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La Noia. Lavarone 2019 Report D. Federici E. Marchiori

16/07/19
Le frontiere della psicoanalisi: "In gioco" Lavarone 2022 Report di D. Federici ed E. Marchiori

Convegno “Le Frontiere della Psicoanalisi: La Noia”

Lavarone, 28 giugno – 1 luglio 2019

Report di Daniela Federici ed Elisabetta Marchiori

 

Nel suggestivo paesaggio dell’Alpe Cimbra, amato da Freud e, purtroppo, segnato dal disastro ecologico del novembre scorso, si è svolta l’edizione 2019 del Convegno “Le Frontiere della Psicoanalisi”. Si tratta di un evento culturale che dal 1990 ha l’ambizione di favorire il dialogo tra psicoanalisi e altri ambiti scientifici e culturali, permettendo a un pubblico ampio ed eterogeneo di partecipare liberamente a presentazioni di libri, proiezioni di film, conferenze e dibattiti con ospiti di altissimo livello nazionali e internazionali di diversa formazione. Dopo un’interruzione di qualche anno, dal 2018 è stato riproposto facendo il punto sulla psicoanalisi contemporanea, su quali elementi di tradizione affonda le sue radici e quali evoluzioni sta sviluppando, sulle connessioni che ha e può potenzialmente creare con gli altri saperi.

Quest’anno il comitato Scientifico – composto da Simona Argentieri, Daniela Federici, Elisabetta Marchiori, Antonio Scaglia, Alberto Schön, Manuela Trinci e Geni Valle – ha scelto come titolo “La noia”. L’intenzione è stata quella di approfondire da vertici diversi e nei suoi diversi aspetti un affetto complesso, che sfugge a definizioni univoche. Esso  può spaziare da quella vaga sensazione di vuoto e insoddisfazione, a quella mancanza di attività, che possono esitare in un’eclissi della soggettività e indurre azioni distruttive, fino a quell’ozio e a quella capacità di stare in attesa che possono, al contrario, diventare spinte alla creatività e al cambiamento.

Ha aperto l’evento il venerdì sera la presentazione del libro dello psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana Alberto Angelini “Otto Fenichel – Psicoanalisi, metodo e storia – Antologia di Opere Scelte” (Alpes editore, 2019), che ha discusso con il pubblico in sala e Simona Argentieri, Geni Valle e Alberto Schön. Si tratta di un’antologia di grande interesse teorico e storico, con forti implicazioni sociali e politiche, oltre a considerevoli riverberi sulla clinica. Angelini ha scritto l’approfondito saggio introduttivo che evidenzia “l’aspirazione di Fenichel a fondare la psicoanalisi su basi metodologiche improntate alla razionalità e ispirate alla scientificità”, per citare la quarta di copertina, con l’entusiasmo di riproporre il pensiero del grande psicoanalista tedesco e rivalutarlo come merita, per la profondità del suo pensiero e il suo entusiasmo civile e politico. Tra i lavori troviamo un contributo dedicato specificamente alla noia, rimasto un riferimento teorico per gli autori che hanno affrontato successivamente l’argomento.

La prima relazione della sessione di sabato, moderata da Simona Argentieri, è stata del sociologo Antonio Scaglia, Presidente del Centro Studi Gradiva, dal titolo “La noia. Incubo oscuro dell’Occidente”. Scaglia ha proposto un’articolata riflessione che ha preso avvio dal pensiero del sociologo e filosofo Max Weber – con la sua descrizione dello sviluppo della cultura come processo intellettuale e dell’evoluzione socioeconomico che ha dominato il mondo moderno – attraverso Lutero, Marx, Kant, fino agli sviluppi di Nietzsche e di Girtler. Ha evidenziato le tensioni dell’uomo attraverso etica e responsabilità, noia e dolore, alla ricerca della salvezza, nel bisogno irriducibile di foggiare le cose e operare con esse, di mirare al traguardo della disvelatezza. Un percorso originale condotto fino alle figure del “dandy” e del “flaneur”, del comico, del folle e del marginale, alla ricerca dell’impossibile verità.

