Cultura e Società

AfrichE. Tra(N)sformazioni. Presentazione a cura di L. Boni, C. Rocchi, D. Scotto di Fasano

15/07/22
AfrichE. Tra(N)sformazioni. Presentazione a cura di L. Boni, C, Rocchi, D. Scotto di Fasano 1

Chaos + Repair = Universe. Kader Attia, 2014

Kader Attia, Chaos + Repair = Universe, 2014
Sculpture. Mirrors, metal wires
Installationsansicht, Sacrifice and Harmony, MMK, Frankfurt, 2016
Courtesy of the artist and Galleria Continua
Photo: Axel Schneider
Kader Attia è nato nella periferia Nord di Parigi nel 1970 ed è cresciuto tra i sobborghi di Parigi e l’Algeria; questa doppia appartenenza gli ha consentito di esplorare in modo dinamico la dimensione estetica ed etica di culture differenti e di esplorare il concetto di riparazione come elemento comune alla natura umana, sul quale il mondo Occidentale e quello non Occidentale hanno sempre avuto visioni opposte. 
Lo ringraziamo per averci generosamente concesso di utilizzare Chaos+Repair= Universe come logo di AfrichE. Tra(N)sformazioni.

                           
Presentazione della Sezione AfrichE

A cura di

Livio Boni[1], Cristiano Rocchi[2], Daniela Scotto di Fasano[3]

Intendiamo qui inaugurare, nell’ambito di Geografie della Psicoanalisi, una finestra dedicata all’Africa, continente essenzialmente assente dal “mappamondo” della Psicoanalisi, eppure sempre più presente nella realtà occidentale pur patendo di rappresentazioni sommarie, oscillanti tra sopravvivenze compulsive di un immaginario coloniale e visioni radicalmente distopiche, che non rendono conto della complessità del reale.  

Non si tratta di fare della composita realtà africana un oggetto per la Psicoanalisi, restando in tal caso condizionati dall’etnografia, ma di “lavorare” la pregnanza fantasmatica tuttora veicolata dal significante “Africa” e dai suoi derivati. In tale prospettiva, pur proseguendo nello sforzo di decostruzione degli immaginari costruiti intorno al «Continente nero» nel corso della storia moderna (marcata dallo schiavismo e dalla colonizzazione), sul modello proposto da Edward Said (2013) a proposito dell’Oriente e dell’orientalismo, altra vorremmo fosse la via che proponiamo.

Vorremmo infatti, piuttosto che mobilitare direttamente la Psicoanalisi per contribuire ad aprire varchi nella cortina fantasmatica che avvolge il termine Africa, instaurare un dialogo, more psicanalitico, con una serie di voci africane – letterarie, artistiche, filosofiche, antropologiche, mediche, storiche, ecc. – le quali, pur non appartenendo al campo psicanalitico – la Psicoanalisi è praticamente assente dal continente, salvo rare eccezioni, come il Magreb, il Senegal o il Sudafrica – intercettino utilmente una serie di questioni udibili con la Psicoanalisi.

Menzioniamone qualcuna, senza pretese d’esaustività:

  • La coesistenza, sul continente africano, di una molteplicità di regimi storici, che vanno dai più antichi ai più postmoderni, il che rende lo spazio africano irriducibile ad una temporalità storica univoca, e rilancia la questione freudiana della coesistenza tra più regimi temporali, nella vita individuale quanto nella vita collettiva (FARR, 2021)
  • L’interiorizzazione di modelli ereditati dalla dominazione coloniale, tanto a livello del comportamento delle classi dirigenti africane quanto a livello di un desiderio di massa di costruire Stati-nazione omogenei, culturalmente unitari, sul modello delle Nazioni europee, e i contraccolpi patologici di una simile introiezione (MBEMBE, 2016)
  • Ma, parallelamente ad una tale indubbia persistenza e perversione di modelli importati dalla dominazione coloniale (BONI, 2018), si possono osservare trasformazioni e contaminazioni decisamente post-coloniali, come ad esempio l’infiltrazione massiccia di logiche legate alla stregoneria (possessione, magia nera, malocchio, feticismo, ecc.) nel cuore stesso del funzionamento degli Stati, in particolare in Africa centrale e occidentale  E, più largamente, la condensazione tra saperi “tradizionali” e tecnologie politiche moderne  (TONDA, 2021).

Sarà nostro compito tentare di organizzare un discorso direzionato, incanalato, arricchito dalla voce di esperti che hanno riflettuto su tali tematiche in maniera precisa. 

Al contempo, cercheremo, come detto, di comprendere la ‘relativa’, in quanto contestuale e specifica, elaborazione del postcolonialismo.

