Cultura e Società

“Essere una macchina” di M. O’Connell, Recensione a cura di Chiara Rosso

15/01/19
"Essere una macchina" di M. O'Connell, Recensione a cura di Chiara Rosso

“Essere una macchinadi Mark O’Connell (Adelphi, 2018)

Recensione a cura di Chiara Rosso

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Il libro “To be a machine” pubblicato nel 2017 e quasi  subito tradotto in italiano, ha riscosso un certo successo nel panorama internazionale anche grazie alla scrittura lieve ed ironica del suo giovane autore irlandese. Quest’opera illustra un moderno viaggio alla Jules Verne, solo che non si tratta solamente di fantasie allucinatorie bensì di una realtà in parte già presente, come si può leggere nel risvolto di copertina: “I cilindri d’acciaio nel capannone criogenico vicino all’aeroporto di Phoenix contengono davvero i primi corpi umani in attesa di risvegliarsi in un futuro simile all’eternità”.

E dunque il viaggio del giornalista e saggista O’Connel tra i transumanisti apre prospettive avvincenti ed inquietanti allo stesso tempo. Ma cos’è il transumanesimo? Il termine transumanesimo compare per la prima volta in Theilard de Chardin nel suo libro The Future of Man del 1949. Esso viene poi adottato  da J.Huxley per indicare un movimento di emancipazione dell’umanità grazie all’ausilio del progresso scientifico e tecnologico. Dagli anni ’80 ad oggi e principalmente negli Stati Uniti, ha preso piede la corrente filosofica e culturale che si propone di sconfiggere la malattia, la vecchiaia e la morte disegnando lo scenario visionario e futuristico dell’era post-umana.

Il filosofo ed inventore  KurzWeil è tra i più noti divulgatori di questo movimento culturale. Nei suoi studi sulla cibernetica egli osserva che il ritmo di innovazione del computer non aumenta linearmente bensì esponenzialmente e disegna un metodo di previsione dell’andamento dello sviluppo tecnologico e delle sue applicazioni in campo umano. Nella sua teoria sulla ‘Singolarità’ KurzWeil ipotizza che l’evoluzione dell’intelligenza artificiale e  lo sviluppo medico basato sulle nanotecnologie  consentiranno all’uomo di prolungare radicalmente la durata della vita.

Se è vero che la morte non è più “un problema filosofico ma un problema tecnico ed ogni problema tecnico prevede una soluzione tecnica”  come scrive O’Connell, (pag.128) rischiamo di venire allettati dal trionfo di una soluzione onnipotente in grado di contrastare la desolante finitudine dell’uomo. Si ribalta così quanto Albert Camus sosteneva nel secolo scorso a proposito della morte :  “il problema filosofico veramente serio” è quello del suicidio. “Il suicidio è[…] accettazione del proprio limite”(Il Mito di Sisifo 1942). Del resto è lo stesso limite che spinge l’uomo di ogni epoca a trasgredirlo per inseguire un’aspirazione prometeica. D’altra parte la tensione paradossale tra il concetto di limite legato alla finitudine dell’uomo e l’enorme accelerazione della conoscenza volta a contrastarlo, costituiscono  la posta in gioco del nostro millennio; una posta in gioco che  va sviluppandosi in uno scenario inedito e che costituisce il focus di questo saggio sorprendente e godibile . Vita e morte governano da sempre il nostro  umano esistere, ciò che potrebbe cambiare è la loro declinazione. La questione sollevata da O’ Connell lungo la narrazione dei suoi incontri con accaniti  transumanisti e con i cosiddetti  biohackers, (persone che si impiantano dispositivi tecnologici all’interno del corpo assumendo l’identità di cyborg )non è solo l’estensione della vita fuori da un supporto biologico quanto, semplicemente, la gestione della morte. Ma è proprio il confine tra la vita e la morte che appare sfumato all’interno della avveniristica e sconcertante teoria transumanistica, la quale rivendica una “libertà morfologica” e rincorre un’illusione che sconfina nel delirio. Poter essere  “ciò che ci pare”(pag.63) inseguendo una vita meccanica dopo la vita umana diventa lo scopo ossessivo di una élite di uomini ricchissimi che dedica tempo e risorse al raggiungimento di tale obiettivo. Tuttavia, diventare l’avatar di sé stessi e trasformare il proprio cervello in software non è cosa accessibile a tutti, ecco allora profilarsi all’orizzonte una nuova disuguaglianza sociale: la distopia tra chi ha i fondi per rincorrere l’eternità e chi non può permetterselo.

