Cultura e Società

Elettra 60° stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa. Recensione di M. Trivisani

15/06/25
Elettra 60° stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa. Recensione di M. Trivisani 1

Senza titolo, 2024. Giulio Paolini. Fonte: INDA

Parole chiave: Elettra, mito, scena primaria, matricidio. 

Elettra

di Sofocle, con la traduzione di Giorgio Ieranò e per la regia di Roberto Andò.

Due opere di Sofocle sono protagoniste della sessantesima stagione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico al teatro greco di Siracusa, Edipo a Colono con la regia di Robert Carsen, alla sua seconda opera della trilogia tebana (Edipo Re 2022) che concluderà il prossimo anno con la regia dell’Antigone, ed Elettra con la regia di Roberto Andò alla sua prima opera a Siracusa. Entrambe le regie, certamente di grande valore, hanno ottenuto un vasto successo di pubblico e di critica.

Mi soffermerò tuttavia sulla regia di Roberto Andò che ha evocato in me qualche associazione. La poetica nuova traduzione dell’Elettra è ad opera di Giorgio Ieranò, le musiche inedite sono di Giovanni Sollima, le scene e disegno luci di Gianni Carluccio e l’attrice Sonia Bergamasco è al suo esordio al teatro greco nel ruolo di protagonista.       

Il palazzo di Micene sembra essere collassato su sé stesso, come se le pareti fossero state incapaci di contenere un nucleo incandescente che le ha come risucchiate a sé.  All’esterno un grande letto, un talamo, si staglia in un angolo, come estruso durante il collasso dell’edificio. Malridotto, eppure conserva qualcosa di massiccio, oscuro, forse minaccioso. Attrae lo sguardo di noi spettatori ma è come non visto dagli attori; c’è ma non c’è. Nell’angolo opposto un pianoforte offre ad Elettra rifugio in una solipsistica attività autoconsolatoria.

Ph Mirko Trivisani

Prima di vederla ne udiamo i lamenti, infine esce dal palazzo e accenna a pochi passi clandestini, poi torna a fermarsi sulla soglia della casa paterna. È vestita di cenci, forse ciò che resta di un bel vestito di un’epoca remota della sua vita, che ormai ridotto a brandelli sembra esibire il radicale rifiuto del desiderio di sedurre. Scalza, i capelli corti, gli occhi spiritati; un movimento rapido, improvviso e ripetitivo del braccio sembra scacciare meccanicamente dalla sua mente un’immagine che la tormenta. È furente, rabbiosa, disperata.

Il coro, costituito da una comunità di donne, la definisce smisurata e prova a placare il suo furore, inutilmente.

Ph Mirko Trivisani

Fonte: INDA

Ma da cosa Elettra è ossessionata? Quale immagine della sua mente la strugge e la rende furiosa di una rabbia disperata? La morte violenta del padre per mano della madre, certo. Ma a ben vedere anche un’altra immagine sembra occupare e corrodere la sua mente: “mia madre e quello che si è messa dentro il letto” ripeterà più volte. Dunque, torna il letto, visto ma non visto, che la bella regia di Roberto Andò ha collocato in scena come un luogo mitico della mente di Elettra e forse motore stesso della tragedia.    

Elettra è sola e avverte dolorosamente la sua solitudine: “tutta mi sto consumando, senza figli, senza un marito che mi ami e mi protegga”. Nella più bella riscrittura moderna dell’Elettra, quella di Hofmannsthal, le sue prime parole riguardano proprio il suo senso di disperata solitudine: «Sola! Ahimè, tutta sola. Il padre andato laggiù, cacciato nei suoi freddi abissi. Dove sei tu? Non hai la forza, padre, di trascinare fino a me il tuo volto? L’ora è venuta. È l’ora nostra! L’ora in cui ti hanno scannato, la tua sposa e chi con lei dorme in un letto, il tuo letto regale, o padre» (1904, p. 17). L’Elettra di Andò, come quella di Hofmannsthal, sembra rimproverare alle donne del coro, a sua sorella Crisotemi e, soprattutto, a sua madre Clitennestra la maternità, la sessualità, la fame. Se l’Elettra di Hofmannsthal sarà esplicita nel ribadire l’identità di sesso e assassinio (Condello, 2010), quella di Andò ci permette di intuire tale sovrapposizione proprio mediante la scenografia: «non aprire mai porte in quella casa! Rantolo di sgozzati e fiato mozzo, non c’è nient’altro in quelle stanze. Lascia la porta, dietro a cui s’ode un lamento: perché non sempre ammazzano qualcuno, ma talvolta sono anche soli insieme!» (1904, p. 25).

Dunque, è la scena primaria quella che Elettra sembra disperatamente scacciare dalla sua mente, nei suoi vari intrecci e declinazioni, la coppia adultera di Clitennestra ed Egisto, ma anche Clitennestra ed il padre di Elettra Agamennone, e forse anche altre.       

Quando Clitennestra (una bravissima Anna Bonaiuto) farà il suo ingresso in scena l’oggetto dello scontro si sposterà rapidamente dall’assassinio del padre Agamennone alla relazione adultera della madre: «La seduzione di quel vigliacco con cui ancora vivi ti ha travolta». Esplicitamente quindi, Elettra rimprovera alla madre, persino più dell’assassinio del padre, di essersi abbandonata all’eros. Nel furore della rabbia omicida dell’edipo positivo di Elettra, ne intuiamo la corrente erotica del suo edipo negativo.

Fonte: INDA

Il matricidio avrà luogo senza un ripensamento, freddamente, totalmente assente è lo spettro delle Erinni, i due fratelli non sono schiacciati dall’enormità del gesto che stanno per compiere.  L’Oreste di Sofocle è ridotto ad un mero sicario armato dalla sorella Elettra; come nota Ieranò (2025) l’Oreste di Sofocle, a differenza di quello di Eschilo, non chiede all’oracolo se dovesse uccidere la madre, bensì in che modo bisogna compiere la vendetta. Quando udiamo il matricidio Elettra è sola, esaltata, come presa da un delirio chiede al fratello che non può ascoltarla di colpire un’altra volta.

Compiuto anche l’assassinio dell’amante della madre, Elettra, sola, prende possesso della casa dei suoi genitori per restarci, immobile, in un mondo senza tempo, mentre il fuoco della scena primaria arde ancora.  

Ph Mirko Trivisani

Concludo con le intense parole di Paola Camassa che chiama la scena primaria La Potente.

La Potente è arrivata di notte

Come arriva Lei

Mi guarda

Come guarda Lei

Se sei uno psicoanalista

Ti fulmina

“Dove vai”

Naturalmente Lei non parla, scuote

Come dire che è Lei che viene, va

Torna, apre, chiude,

Mi attraversa, letteralmente,

E se ne va

Molti dicono di averla vista

È entrata in mare come se stesse salendo una scalinata

: com’erano belli

(Paola Camassa, La Potente)

Bibliografia

Camassa P. (2014). La Potente. Nottetempo Roma.

Condello F. (2010). Elettra. Storia di un mito. Carocci Editore Roma.

Hofmannsthal H. (1904). Elettra. (traduzione di Bemporad G.) Garzanti Editore Milano 1981. Ieranò G. (2025). La smisurata Elettra nel dramma degli inganni. In Elettra. Catalogo ufficiale della 60° stagione dell’Istituto Nazionale del Dra

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