Cultura e Società

“La condizione della memoria” di G. Corsalini. Recensione di B. Giorgi

1/03/24
"La condizione della memoria" di G. Corsalini. Recensione di B. Giorgi 1

La condizione della memoria

di Giulia Corsalini (Guanda Editore, 2024)

Recensione di Barbara Giorgi

“La sorgente della vita continua ad alimentare l’inifintà varietà delle sue ramificazioni minime, come se ognuna le fosse cara.”

Seguendo spirali di trama e di pensieri, tra un passato materno che incanta, un presente sofferente e un futuro che si lascia intravedere, Giulia Corsalini ci offre un romanzo delicato e profondo, capace di entrare in punta di piedi nell’intimità di un rapporto madre figlia, svelando la sua più vera ed autentica unicità.

In una primavera di cambiamenti, prossima all’estate, Anna decide di trascorrere il suo tempo in compagnia della madre malata, abitando proprio la stessa casa dove la madre è stata bambina.

Il soggiorno di Anna si prolungherà fino all’autunno, in questo piccolo paese della Ciociaria dove il passato, con le sue case desolate e gli anziani abitanti, si affaccia al futuro grazie all’orto rubato al pendio roccioso, lo stesso orto dove Maria, la mamma di Anna, un tempo ha vissuto con i suoi gatti.

In quella casa, com’era inevitabile, storie più antiche chiedevano udienza, ed Anna si ferma ad ascoltarle, si rifugia nel passato mitico della madre, un passato non direttamente suo, ma a lei familiare. Perché Maria, prima di ammalarsi, è sempre stata gratuita e ripetitiva nel narrare alla figlia.

Una donna forte Maria, con la sua passione per l’aria e la luce, capace di dare nuova vita alle ampie stanze della casa. Orfana di madre, è stata circondata da adulti distratti che hanno offerto, a lei e alla sorella, un’infanzia di trascuratezza. Due bambine, belle e sole.

Ma il suo essere stata una bambina piena di bisogni affettivi, alla quale è mancata soprattutto la propria madre, si è trasformato nella pretesa di avere ciò che le era stato negato.

Ed è qua che sta la sua forza, nella capacità di non ripetere i traumi subiti, nell’essere riuscita ad offrire ad Anna un’infanzia diversa dalla sua.

Maria è una madre solida, è la spina dorsale della vita di sua figlia.

Abbiamo avuto un rapporto orgoglioso e reticente dice Anna, e proprio dentro a questo rapporto si rifugia, dentro a quella casa, allontanandosi da un presente faticoso.

Una casa densa di presenze che rassicurano Anna, un’atmosfera dagli antichi sapori che Corsalini rende viva ed ariosa, facendo sentire al lettore l’umidità delle lenzuola riposte da tempo negli armadi e lo scroscio della pioggia che filtra tra le persiane socchiuse.

Qua dentro, Anna compie un profondo lavoro psichico di rielaborazione dei ricordi materni.

Con acume psicoanalitico, che fa pensare alle parole scritte da Freud a Schnitzler “ho avuto l’impressione che ella sapesse per intuizione tutto ciò che io con un lavoro faticoso ho scoperto negli altri uomini”, Giulia Corsalini ci ricorda che è la madre a creare il ricordo attraverso la sua narrazione.

Sapevo già tutto, era stato tutto raccontato mille volte e deposto nell’archivio del nostro passato senza possibilità di variazione; come sempre avviene, non era infatti il ricordo di quegli anni tanto lontani che mia madre rievocava ma quello della narrazione che lei ne aveva intessuto nel tempo e nella quale le esistenze misteriose e profonde degli uomini e delle donne comuni che avevano reso tanto difficile la sua infanzia non vivevano d’altro se non di quei pochi tratti nei quali le avevano fissate per sempre il suo disagio, la sua compassione, la sua ironia.

Una narrazione che evoca l’importanza delle madre come significante per il bambino, che fa pensare, anche, a quella particolare narrazione che si svolge dentro alla stanza di analisi, luogo privilegiato dove nuove storie si possono creare togliendo forza alla ripetizione. Perché, se è vero che il passato non si cambia, molto può cambiare lavorando sulla memoria attraverso la relazione transferale.