Benedetta Guerrini degl’Innocenti, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, ha presentato il lavoro “Il desiderio vuoto: psicopatologia dell’attuale”, in cui ha esplorato il penoso stato del Sè che percepisce l’angosciosa dimensione del tempo, nei suoi aspetti inconsci. Dalla noia profonda di Heidegger, che costringe l’uomo a confrontarsi con l’essere “lasciato vuoto”, nell’eclissi della soggettività e nell’esclusione del senso, attraverso la letteratura psicoanalitica, da Fenichel e Greenson agli autori più recenti, Guerrini è arrivata a trattare l’invalidante sensazione di vuoto che caratterizza sempre più largamente il disagio attuale. L’esperienza clinica incontra sempre più frequentemente  pazienti con una capacità di rappresentazione disturbata, che può compromettere l’elaborazione del pensiero simbolico. Sono persone che vivono in una continua estroflessione psichica, protesi alla ricerca di esperienze che permettano una temporanea funzione antalgica o una vera e propria fuga da sé. Dalle dipendenze all’uso improprio delle nuove tecnologie, la relatrice ha delineato i modi di difendersi dall’insostenibile impatto del tempo, l’uso di vere e proprie “protesi psichiche” per affrontare una realtà che è reale e nel contempo virtuale, aperta a nuovi campi dell’esperienza e del funzionamento mentale.

A seguire, Alberto Schön, Presidente della Giuria, ha consegnato il Premio Gradiva – Lavarone ad un commosso Fausto Petrella, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, per il suo libro “L’ascolto e l’ostacolo. Psicoanalisi e musica”, antologia di scritti che intrecciano la psicoanalisi con la musica e altri ambiti artistici. Nelle motivazioni è evidenziato che “Petrella tratta i suoi temi prediletti con leggerezza e profondità, spaziando dalle forme dell’ascolto, all’interpretazione, dall’improvvisazione al costruirsi del senso, dall’impiego degli strumenti analitici e musicali ai modi con cui musica e parola mobilitano le emozioni e gli affetti, fino al conflitto. La scrittura sempre gradevole e chiara, priva di tecnicismi, avvolgente come una composizione musicale, permette al lettore di comprendere le affinità elettive che correlano la psicoanalisi con la creatività”.

Nella sessione del pomeriggio, moderata da Manuela Trinci, Maria Luisa Algini, psicoanalista dell’età evolutiva, ha portato la riflessione “Perché i bambini si annoiano? Scorci dalla psicoterapia infantile”. A partire dall’incapacità dei bambini a decifrare e dare un nome ai sentimenti, la relatrice ha esplorato l’ampio territorio in cui si condensa in età infantile ciò che noi adulti definiamo noia. A volte si tratta dell’esito di un tentativo di sospendere il tempo, o di un restringersi in un rifugio transitorio che può però diventare un vero e proprio blocco mentale con dei costi sullo sviluppo. A volte sottovalutiamo l’impatto che può avere sulla mente dei piccoli la sproporzione fra la condizione della mente infantile e la quantità soverchiante degli stimoli cui sono esposti, così la noia può segnalare il disorientamento rispetto alla velocità che regna nel mondo adulto e che li rende spesso incapaci di attenzione. Algini ha richiamato anche l’aspetto vitale della noia, un momento di “fermo”, come quelli che precedono una svolta, e mostrato la sfida dell’incontro e della cura a comprendere cosa blocchi le naturali spinte della crescita e come favorirne il dispiegarsi.

Ha seguito l’intervento “Storia naturale della noia” di Giorgio Vallortigara, neuroscienziato ed etologo che, oltre ad una immensa produzione di lavori scientifici è conosciuto come un capace divulgatore, collaborando con testate giornalistiche quale il Sole 24 Ore. Lo studioso ha sostenuto l’ipotesi che la noia abbia un valore adattativo dal punto di vista biologico, motivando l’organismo all’esplorazione e all’apprendimento. Ha esposto i substrati neurologici che la sostengono, non ancora definitivamente accertati, ed ha considerato diversi esempi in ambito etologico che possono aiutare a comprendere questo fenomeno emotivo nelle sue cause prossime e nel suo sviluppo, evoluzione e funzione. È stato soprattutto interessante per il pubblico apprendere come la noia sia un “ottimo movente” (citando Agatha Christie) per attivare dei comportamenti creativi anche negli animali.