Il riferimento al paradigma post-coloniale come paradigma critico, articolabile ad un lavoro psicoanalitico, è dunque da intendersi come un riferimento epistemico dinamico, rivolto al tentativo di cogliere le “tra(N)sformazioni” in corso sul continente africano, per comprendere se esse siano da intendersi solo come trasmutazioni delle categorie stesse importate dalla modernità coloniale, o come la loro ibridazione con categorie autoctone riemergenti dalla “notte coloniale”.

Come in ogni ricognizione preliminare che si rispetti abbiamo ritenuto che qualche traccia da seguire e far seguire sarebbe utile. Per cominciare, proveremo a capire meglio qualcosa di quello che è stato chiamato ‘postcolonialismo’; e pensando a come orientarci dentro le tracce che innumerevoli si trovano di esso nel continente africano, abbiamo deciso di utilizzare… una bussola.

In Psicoanalisi abbiamo un concetto, quello di Nachträglichkeit, traducibile in italiano con ‘posteriorità’, ‘retroattività’ o ‘azione differita’ (in inglese ‘deferred action’), meglio reso in francese con ‘apres-coup’, che ci è sembrato fare all’uopo in quanto ci immette subitaneamente nel mondo del ‘post’ e può senza alcun dubbio fornire aiuto per orientarci.  

Viaggiando portandoci dietro questo strumento-concetto, potremo provare a ripensare lo statuto della temporalità e della causalità psichica ‘oltre’ la soggettività dei singoli individui, muovendoci quindi, anche con l’ausilio di questa bussola psicoanalitica, negli ambiti macro-gruppali.

Come da titolo della finestra vorremmo occuparci delle tra(N)s-formazioni avvenute, ed in essere, in Africa.

Il riferimento al paradigma post-coloniale come paradigma critico, articolabile ad un lavoro psicoanalitico, è dunque da intendersi come un riferimento epistemico dinamico, rivolto al tentativo di cogliere le “tra(N)sformazioni” in corso sul continente africano, per comprendere se esse siano da intendersi solo come trasmutazioni delle categorie stesse importate dalla modernità coloniale: quelle di territorio, Stato, frontiera, etnia, genocidio, Riconciliazione, ecc.

Poste tali premesse sull’orientamento generale della Finestra “AfrichE” all’interno di Geografie della Psicoanalisi (PRETA, 2016), tracciamo ora alcuni lineamenti sul metodo e i materiali che auspicheremmo includervi e sollecitare, ad uso tanto dei fruitori della finestra quanto di chi desideri proporre spunti e contributi.

Soggettivare, in luogo d’oggettivare: la finestra proporrà analisi, riflessioni ed elaborazioni provenienti dall’interno dello spazio africano, e non punti di vista sull‘Africa, provenienti dalle scienze umane e sociali o dall’africanismo. Desideriamo infatti privilegiare “letture” di questo continente creolo, l’Africa, in her own words (Scego, 2021), sottorappresentata nell’economia dei saperi.

Mediante il concetto di Afropei (PITTS, 2019), che designa l’identità degli africani stabilmente impiantati in Europa, o quello di Afropolitani, autori che pubblicano e vivono in Occidente, mediante l’attualità della questione razziale ma anche mediante la possibilità di restare stupiti e sorpresi da questioni impreviste, la finestra tenterà di restare il più possibile fedele all’obiettivo di incontrare l’Africa con lo sguardo di chi la abita (PIAGGIO, 2021). Al centro del nostro interesse la questione della razza, della razzializzazione e del razzismo per come recentemente rivisitata in Psicoanalisi (BONI-MENDELSOHN, 2021; HOOK-GEORGE, 2021), per ripensare le categorie ereditate dall’antirazzismo tradizionale del secondo Dopoguerra. Tenteremo dunque di rivisitare la questione razziale cercando di articolarla alle categorie di “genere” e di “classe”, come una categoria non necessariamente discriminatoria, ma suscettibile di includere istanze trasformative, ibridazioni e rivendicazioni, come esplorato anche dalla finestra Razzismo, a sua volta espressione di Geografie della Psicoanalisi. Vorremmo cioè che in “AfrichE” si potesse tentare di comprendere le diverse modalità e forme di integrazione nel sé delle esperienze di colonizzazione e del possibile lavoro di (de)colonizzazione. Quale la perdita di identità dei popoli africani (basti pensare al significato, non solo simbolico, delle deformazioni dei confini e dei nomi degli stati), che noi ripenseremmo, alla luce anche di certi attuali movimenti, come una identità necessitata ad essere ‘in-transito’ per potersi garantire la sopravvivenza: una sorta di ‘trans-genderismo etnico’. O, come secondo Achille Mbembé, la perfetta rappresentazione di AfrichE è quella di essere sempre state plasmate dalla mobilità?