Questo profondo lavoro di rielaborazione del passato materno, questa sosta nella memoria condivisa – per il solo fatto di raccontarlo a lei quanto mi era accaduto veniva salvato dall’indistinto e riposto nella nostra memoria condivisa -, sarà cruciale per Anna, le consentirà, quando la madre verrà a mancare, di tollerare l’inevitabile dolore della perdita e di elaborare il lutto, offrendo, a chi legge, l’invito a sostare nella memoria del passato.

Crollata con mia madre l’ultima roccaforte alle mie spalle, ora il tempo avrebbe consumato e abbattuto me, sentivo che la mia vita era come mai prima esposta agli attacchi e priva di difese di retroguardia; allo stesso tempo quella mia sopravvivenza mi pareva pronta a esalarsi in un nulla, qualcosa di molto fittizio.

Attorno alle due donne, alla casa affollata di storie passate, al paese decadente che prima respinge, poi attrae Anna, altri personaggi animano la storia.

Dal passato polveroso, come spettri portatori di vissuti diversi, emergono il nonno, con la sua abdicazione alla genitorialità, le tre simpatiche zie, le mogli del nonno e uno zio, che, con discrezione, si accomodano ai margini di questa storia offrendosi come contorno.

Ci sono poi gli affetti del presente di Anna, un ex marito lontano da lei riguardo molte questioni ma capace di esserci nel momento giusto, e il figlio Francesco, luce silenziosa tenacemente orientata al futuro.

C’è Amina, un’affettuosa donna africana che contribuisce al sollievo di Anna e, con il suo mondo distante e diverso, suscita disagio, imbarazzo per l’immotivato privilegio che Anna sente di avere.

Perché, è utile ricordare, è solo un caso se siamo privilegiati nascendo in certi luoghi della terra.

E poi c’è Luca, unico discendente di una facoltosa famiglia ed erede del bel palazzo nobiliare che si affaccia oltre il balconcino della casa.

Luca, che vive in bilico dentro ad un presente sgangherato, capace di offrire ad Anna una sincera ed affettuosa amicizia. Tra queste due donne tenaci, lui occupa lo spazio del terzo, mantenendo aperto il loro rapporto.

Luca, che, ostacolato dal suo passato traumatico, si preoccupa degli altri e fatica ad occuparsi di sé.

Ma in ogni nostro gesto, anche nel più caritatevole, si esprime sempre un nostro bisogno. La pulsione, di freudiana memoria, tende al proprio soddisfacimento.

Così, il pensiero di Luca è tutto rivolto ai ragazzi africani che vivono nel palazzo nobiliare, e sono loro, in questa storia, la vera apertura al futuro, l’unica possibilità, per questo bel palazzo, un tempo ricco di storie e di vita, di tornare a splendere.

Giulia Corsalini ritorna sul tema, a lei caro, delle persone costrette a vivere lontano dai propri luoghi natii. Lo fa attraverso il passato traumatico di Luca, offrendo al lettore un’occasione per mantenere l’attenzione sul loro trauma, la definitiva separazione dai luoghi dove sono nati.

La disgrazia, nella vita di Luca, ha reso il ricordo doloroso, la memoria faticosa. Ha creato un prima e un dopo, togliendo ogni fascino al passato.

Allo stesso modo, nel passato dei ragazzi africani, giunti in questo piccolo paese della Ciociaria alla ricerca di chissà che cosa, c’è un taglio, una frattura che appesantisce la loro memoria. Anche il loro passato ha perduto ogni fascino.

A loro spetta, tra le altre cose, il faticoso compito di affrontare quel passato traumatico per consegnare, alle generazioni future, una memoria che non ostacoli il loro futuro.

Dunque, la condizione della memoria.

Un romanzo che, come la memoria, si deposita dentro al lettore silenziosamente.

Si assapora, pagina dopo pagina, accompagnando Anna a sciogliere quella colpa che per tutta la vita ha sentito vicina, la colpa di non potere essere stata madre di sua madre.

A differenza di lei e per sua risoluta volontà, io sono stata una bambina amata e felice.

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