenti poetici e creativi, espressione del contrasto dell’identità di un uomo che si dichiara morto più volte. E se i cani sono veramente i suoi bambini, che lo possono liberare dalla prigionia che deve portare con sé, allora la soluzione è stata trovata e le parole della canzone di Edith Piaf che accompagnano lo spettatore per tutto il film ne sono la sintesi:

Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien
Ni le bien qu’on m’a fait
Ni le mal tout ça m’est bien égal!

Settembre 2023

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