Cultura e Società

Nomofobia in età evolutiva. La famiglia dei…cellulari! R. Rizzitelli e M. Galeota

20/03/23
Nomofobia in età evolutiva. La famiglia dei…cellulari! R. Rizzitelli e M. Galeota

Parole chiave: bambini, sviluppo, gioco

Nomofobia in età evolutiva. La famiglia dei…cellulari!

R.Rizzitelli M.Galeota

A chi non è capitato di vedere bambini molto piccoli, ancora sul passeggino, silenziosi e completamente assorbiti dai giochini sul cellulare mentre mamma e papà sono in coda?

E… anche mamma e papà sopportano pazientemente che arrivi il loro turno perché rispettivamente impegnati con il cellulare o il tablet!

Stiamo assistendo ad un cambiamento epocale dei punti di riferimento relazionali che coinvolgono i nostri bambini e gli adolescenti. Possiamo supporre che per molti di loro, improvvidamente abbandonati davanti ad un video, spesso con uno schermo piccolissimo quale è quello del cellulare, “l’oggetto transizionale”, non prenda forma, perchè la mente del bambino si sviluppa, magnetizzata da oggetti freddi e meccanici. Il pericolo è che  un oggetto elettronico sostituisca del tutto il Teddy bear, o chi per lui, appiattendo  la mente,  il pensiero del bambino che non potrà certo immaginare e trasferire vissuti e fantasie  su un  giochino preordinato dove è tutto previsto meccanicamente.  

In tali contesti risulta impossibile, per il bambino, vivere alcune fasi evolutive fondamentali per lo sviluppo del pensiero e, per esempio, poter dare voce all’animismo, e, elemento ancora più triste, sviluppare correttamente le  capacità empatiche. Il “rappresentante psichico” più formidabile, nella mente di questi bambini, ingaggiati in un rapporto tossicomanico con tali mezzi, è proprio un cellulare o il computer.

Ma quali sono i sintomi di queste precocissime “nomofobie”? E come aiutare i nostri bambini a superarle? Il bambino che ha sviluppato una dipendenza dal cellulare e/o dal tablet fatica a incontrare lo sguardo, non riesce ad accedere al gioco simbolico e all’animismo facendo vivere e parlare i giochi, non vuole ascoltare e non si interessa a favole e racconti, fatica a socializzare, ed anzi non vuole  giocare con gli altri bambini, diventa irascibile e agitato se non può avere fra le mani il cellulare  o il tablet di mamma o papà. Nei ragazzini, la piazzetta o i giardini sono ampiamente sostituiti dalla play-station, con la convinzione di essere con gli altri attraverso il collegamento  via cavo. Rifiutano categoricamente di fare sport o attività ricreative che li portino ad uscire di casa, spesso vanno incontro al sovrappeso generato dalla sedentarietà. L’eccessiva richiesta di motilità fine per gestire il joystick è molto frustrante, rispetto al naturale bisogno di movimento e socializzazione “dal vivo” dei soggetti in età evolutiva. 

Che cosa può aiutare i genitori a far recuperare una dimensione di “normalità” dei loro bambini? Un ottimo apporto proviene in modo molto naturale, dal nido o dalla scuola in generale, dove  l’accesso a questi mezzi informatici è un dato di fatto che sia escluso, così come  il far frequentare assiduamente uno sport adeguato all’età, che faciliti il contatto con il proprio corpo e la coordinazione dei movimenti, nonché la socializzazione.  I genitori dovrebbero inoltre impegnarsi in un programma condiviso di “alfabetizzazione emotiva” del proprio bambino, con tempi e spazi dedicati a giochi e letture che li impegnino in prima persona e che chiamino il bambino ad una fattiva partecipazione: puzzle, didò, giochi di ruolo, lego, sono solo alcuni dei molti stimoli che possono aiutare a far recuperare aree dello sviluppo del pensiero fondamentali per la formazione di un una personalità equilibrata e serena.    

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