Cultura e Società

Set up Punta della dogana. Venezia, 22-23 febbraio 2018. Recensione di Franca Munari

18/05/18

Set up Punta della dogana, Venezia 22-23 febbraio 2018 

Collettivo Cinetico O+ scritture viziose sull’inarrestabilità del tempo

 

Franca Munari

All’interno dell’evento di musica e performing art Set up a Punta della dogana, vedo questa performance del Collettivo Cinetico. Sul programma non c’è il titolo della performance, lo conoscerò solamente dopo cercandola su youtube. Sono quindi assolutamente libera di seguire le  mie associazioni assistendovi.

Siamo seduti a terra, assiepati lungo una passatoia bianca, un giovane uomo si dispone ad un estremo, accucciato, munito di due grossi pennarelli neri, la donna all’altro estremo.

Set Up Punta della Dogana, ph Matteo De Fina © Palazzo Grassi.

Per tutto il tempo della performance lei produrrà delle evoluzioni complesse spostandosi molto rapidamente da una parte all’altra della passatoia, lui spostandosi altrettanto rapidamente, cercherà di fissare nella sua mente la forma e i percorsi di ogni evoluzione, il più precisamente possibile, per riprodurne l’immagine sulla passatoia in forma di pittogramma. Dovrà farlo molto velocemente per non perdere l’evoluzione successiva, e ogni volta dovrà anche ricalibrare la giusta distanza da lei, quella necessaria per poter cogliere i particolari delle imprevedibili e sempre diverse evoluzioni che lei, assolutamente indifferente a lui e completamente assorta nei suoi gesti e assorbita dal suo movimento, sta compiendo. Lui dovrà quindi scegliere di volta in volta se avvicinarsi a lei o allontanarsi da lei per poterlo fare.

Riconosco rapidamente tutto questo perché sto facendo qualcosa di simile: dalla mia postazione, seduta a terra, impossibilitata a spostarmi e limitata da quelli che mi stanno accanto, cerco con il mio cellulare di prendere delle foto dei piedi di lei, per il mio archivio di immagini di d’Après da Gradiva[1].

 

“Supponiamo che l’oggetto che fornisce la percezione sia simile al soggetto, cioè un essere umano prossimo (Nebenmensch). L’interesse teorico [suscitato nel soggetto] si spiega anche in quanto un oggetto siffatto è stato simultaneamente il primo oggetto di soddisfacimento e il primo oggetto di ostilità, così come l’unica forza ausiliare. Per tale ragione è sul suo prossimo che l’uomo impara a conoscere. I complessi percettivi che sorgono da questo prossimo saranno in parte nuovi e imparagonabili: per esempio i suoi lineamenti (nelle sfera visiva); ma altre percezioni visive (per esempio i movimenti delle mani) coincideranno nel soggetto con i suoi ricordi di analoghe impressioni visive del suo corpo, i quali si assoceranno a ricordi di movimenti sperimentati da lui stesso. La stessa cosa accadrà con altre percezioni dell’oggetto; quindi, per esempio, se l’oggetto grida, un ricordo delle proprie grida risusciterà [nel soggetto] rinnovando le sue esperienze di dolore.” (Freud 1895, 235)[2]


Set Up Punta della Dogana, ph Franca Munari.

L’operazione di cattura risulta difficilissima.

 

E’ necessario tener presente che io non conosco il titolo della performance: O+ scritture viziose sull’inarrestabilità del tempo.

Quello che immagino in quel momento, non è quindi che lui cerchi di fermare, e trattenere e rappresentare, le evoluzioni di lei, ma che venga messa in scena una sorta di allegoria dei pensieri di lei che lui vorrebbe conoscere e controllare. Fantastico che si tratti di una coppia, lei indifferente e sicura, isterica forse?, lui preoccupato della sua posizione nella mente e negli affetti di lei, quindi alla ricerca di un impossessamento, (emprise) di lei, di una comprensione dei suoi imperscrutabili, temibili pensieri.