Per un’antropologia inversa: che sguardo portano le Afriche sull’Europa, e sull’Occidente più in generale? E in che modo un simile cambiamento di punto di vista può contribuire alla nostra auto-rappresentazione? Incoraggiando una certa “antropologia inversa”, che diversi autori africani hanno del resto praticato già dagli anni Cinquanta (DADIE’, 1959), ci interesseremo alla visione africana, o euro-africana, delle ex-metropoli coloniali – Parigi, Londra, Roma o Lisbona – e, più in generale, sulle città europee che risultano particolarmente “impregnate” della vicenda coloniale e, di conseguenza, ne risultano il tramite, mediante  l’iscrizione della memoria coloniale nello spazio urbano, artistico-monumentale e toponomastico delle città europee (SCEGO, 2014 WU MING, 2018)

Aprendo tale finestra, siamo coscienti del fatto che diverse correnti e discipline – come l’etnopsichiatria, i movimenti sulla decolonizzazione delle arti dette “primitive”, per non parlare della letteratura o di diverse branche della cultura “popolare” – sono già attivamente impegnate in un lavoro di confronto fertile con le diverse “africanità”. In AfrichE. Tra(N)sformazioni intendiamo però farlo a partire da una sponda, quella della Psicoanalisi, che ci pare aver accumulato un certo ritardo su un tale movimento di apertura che ha investito altri saperi e pratiche discorsive.

Focus della finestra sarà quindi il tentativo di capire nel variegato volto dell’Africa sia se, quando e come è arrivata la Psicoanalisi e come si è messa in relazione con le realtà culturali e sociali del luogo, sia, in ogni caso e comunque, mappando le diverse (quando diverse) modalità in cui sono stati ‘lavorati’ i processi coloniali e postcoloniali. L’Africa infatti è stata ed è caratterizzata, nel tempo, da una diffusione discontinua e frammentaria della Psicoanalisi, a “pelle di leopardo”: in Sud Africa con Mark Solms, e, sempre in Sud Africa, con Suzanne Maiello, dell’AIPPI, che vi ha condotto una preziosa Infant Observation; in Senegal, sempre con l’Infant Observation, a opera di Rosella Sandri con l’AIDOBB; in Tunisia con Fethi Benslama; ad Alessandria d’Egitto, alla fine della seconda guerra mondiale, città di cui sono originari diversi noti analisti francofoni come Moustafa Safouan, Sami Ali, Tobie Nathan, Jacques Hassoun. Non potrà non interessarci conoscerne la mappatura e comprenderne la declinazione.

Bibliografia

BONI Livio, L’inconscio post-coloniale. Geopolitica della psicoanalisi, Milano, Mimesis, 2018.

BONI Livio, MENDELSOHN Sophie, La vie psychique du racisme (1): l’empire du démenti, Paris, La Découverte, 2021.

DADIÉ Bernard, Un Nègre à Paris, Paris, Présence Africaine, 1959.

HOOK Derek, GEORGE Sheldon (ed.), Lacan and Race. Racism, Identity and psychoanalytic Theory, London- New York, Routledge, 2021

MBEMBE’ Achille, Necropolitica, Verona, Ombre Corte, 2016.

PIAGGIO Chiara, Introduzione, in PIAGGIO Chiara, SCEGO Igiaba, a cura di, Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi, Milano, Feltrinelli, 2021

PITTS Johnny, Afropean. Notes from Black Europe, London, Penguin, 2019.

PRETA Lorena (dir), Cartografie dell’inconscio. Un nuovo Atlante per la Psicoanalisi, Milano, Mimesis, 2016.

SAID Edward, L’Orientalismo, Milano, Feltrinelli, 2013.

SARR Felwine, Afrotopia, Paris, Philippe Rey, 2016.

SCEGO Igiaba (in collaborazione con Rino Bianchi), Roma negata. Percorsi postcoloniali nella città, Roma, Ediesse, 2014.

SCEGO Igiaba, L’Africa è un continente, in PIAGGIO Chiara, SCEGO Igiaba, a cura di, Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi, Milano, Feltrinelli, 2021

TONDA Joseph, Afrodystopie. La vie dans le rêve d’Autrui, Paris, Karthala, 2021.

WU MING (Collettivo), “I fantasmi coloniali infestano le nostre città, 2018, consultabile in Rete https://www.wumingfoundation.com/giap/2018/10/viva-menilicchi-4/


[1] ‌Livio Boni, dottore di ricerca in psicopatologia e psicoanalisi, direttore di programma presso il Collège International de Philosophie e cofondatore del Collettivo di Pantin (collectifdepantin.org)

[2] Cristiano Rocchi è membro ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e full member della International Psychoanalytical Association (IPA)

[3] Daniela Scotto di Fasano è membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e full member della International Psychoanalytical Association. 

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