Il sabato sera, presso il cinema Dolomiti, è stato proiettato il film L’Atelier, di L. Cantet (Francia 2017, 113’), premio per la Miglior Regia a Cannes nel 2017, commentato da Elisabetta Marchiori (vedi la recensione su www.spiweb.it). Il film è ambientato a La Ciotat, cittadina del Sud della Francia che sta pagando le pesanti conseguenze di un dramma economico-sociale, dove una nota scrittrice di gialli ha l’incarico di condurre un laboratorio estivo di scrittura con un gruppo multietnico di adolescenti con problematiche e personalità molto diversi. L’obbiettivo è di scrivere un thriller e, come dice la scrittrice: all’inizio c’è il nulla. I ragazzi sono indolenti, disinteressati, annoiati appunto … ma poi il film si evolve come un thriller. Dopo un incipit sorprendente emergono, in un crescendo di tensione, dinamiche complesse, sia di gruppo sia interpersonali, create da un coinvolgente gioco di sguardi e di ribaltamento di ruoli, dove la noia appare da un lato come un momento di passaggio inevitabile, una molla che fa scattare interessi che non si sapeva nemmeno di avere, dall’altro, nella storia del ragazzo protagonista, azioni apparentemente prive di senso, fatte per non “morire di noia”. Si tratta di un film che non parla direttamente della noia, ma “incarna” con le sue immagini e le sue storie intrecciate le molteplici declinazioni di questo indefinito sentimento.

Domenica i lavori, moderati da Daniela Federici, sono ripresi con la relazione di Mariapia Veladiano, scrittrice e dirigente scolastico, dal titolo “Molesto come la noia”. Con la premessa che forse il mondo contadino, da cui lei stessa proviene, non ne conosce il morso, la Valadiano ha proposto un percorso attraverso l’arte, a partire da Leopardi che la considera “la più sterile delle passioni”, interessante ossimoro dal momento che la passione è la più feconda della condizioni umane. La noia è un sentimento di confine che deriva dalla nostra infelicità costitutiva, di una ricerca del piacere senza poterlo davvero raggiungere, dell’anelito a un infinito che non riusciamo a comprendere? Attraverso Bonhoeffer e la promessa al di là della ricerca del senso, fino alla Weil, Veladiano ha tratteggiato una lettura della noia nel mondo contemporaneo, spesso occupata da azioni che ne soppiantano la sua natura di pensiero, il diritto a un vuoto foriero di nuove creazioni. Dall’emergenza dei social al male della solitudine, la scrittrice è approdata alla pittura di Hopper, attraverso cui gioca la provocazione di come dipenda dalla prospettiva, se leggervi l’immoto che sprofonda la vita o la luce che prelude a una salvezza.

Infine, Pino Petruzzelli, drammaturgo, regista, attore del Teatro Nazionale di Genova, oltre che scrittore, ha giocato sulla contrapposizione “Creatività v/s noia”. Attraverso aneddoti di vita e passaggi dei suoi copioni teatrali, ha mostrato il suo lavoro “da dentro le storie” incontrate nei suoi viaggi, esperienze in realtà marginali o di guerra, o semplici vicende quotidiane di un’umanità che prende forma attraverso i suoi monologhi, di cui ha offerto generosamente qualche “scena”. La sua attenzione si è focalizzata in particolare nell’idea della noia come incapacità di comunicare, di riconoscere un oggetto con cui avere una relazione: la noia si può ovviare grazie all’incontro tra persone. E ha concluso il suo intervento proponendo la parola “speranza” come opposizione, e cura, della noia.

Alberto Schön ha brevemente concluso i lavori, con l’auspicio di incontrarsi invitando il prossimo anno.

Il lunedì, nello spazio post-congressuale “Il piacere di leggere”, dedicato all’editoria dei ragazzi, Manuela Trinci ha moderato il dialogo con Morena Bertoldi, bibliotecaria e referente territoriale di “Nati per Leggere”, nonché segretaria organizzativa del Convegno, Francesca Archinto, editrice di Babalibri, Maria Lunelli, bibliotecaria ed esperta di letteratura per l’infanzia.

Il Convegno ha visto una partecipazione numerosa (circa duecentocinquanta persone), un pubblico, molto attento e coinvolto nelle discussioni, durante le quali è stato offerto lo spazio per condividere quesiti e punti di vista differenti.

Vogliamo ricordare che i partecipanti hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa “Adottiamo un albero”, per sostenere il rimboscamento del territorio, promossa in sede congressuale.

Giovanni Sinico, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e fotografo, ha realizzato il reportage pubblicato sulla pagina Facebook “Le frontiere della Psicoanalisi”.

Sono in preparazione gli Atti del Convegno.

Luglio 2019

 

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