Concentratissimo, gli occhi aggrottati nello sforzo, appunto la scruta, si arrovella, fa ipotesi subentranti, le prova tutte, si avvicina disponibile e attento e si allontana, apparentemente discreto e rispettoso … pronto a scattare e ripartire per avvicinarsi appena ne intraveda la possibilità.

Come un amante insicuro: ‘Mi vorrà?’ ‘Mi pensa?’ ‘Mi ama?’

 

“Così sempre corre il giovane verso la donna: ma è davvero amore per lei a spingerlo? O non è amore soprattutto di sé, ricerca di una certezza d’esserci che solo la donna gli può dare? Corre e s’innamora il giovane, insicuro di sé, felice e disperato, e per lui la donna è quella che certamente c’è, e lei sola può dargli quella prova. Ma la donna anche lei c’è e non c’è: eccola di fronte a lui, trepidante anch’essa, insicura, come fa il giovane a non capirlo? Cosa importa chi tra i due è il forte o il debole? Sono pari. Ma il giovane non lo sa perché non vuole saperlo: quella di cui ha fame è la donna che c’è, la donna certa.” (Calvino 1960, 303)[3]

 

La loro strada comune, il loro luogo, si riempie di ipotesi, simili, differenti, subentranti, ipotesi che si sovrappongono e intasano. Lui non la raggiungerà mai, si condanna al suo studio di lei, distante e frustrante e alla sua incertezza. Non può godere di lei perché se ne vuole impossessare.

I pittogrammi si affastellano inadeguati e labili, difficile trovare ancora spazio per aggiungerne, entrambi li pestano, qualcuno viene in parte cancellato, o sfumato.  I loro corpi li attraversano e li strofinano, li ripassano e li ripetono: ne restano segnati. La suola bianca delle scarpe di lui ingrigisce, le sue dita trattengono parte dell’inchiostro che non arriva al geroglifico. I piedi di lei lentamente anneriscono, si impregnano di quel fluido nero che dovrebbe rappresentare il loro movimento. Entrambi toccando e assorbendo il mezzo – l’inchiostro, che dovrebbe essere il mezzo della trasformazione del movimento (del pensiero) di lei, attraverso la rappresentazione (il pensiero) di lui – un poco si trasformano: scuriscono.

Indossano le ombre che hanno proiettato sopra ai segni della loro storia, incarnano l’ombra che ne resterà.


Set Up Punta della Dogana, ph Franca Munari.

Racconterò in questi termini questa performance ad una paziente dolorosamente arroccata in una posizione di passiva, rabbiosa dipendenza nei confronti di un partner che finiva per non poter amare ed apprezzare, proprio perché doveva, disperatamente, appropriarsene, diventare sicura di una sua indefinita presenza futura per lei. Fronteggiava così la sua ambivalenza, la sua, di lei, incertezza di volerlo, di volere quella relazione, scrutandolo e tenendosi a distanza. Ripeteva ciò che a sua volta aveva subito: dover indefinitamente esserci per dei genitori che la trattenevano lamentandosi delle sue assenze e che, una volta rassicurati dalla sua presenza, la ignoravano.

E’ stata una buona storia per lei. Emozionante, utile, in grado di trasformare pensieri.

O+ scritture viziose sull’inarrestabilità del tempo. Il vero titolo, così vero da essere angosciante e così pertinente, in fondo, ad ogni forma di scrittura, all’inadeguatezza di ogni forma di scrittura – anche a questa di certo – da renderla superflua (la scrittura), ma, come sempre, piacevolmente viziosa e in grado, magari, di lasciare ombre e forse anche impronte.

 

Note:

[1] Munari F. (2016) D’Après Gradiva. Lavorare dal testo. Antigone Edizioni, Torino

[2] Freud S. (1895) Progetto di una psicologia. OSF 2

[3] Calvino I. (1960) Il cavaliere inesistente. In I nostri antenati, Einaudi, Torino.

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