Per ragioni di spazio, nel recensire questo libro così ricco di esempi che illustrano uno scenario non solo futuristico ma già in auge soprattutto in California, non posso che selezionare alcuni passaggi. Per esempio, il concetto di minduploading  (caricamento della mente), cioè il trasferimento di una copia della mente dal cervello ad un sostrato non biologico, si nutre della differenza tra le scienze biologiche e quelle informatiche: nelle prime si ha a che fare con una materia che tratta processi irreversibili mentre nel caso delle seconde sono implicati i bit e i processi reversibili. Siamo nel campo della neuroscienza computazionale : per alcuni scienziati dell’intelligenza artificiale essa è una via futuribile mentre altri rimangono piuttosto scettici. L’idea di trovare un substrato computazionale “più adatto” del cervello biologico deperibile alimenta una questione controversa se non impensabile e addirittura grottesca per i non addetti ai lavori. Che senso ha un’informazione fuori dal corpo? Che fine fa la coscienza? O’Connel riporta lo scetticismo di  Miguel Nicolelis, un neuroscienzato pioniere degli studi sull’interfaccia cervello-macchina, il quale sostiene come il cervello non sia emulabile o traducibile in algoritmi perché si riconfigura continuamente. Sarà dunque difficile riuscire a “risolvere il cervello” e a capire cioè come i miliardi di neuroni e le migliaia di miliardi di connessioni si organizzano per produrre la coscienza. O’Connell viene colpito dalla parola “risolvere” nell’espressione usata dal neurobiologo sintetico, Ed Boyden, come se il cervello fosse un’equazione o un cruciverba da decifrare (pag.71)

In questo reportage transumanistico siamo colpiti dall’abilità di O’Connel nel saper intrecciare riflessioni più erudite con descrizioni tecniche. Per evidenziare il ruolo che può assumere la scienza nel cammino verso il superamento dei limiti della condizione umana come la conosciamo, O’Connell richiama il pensiero di Bacon: “il sapere ha qualcosa del serpente per cui là dove si insinua nel corpo produce gonfiore”(pag.186) D’altro canto Bacon sottolinea anche come grazie alla scienza avremmo recuperato qualcosa di simile alla perfezione originaria. Ancora una volta riemerge il paradosso che si annida nel cuore  dell’esistenza umana circa la verità di un’ipotesi e del suo contrario. Per quanto concerne i rapporti tra il transumanesimo e la religione, non è forse il transumanesimo anch’esso una sorta di Transreligione con il suo corredo di esercizi tecno-spirituali come il mind-filing per cui l’individuo carica e archivia su un server una certa quantità di dati video, impressioni , fotografie in attesa di un futuro in cui potranno essere inserite in un nuovo corpo artificiale?

Un breve ed interessante capitolo è dedicato alla storia del  robot, un termine che viene dal ceco: rabota  significa “lavoro forzato” e compare per la prima volta nel contesto di una pièce teatrale di Karel Čapec: R.U.R (Robot universali di Rossum).

In questo capitoletto apprendiamo del ‘cavaliere robotico’ di Leonardo da Vinci,  del Trattato dell’uomo di Descartes e scopriamo come la prima descrizione di androide compaia nella Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. All’inizio del ‘900 infine, l’inventore NikolaTesla costruì macchine telecomandate fantasticando su nuove stirpi di robot: “Alla fine, verranno prodotti teleautomi capaci di agire come fossero dotati di intelligenza propria, e il loro avvento comporterà una rivoluzione”.

E forse la profezia del brillante inventore si sta avverando: la Tesla Motors è oggi una azienda della Silicon Valley che produce veicoli elettrici quasi interamente robotizzati.

Il robot è dunque al centro di una rivoluzione moderna e se  un tempo si riteneva che l’elemento fondamentale dell’universo fosse l’energia, oggi la base dello scambio universale è l’informazione. L’uomo e il suo avatar, il robot, fanno parte di un sistema che interagisce con altri sistemi legati dall’informazione.

O’ Connel approfondisce il ruolo della DARPA (Advanced Research Projects Agency), che rappresenta una branca del Pentagono per lo sviluppo di nuove tecnologie a scopo militare, e ci illustra le connessioni tra la DARPA e Google sottolineando la vastità delle ramificazioni degli interessi industriali e militari in essere.

In conclusione e come abbiamo già accennato, orrore, timore e fascinazione sono le emozioni che più spesso incontriamo nella lettura di questo libro. A proposito del robot rimane sempre il dubbio se esso ci sostituirà nello svolgimento di mansioni faticose oppure se assumerà il ruolo di guardiano inflessibile in un supposto ordine ideologico, come nello scenario dell’”Uomo artificiale” di Hobbes.

Occuparsi troppo di robot e di macchine può tuttavia disorientare come rimarca O’Connel catturato da una vertigine improvvisa verso la fine della stesura del suo libro: “ Ho pensato, non per la prima volta, che forse stavo perdendo il senno, soccombendo ad una bizzarra illusione prodotta dall’eccessiva esposizione alle macchine umanoidi e alle concezioni meccanicistiche  dell’essere umano…” E forse anche noi nell’approcciare  questi argomenti sfioriamo il disorientamento, quasi una sorta di depersonalizzazione o per dirla più semplicemente col linguaggio dei cyborg, rischiamo di venire “intramati” in un progetto altrui cioè usati con uno script che non ci appartiene.

Gennaio 2019, Chiara Rosso

 

BIBLIOGRAFIA

Bacon F.(1605). Advancement of Learning and Novum Organum. CreateSpace Independent Publishing Platform, 2017.

Camus A.(1942). Il mito di Sisifo. Milano, Bompiani, 2013.

Kurtzweil R.(2005). La singolarità è vicina. Milano, Apogeo Education, 2008.

Teilhard de Chardin P.(1955). Il fenomeno umano. Milano, Il Saggiatore,1968.

Vedi anche:

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Gianmarco Veruggio. Roboetica: la nuova etica applicata per affrontare la rivoluzione robotica

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