Dossier

Leggerezza

4/12/14

PER UNA NUOVA ECOLOGIA

(a cura di Silvia Vessella)

  “Non si può fare a meno di un approccio critico alla crisi suscitata da questi cambiamenti, ma  bisogna purgarlo delle sue tentazioni pessimistiche, come la novità non deve essere a priori ottimistica. Senza dubbio siamo come la coscienza sfortunata di Hegel, che vede il mondo crollare senza percepire ancora la novità che sta nascendo” R. Kaes (2013)

La situazione attuale di crisi e un’incidenza elevata di alcuni disturbi psichici e psicosomatici, tale da assumere rilevanza sociale, sollecitano i clinici, e gli studiosi dei campi affini, alla necessità di un approfondimento dei legami tra variabili sociali e dinamiche soggettive. Già Sigmund Freud aveva ritenuto necessario esplorare la dimensione dell’uomo sociale, le sue credenze, religioni, miti, l’istinto gregario, la guerra ed il disagio della civiltà. Se lo spazio della soggettività e gli altri aspetti più sociali dell’esperienza sono in relazione, lo sono anche le diverse manifestazioni del disagio psichico. La Società Psicoanalitica Italiana si è occupata di un tema tanto complesso in Congressi, incontri scientifici, pubblicazioni e nel proprio sito internet, Spiweb, interessandosi alle ricadute sul lavoro clinico e alle riflessioni che anche queste ricadute suggeriscono sul piano culturale e sociale.

Spiweb, come ha fatto prima per il tema della violenza su donne e bambini e poi per i temi del lavoro e della crisi (in occasione del Primo Maggio), ora prende in  esame i cambiamenti, ancora caotici, che la globalizzazione ha prodotto negli individui per evidenziare alcuni legami possibili e qualche linea prospettica.

Siamo tutti consapevoli di trovarci in un periodo di grandi rivolgimenti economici e sociali e di sostanziali cambiamenti di equilibri. La caduta dei “muri” ideologici, prodotta dalla globalizzazione, muri che fungevano da barriera di contatto fra mondi diversi, sta producendo mutamenti sostanziali nel nostro mondo. Il fatto che la cosiddetta globalizzazione sia iniziata dalla finanza, ricadendo malamente sugli Stati e quindi sui singoli individui, e non sia invece originata da un dialogo culturale, globalizzato, ha prodotto squilibri e guasti. Molti studiosi sono concordi nel rilevare nel cosiddetto fenomeno della globalizzazione e nella crisi in atto la rapidità dei cambiamenti come denominatore comune. L’individuo, bombardato da esperienze e messaggi divergenti da più parti, vive una difficoltà esistenziale e a volte un’impossibilità a sostenere i pensieri, di fronte di una richiesta implicita di ritmi di elaborazione sempre più veloci, “se vuoi stare al passo con i tempi”. Con “pensiero” si intendono qui, oltre ai pensieri in senso stretto, le emozioni, le fantasie, i sentimenti, i linguaggi del corpo e nel corpo.

Un primo esito sembra essere un’eclissi della memoria e del passato (Marcello Turno ) e una difficoltà di pensare il futuro (Maria Chiara Risoldi).  Se scompaiono le radici non c’è storia: come può essere allora  l’etica, che implica riflessione, approfondimento  e distinzione? Riesce anche difficile progettare se non nell’immediatezza del momento. Le spinte ideali dell’Umano appaiono sempre meno orientate verso la  ricerca della Verità, mentre si  assiste a una ricerca generalizzata di più superficiali e volatili manifestazioni di vitalità. L’analista s’interroga su tali cambiamenti e sui legami che s’instaurano con gli aspetti più profondi del Sé. Questo stato di crisi infatti sembra annunciare una rivoluzione del modo di vivere e pensare le esperienze. Appare appannata l’immagine dell’Uomo di Leonardo misura del Tutto. Gli attuali squilibri ecologici ci hanno fatto dolorosamente comprendere che l’uomo va inserito come variabile interna al sistema, prendendo le distanze da una visione che metteva la natura al servizio dell’uomo: ogni giorno lo ricordano sia i mutamenti sia i disastri ambientali.

Come non tenere conto di tutto questo nella stanza d’analisi? Come non tenerne conto nelle riflessioni teoriche? Come sottrarsi a formulare delle ipotesi? Ci proponiamo di aprire la riflessione su più fronti, in tre diversi dossier, partendo dal vacillare prodotto da un vuoto etico e dalla mancanza di riferimenti certi.

Il primo dossier ha per titolo “Leggerezza”; il secondo  “Pienezza”; il terzo “Espansioni”.

LEGGEREZZA

Sempre più donne mettono in discussione l’ubiquità dell’istinto materno, si pensi per esempio al movimento “Childfree”. Un clima di libertà generalizzata rende possibile la diffusione delle coppie omosessuali e dell’omoparentalità (Manuela Fraire), precedentemente  segregate nella vergogna o nel segreto. Insieme a questo ritrovato spazio per i propri vissuti più intimi prima nascosti, trionfa una società anoressica col mito del corpo e dell’apparire. In alcuni paesi tecnologicamente avanzati si assiste a una generazione giovanile che fa della solitudine il proprio stendardo, negando il bisogno di affetto, di coppia e di appartenenza. La soluzione di continuità tra individuo e società però fa spesso sentire il singolo gravato da un enorme peso, costretto “a vedersela da sé”.  Un forte anelito di leggerezza psicologica può orientarsi in alcuni casi verso la concretezza di un problema di peso corporeo e quindi virare verso una volatilità pericolosa (Gaia Mansi), come accade nelle sofferenze dei disturbi alimentari o degli attacchi di panico o nelle dipendenze.

Marcello Turno: L’eclissi della memoria

Maria Chiara Risoldi: La paura del futuro

Manuela Fraire: Di chi sono  figli  questi  figli?

Gaia Mansi: Anoressia. Un’emergenza sociale?