Cultura e Società

“Siccità” di P. Virzì Recensione di S. Mondini

10/10/22
"Siccità" di Paolo Virzì Recensione di Silvia Mondini

Autore: Silvia Mondini

Titolo: “Siccità”

Dati sul film: regia di Paolo Virzì, Italia, 2022, 124′.

Genere: commedia drammatica

“Ora siamo al cuore della crisi e la crisi è nel cuore dell’umanità”

(E. Morin, 2022).

Presentato fuori concorso alla 79 Mostra del Cinema di Venezia “Siccità” – diciassettesimo lungometraggio del pluripremiato regista livornese – è un film corale che racconta di noi, oggi e in futuro non troppo distante.

Ideato durante il lockdown e scritto in collaborazione con Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo, il film unisce realtà e finzione per costruire il racconto a più voci di una crisi ambientale che diviene metafora di una crisi dell’umanità. Un’umanità che è inaridita, prosciugata, come il letto del Tevere, e svelata da storie in apparenza autonome che via via, proprio come accade nella vita reale, scopriamo essere legate da un intreccio più ampio.

Dopo tre anni di siccità su Roma, un tempo Caput Mundi, grava un’atmosfera apocalittica: le riserve idriche sono letteralmente agli sgoccioli, l’alveo del Tevere è un terreno di scavo per archeologi da cui emergono gloriose rovine e insopportabili odori di putrefazione, i pesci muoiono, le blatte invadono la città e gli abitanti sprofondano in una contagiosa letargia virale. Non tanti muoiono di sete e di sonno, ma chi sopravvive si arrabatta in un’esistenza condita da meschinità, rabbia, frustrazioni, ricerca d’amore, piccole e grandi ipocrisie raccontate con quella delicata ironia che, da sempre, è la cifra che contraddistingue Virzì: un tassista che guida parlando con i suoi fantasmi (Valerio Mastrandrea), un detenuto per uxoricidio che preferisce tornare tra le braccia del carcere (Silvio Orlando), una dottoressa che “si accorge di tutto ma non vede niente” (Claudia Pandolfi), un ex attore di teatro che fa l’influencer su come razionare l’acqua (Tommaso Ragno) e altri ancora.

Fa da sfondo una colonna sonora vincitrice del Soundtrack Stars Award 2022 – ovvero il premio per la Miglior Colonna Sonora tra i film presentati alla Mostra – composta da musiche originali di Franco Piersanti e da un brano di Mina particolarmente caro al regista “Mi sei scoppiato dentro al cuore” (1966).

“Potrei citare Flaubert – afferma Virzì durante la presentazione ufficiale– e dire: tutti questi personaggi sono io […] anche Monica Bellucci a cui ho chiesto di prendersi in giro con ironica amarezza”. È a lei — nel ruolo di una star che affronta il tema della fine del mondo —- che viene affidato l’interrogativo che attanagliava gli autori durante il primo lockdown “Che futuro ci aspetta, che futuro aspetta alla nostra umanità?”.

E anche se lei — una Bellucci che interpreta se stessa — preferisce ubriacarsi di Daiquiri e sedurre lo scienziato (parodia, anche nello spiccato accento veneto, del virologo Crisanti) ricordandogli che sulla terra siamo solo di passaggio, Virzì ci tiene a precisare che questo film apocalittico e un po’ pazzo contiene, comunque, un messaggio di speranza, un segreto di salvezza futura: l’interconnessione che lega storie in apparenza autonome e permette l’incontro di solitudini.

Una speranza certamente condivisibile ma troppo ottimistica in quanto elude la complessità dell’essere umano, del suo pensiero e del rapporto con l’ambiente che lo circonda. È la complessità che consegue al fatto che l’uomo “non è solo una creatura mansueta e bisognosa d’amore” ma anche un soggetto che nell’altro vede “un oggetto su cui sfogare la propria aggressività, da sfruttare senza ricompensa alcuna, da umiliare, far soffrire, torturare, uccidere” (Freud, 1929, 599), un soggetto abitato da un pensiero cosciente volto a tener lontano quel che risulta sgradevole o minaccioso.

Guidato dalla logica del benessere e/o del profitto l’essere umano ha ignorato o sottovalutato quel rischio ecologico globale evidenziato già cinquanta anni fa dal rapporto Meadows (1972): l’inquinamento di fiumi e oceani, quello della città, il degrado del suolo per effetto dell’agricoltura industriale, la deforestazione, la costante diminuzione della biodiversità, il riscaldamento climatico.

Riflettendo proprio su questo continuo deterioramento che affligge il mondo vivente, esseri umani compresi, Edgar Morin sostiene che il 1945, con l’annientamento di Hiroshima e Nagasaki, ha segnato l’inizio di una nuova era, in cui si è sviluppata la pandemia da Covid-19. È un’era che ha la caratteristica di unire il destino della Terra, della vita e dell’umanità racchiudendo in sé, allo stesso tempo, pericolo mortale e prospettiva di metamorfosi (Morin, 2022, 38).

Ed è proprio percorrendo questo crinale tra pericolo mortale e prospettiva di metamorfosi che si rende necessario immaginare come affrontare questa crisi dell’umanità, una crisi nuova e allo stesso tempo perenne. Ed è per questo che, ora più di prima, diviene auspicabile integrare una ricerca individuale e personalissima, quale quella psicoanalitica, con una ricerca politica volta alla “formazione di menti interrogative, in grado di problematizzare e dubitare, capaci di autocritica e critica, di affrontare i nostri problemi vitali. […] capace di riportare umanità e convivialità alle nostre esperienze” (Morin, 2022, 70-71). Ed è per questo che, come psicoanalista, sostengo con gratitudine la possibilità di un uso discreto e costruttivo dei social e individuo nell’interconnesione (di cui parla anche Virzì) una possibilità di speranza: “La speranza coraggiosa della lotta iniziale” (ibidem, 75).

Bibliografia

Freud S. (1929). Il disagio della civiltà. OSF, vol.10.

Morin E. (2022). Svegliamoci. Mimesin, Milano.

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