Dossier

Espansioni – A proposito delle variazioni climatiche: Note su una cultura dell’indifferenza

2/12/14

A proposito delle variazioni climatiche: Note su una cultura dell’indifferenza

Cristina  Saottini

 

Molte sono le trasformazioni che stiamo affrontando e che caratterizzano in modo tumultuoso e travolgente questo secolo come hanno caratterizzato il precedente. Pensiamo solamente all’enorme estensione della rete che sta cambiando in modo impressionante la nostra percezione dello spazio e del tempo, per non parlare delle trasformazioni che l’essere “sempre connessi” porta al nostro modo di essere in relazione.Oppure pensiamo alle tecniche di procreazione assistita e alle nuove genitorialità che stanno trasformando la visione dei legami familiari, culla della costruzione dell’individuo. Con queste trasformazioni ci confrontiamo già quotidianamente nella nostra pratica clinica.
Più difficile sembra vedere il nesso tra la psicoanalisi e i cambiamenti climatici nel pianeta, anche se non può non interrogarci la partecipazione di massa alle recenti marce mondiali a sostegno di una maggiore attenzione e di provvedimenti più incisivi da parte dei Governi al degrado ambientale causato dall’effetto serra.
Ma la sensibilità alle problematiche psicologiche connesse alla questione climatica sta aumentando nelle comunità scientifiche, si veda per esempio il gruppo australiano Psychology for a Safe Climate http://www.psychologyforasafeclimate.org che molto si adopera in scritti e conferenze per sensibilizzare ad affrontare il disagio psichico che la situazione procura, riconoscendo le difese che vengono messe in atto per ignorare la gravità della situazione.
Molto interessante al riguardo è l’articolo di Sally Weintrobe comparso sul sito dell’IPA http://www.ipa.org.uk/en/comment/climate_change.aspx.
L’Autrice sottolinea come l’innalzamento climatico e le sue conseguenze non sia solo un problema che riguarda l’ambiente, ma un problema eminentemente umano e si riferisca alle conseguenze del modo in cui siamo relazione con la terra e gli uni con gli altri
La scienza, la nostra tecnologia e non ultimo il nostro sapere sulle conseguenze dell’innalzamento della temperatura, ci consentirebbero di passare ad un’economia a basse emissioni di carbonio, il disastro climatico non è quindi un problema di incapacità ma di volontà. Certamente di volontà politica, ma essendo la polis composta da individui,dipende anche dalla difficoltà, alla quale le recenti marce ci stanno sensibilizzando, con la quale individualmente e socialmente ci autorizziamo a riconoscere la gravità e l’urgenza del problema.
Sembra che possiamo riconoscere solo la gravità dei fenomeni acuti, l’innalzamento climatico è lento ma non per questo meno temibile ma più facilmente ci vogliamo illudere che sia una faccenda lontana e di poco conto.
La negazione non è solo individuale ma sembra essere un fattore insito nella nostra particolare cultura, una cultura dell’indifferenza, miope e contemporaneamente ipertrofica in cui viene coltivato il diritto a trionfare in modo onnipotente sulla necessità e sui limiti reali. Anche come individui non vogliamo affrontare la realtà che ci circonda e colludiamo con questi valori culturali chiudendoci in un mondo privato dominato dall’indifferenza e di cui non riconosciamo i costi.
Diniego, negazione, indifferenza, identificazione a massa sono tutti temi sui quali la psicoanalisi ha molto da dire. Negare che il cambiamento climatico sia qualcosa di molto grave e di prodotto non dall’avvicendarsi delle ere geologiche ma dall’intervento dell’uomo sulla natura e le sue risorse, significa distorcere la realtà per ridurre al minimo il suo inquietante impatto emotivo. Questo ci costringe a permanere in una posizione “come se”.
Ma non è tutto: al centro del nostro disconoscimento attuale del cambiamento climatico opera una particolare forma di scissione che serve a non renderci consapevoli della nostra diretta responsabilità nei danni che con il nostro modo di vivere stiamo causando all’ambiente.
La cultura dell‘indifferenza favorisce particolarmente questa mancanza di senso di responsabilità personale. Ci ripetiamo che le nostre azioni individuali contano pochissimo, che sono insignificanti rispetto alle responsabilità dei Governi, che noi non abbiamo alcun potere e che, comunque, il cambiamento climatico è una minaccia futura e che prima o poi inventeranno nuove tecnologie che porranno rimedio a quanto sta accadendo.
E’ così che la cultura dell’indifferenza consente all’economia globale, indifferente ai danni ambientali, di continuare a prosperare senza regole. Questa prospettiva può sembrare scioccante, ma gli psicoanalisti sanno, grazie al loro lavoro clinico, che emergere da un ritiro psichico può essere scioccante e che, per farlo, abbiamo bisogno di sostegno di contenimento e non di un giudizio severo. Questo ritiro in rifugi psichici collettivi ci rende inoltre enormemente preoccupati per il nostro status e per il nostro ruolo all’interno dei nostri gruppi sociali particolari. Gli psicoanalisti possono molto contribuire per comprendere il potere dei gruppi sociali che suscitano in noi ansie primitive di sopravvivenza, ansie che ci fanno temere di essere esclusi, vergognosi e colpevoli se vogliamo rompere con una cultura di gruppo che, in questo momento, ci chiede il silenzio davanti al cambiamento climatico. Dobbiamo affrontare l’indifferenza dentro di noi per poterci porre in modo affettivamente vivo in difesa di un ambiente che lasceremo in eredità ai nostri figli e nipoti. L’indifferenza ci impedisce di pensare che tutto ciò ci riguarda e che noi possiamo mobilitarci per trovare delle soluzioni.
Possiamo riparare solo con una consapevolezza condivisa che ci permetta di renderci conto delle conseguenze che le nostre azioni hanno per gli altri e per noi stessi. Sappiamo che potenti difese sociali operano contro questi insight, ma approfondendo la nostra conoscenza di come la cultura dell’indifferenza ci impedisca di riconoscere le nostre responsabilità individuali, possiamo incominciare a riparare i danni. La cultura dell’indifferenza lavora per immobilizzare la nostra capacità di prenderci cura, corrompe i nostri ideali, mina il nostro rispetto per la realtà facendoci mettere in secondo piano la consapevolezza che il prendersi cura è uno dei nostri più profondi bisogni umani. Un prendersi cura che riguarda la nostra profonda umanità, le nostre relazioni affettive, il nostro essere sociale. Più neghiamo la realtà e più siamo e più ciò che non vogliamo affrontare ci inonderà in modo traumatico costringendoci ad ulteriori dinieghi. L’indifferenza e la mancanza di cura portano a una spirale tossica di trionfo maniacale, eccitazione, senso di superiorità, convinzione che si può farla franca, ma l’esito non può che essere un crescente senso di colpa inconscio che ci fa vivere con il costante sottofondo della paura.